Ambiente, usare blockchain per ridurre l’impatto di… blockchain

Gli investitori responsabili si interrogano su rischi e opportunità della tecnologia alla base delle criptovalute. A partire da come ridurre i suoi impatti ambientali

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La finanza è sempre più interessata alle potenzialità offerte da blockchain e, in particolare, dalle valute virtuali che la utilizzano, come bitcoin. Questa tecnologia si basa su un “registro” online condiviso dai soggetti che costituiscono una rete. Il registro traccia e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando la necessità di garanti terzi: ogni nodo del network valida le informazioni, inviandole al successivo in una catena composta da blocchi. Il risultato è un sistema trasparente e difficilmente manipolabile.

Analizzando il tema secondo la prospettiva degli investitori SRI (Sustainable and Responsible Investment), molte applicazioni blockchain presentano notevoli impatti negativi in termini ambientali, sociali e di governance (ESG). D’altra parte, un numero crescente di società e start-up del settore sta sviluppando soluzioni innovative che consentono di sfruttare le potenzialità di questa tecnologia per produrre cambiamenti positivi su ambiente e società.

Da un semplice click un’impronta pesante sull’ambiente

Per la società di rating ISS – Oekom, in particolare, una delle principali criticità ESG di blockchain riguarda l’elevato impatto ambientale negativo delle sue applicazioni.

CO2 per transazione: bitcoin, ethereum e Visa a confronto
CO2 per transazione: bitcoin, ethereum e Visa a confronto. Basato su dati raccolti il 24 Otteobre 2017 da South Pole Group nell’ambito del Climate Ledger Initiative.

 

Le transazioni in blockchain, infatti, si basano su complicati algoritmi gestiti da computer di ultima generazione altamente “energivori”: per dare un’idea delle dimensioni di cui stiamo parlando, una singola transazione in bitcoin consuma quanto nove abitazioni americane in un’intera giornata. Se alimentate a carbone, queste macchine possono emettere elevatissime quantità di gas a effetto serra.

Bitcoin Energy Consumption Index
Bitcoin Energy Consumption Index

A tal proposito, diverse soluzioni sono state studiate per ridurre la carbon footprint (o “impronta di carbonio”) associata alle attività che usano blockchain. Anzitutto, i centri elaborazione dati potrebbero essere collocati in Paesi che fanno ampio ricorso alle rinnovabili: per esempio, l’Islanda dispone di significative riserve di elettricità “verde”, mentre in Cina il fabbisogno energetico dipende ancora per il 60% dal carbone. Pertanto, è probabile che l’impatto ambientale dei server islandesi sia inferiore rispetto a quelli cinesi.

La distribuzione della carbon footprint delle criptovalute
La distribuzione della carbon footprint delle criptovalute Bitcoin ed Ethereum. Basato su dati raccolti il 24 Otteobre 2017 da South Pole Group nell’ambito del Climate Ledger Initiative.

Inoltre, sempre più aziende e start-up stanno sviluppando sistemi innovativi per minimizzare gli effetti climalteranti generati dalle transazioni virtuali e per sfruttare le potenzialità di blockchain con l’obiettivo di generare impatti ambientali positivi. Vediamone insieme alcune.

Il calcolo dei carbon credit dei bitcoin

La società di Singapore NewEra Energy ha ideato Carbon Grid Protocol, un complesso sistema di algoritmi informatici che permettono di calcolare per ogni pagamento in bitcoin la quantità corrispondente di “diritti di emissione” di CO2 (i carbon credit), che poi possono essere scambiati su un mercato digitale ricorrendo alla stessa blockchain.

Il sistema ha due vantaggi: anzitutto consente agli utenti di assumere una maggiore consapevolezza sull’impatto ambientale delle proprie operazioni in rete, una sensibilità che spesso sfugge per via dell’apparente semplicità d’uso della tecnologia.

