Così le aziende stanno facendo la “cresta” sull’inflazione
Uno studio della BCE indica che le aziende avrebbero approfittato dell'inflazione, gonfiando i prezzi ben oltre quanto giustificabile
Di fenomeni macroeconomici ce ne sono tanti. Volendo scegliere quello che ha l’impatto più dirompente sulla vita quotidiana delle persone, con ogni probabilità l’inflazione meriterebbe il primo posto. Di mese in mese ci si trova a sborsare cifre sempre più alte per i beni di uso quotidiano, dal cibo alla benzina, ma gli stipendi non tengono il passo.
È ponendosi in questa prospettiva – che poi è la prospettiva in cui tutti ci siano ritrovati nel biennio 2021-2022 – che fa ancora più scalpore lo scoop dell’agenzia Reuters. Le aziende starebbero approfittando della spirale inflazionistica, gonfiando artatamente i prezzi – e quindi i loro profitti – ben oltre il livello che sarebbe stato giustificabile dall’aumento dei costi. Non è una teoria complottista, bensì un’analisi condotta dagli esperti della Banca Centrale Europea (BCE).
Così le aziende hanno fatto la cresta sull’inflazione
L’indiscrezione arriva da una location piuttosto inusuale, Inari, in Lapponia. Il consiglio governativo della BCE ha infatti scelto questa remota località finlandese per un meeting, che si è tenuto il 22 febbraio, pensato per dedicare più spazio anche a quegli argomenti che di solito vengono citati solo superficialmente nelle occasioni ufficiali.
È qui che sono state presentate alcune slide che dimostrano un apparente paradosso. Se i costi di input aumentano bruscamente, la logica conseguenza è che i margini di profitto delle aziende si assottiglino. Ma negli ultimi mesi è successo proprio il contrario: le aziende hanno incassato più profitti. Ciò significa che hanno alzato i prezzi ben più di quanto avrebbero dovuto fare se si fossero semplicemente adeguate ai costi. Tutto questo, evidentemente, a spese dei consumatori e dei salariati.
Gli esperti della BCE confermano così alcune analisi indipendenti che circolano da diversi mesi, da entrambi i lati dell’Atlantico. «Le aziende hanno il potere di alzare i prezzi senza perdere clienti, perché devono affrontare una bassissima concorrenza», scrive per esempio Robert Reich, già segretario del Lavoro degli Stati Uniti durante la presidenza di Bill Clinton, sciorinando i vari comparti produttivi che sono diventati – di fatto – degli oligopoli.
Intanto l’economia rallenta per il rialzo dei tassi
«È chiaro che l’espansione degli utili ha svolto un ruolo più importante nella storia dell’inflazione europea negli ultimi sei mesi o giù di lì», dichiara alla Reuters Paul Donovan, capo economista di UBS Global Wealth Management. «La BCE non è riuscita a giustificare ciò che sta facendo nel contesto in cui la vicenda dell’inflazione è più incentrata sul profitto».
Un’analisi
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L’inflazione è rimasta bassa per decenni, malgrado una domanda in crescita. Ora, paradossalmente, schizza a fronte di una domanda in calo
Quello che l’Eurotower sta facendo, infatti, è alzare i tassi di interesse. È la tipica politica che qualsiasi banca centrale adotta in questi casi: così facendo, infatti, il costo del denaro aumenta e ne circola meno, rallentando l’economia e quindi i prezzi. È comunque una decisione tutt’altro che indolore, per la crescita economica nel suo insieme e anche per le persone comuni, costrette da un giorno all’altro a sborsare molto di più per il mutuo della loro casa qualora a tasso variabile (per citare la conseguenza più immediata).
Se però il problema alla base sta nei margini di profitto eccessivi, suggerisce Reuters, è anche ipotizzabile che si auto-corregga da solo. Perché, prima o poi, le imprese saranno pur costrette a imporre un freno ai prezzi, per conservare le proprie quote di mercato. Robert Reich propone anche di rafforzare l’antitrust, per ripristinare condizioni di autentica concorrenza. Oppure di tassare – anche temporaneamente – quei profitti che aumentano più rispetto ai costi di produzione. Tutte misure che non peserebbero sugli incolpevoli cittadini.