In secondo luogo, il sistema contiene l’aumento delle emissioni climalteranti generando una vera e propria compravendita di crediti basata su un meccanismo di compensazione: in sostanza, a partire da un tetto massimo prestabilito di emissioni per utenza, chi emette meno CO2 può vendere i diritti in eccedenza, chi ne emette di più è costretto ad acquistarne.

Blockchain a supporto del mercato europeo delle emissioni di CO2

Il sistema delle compensazioni di emissioni tramite blockchain può trovare applicazione in altri settori: per esempio, è possibile rendere il mercato europeo per lo scambio delle quote di emissione (ETS) più trasparente, sicuro e a portata di singoli utenti. È quello che propone un’iniziativa condotta in partnership tra Ecosphere+, società specializzata nella realizzazione di crediti di CO2 da progetti forestali in America Latina, e la non profit Poseidon Foundation.

Il mercato degli ETS fatica a coinvolgere i consumatori privati, dal momento che un carbon credit equivale a circa una tonnellata di emissioni di CO2 e una persona ne produce circa 10 all’anno. La soluzione proposta da Ecosphere+ e Poseidon consiste quindi nel convertire un credito in tanti buoni o gettoni virtuali (definiti “token”) che consentono di attivare micro-operazioni di compravendita di grammi di CO2.

Il progetto di carbon credit di Poseidon ed Ecosphere+
Il progetto di carbon credit per consumatori privati ideato da Poseidon ed Ecosphere+

Blochchain e il rischio riciclaggio

Luci e ombre ESG di blockchain non si esauriscono al solo aspetto ambientale. L’assenza di terze parti a garanzia delle transazioni e il completo anonimato del sistema possono facilitare l’afflusso di denaro in attività illecite, come la corruzione e il riciclaggio. Sul punto è intervenuta di recente anche la Banca d’Italia, che nel rapporto annuale dell’Unità d’Informazione Finanziaria ha sottolineato il rischio di frodi e il possibile utilizzo illecito o criminale delle criptovalute.

Non da ultimo, ISS – Oekom lancia il campanello d’allarme sulle violazioni delle norme ambientali e di tutela dei lavoratori lungo le filiere di quelle che in gergo tecnico vengono definite GPU (o Graphics Processing Unit), sofisticati supporti informatici da cui si genera la potenza di calcolo necessaria per costruire i singoli “blocchi” della rete virtuale.

Più trasparenza: una garanzia per la tracciabilità delle filiere

Tornando agli aspetti positivi in chiave ESG, una delle caratteristiche tipiche delle applicazioni blockchain è la trasparenza. Adottata nelle transazioni finanziarie o nei meccanismi di voto online, per esempio, questa tecnologia rende più efficace la prevenzione di manipolazioni; procedure semplificate possono determinare un incremento nell’accesso al credito e nell’affluenza al voto, soprattutto in contesti di emarginazione socio-economica o in aree dove i processi democratici non sono ancora maturi o consolidati.

Inoltre, l’elevato livello di trasparenza rende blockchain particolarmente adatta per l’impiego nel campo della tracciabilità delle filiere produttive. Un caso interessante è quello di Provenance, una piattaforma basata a Londra che utilizza blockchain per consentire a grandi marchi di ricostruire le filiere dei prodotti; di recente, la piattaforma ha ricevuto un finanziamento dal Working Capital Fund, un fondo specializzato in tecnologie d’avanguardia per il controllo delle catene di fornitura. Lo stesso principio è alla base del progetto Food Safety sviluppato da IBM per grandi marchi dell’agro-alimentare e della distribuzione come Walmart, Unilever e Nestlé. Il progetto permette di tracciare la filiera dei cibi, registrando informazioni sulla provenienza, la trasformazione e la conservazione.

Gli svantaggi elencati e le frequenti fluttuazioni delle quotazioni sui mercati internazionali dimostrano quante incognite incombano ancora sulle prospettive di sviluppo di blockchain e delle criptovalute. Di certo, gli operatori del settore e gli investitori non potranno sottovalutarne rischi e opportunità ESG, soprattutto alla luce di mercati economico-finanziari che fanno rotta con sempre maggior decisione verso la sostenibilità.