Per Banca d’Italia la nostra economia è tra le più diseguali d’Europa

La relazione annuale di Banca d'Italia conferma il quadro a tinte fosche delle disuguaglianze del nostro paese

La relazione sull'economia italiana della Banca d'Italia conferma il quadro di disuguaglianze © hyejin kang / IStockPhoto

Come sta l’economia italiana? La relazione annuale della Banca d’Italia fa il punto sullo stato di salute del Paese. E disegna il quadro economico e finanziario dell’Italia del 2023, nel pieno delle crisi internazionali – vedi le invasioni dell’Ucraina e della Palestina – e della crescente contrapposizione tra Stati Uniti e Cina. Senza dimenticare che solo tre anni fa uscivamo dalla stagione pandemica.

Il documento cristallizza un quadro a tinte fosche della distribuzione delle ricchezze e delle disuguaglianze: si arricchisce chi ha di più, stagna il ceto medio, si impoveriscono i più fragili. E se sono in leggera ripresa le fasce di popolazione adulte, sono sempre più in crisi i nuclei più giovani e quelli composti da stranieri. La ricchezza è distribuita in modo sempre più asimmetrico, aumentano le imposte e diminuisce il potere di acquisto delle famiglie, crescono i prestiti finanziari e si arresta l’elargizione di mutui.

La distribuzione delle ricchezze e dell’indebitamento nell’economia italiana

Nel 2023 nel nostro Paese il 10% più ricco della popolazione deteneva il 60% della ricchezza netta complessiva. Mentre il 50% più povero ne possedeva appena il 7%. Inoltre, se i più facoltosi hanno visto la propria quota crescere del 7% rispetto al 2010, a pagarne il prezzo è stata la classe media, che si è impoverita del 4,8%. Soprattutto a causa della crisi del patrimonio immobiliare.

La ricchezza di chi è già ricco è cresciuta del 29%: a costruire questi patrimoni contribuisce l’utilizzo di strumenti finanziari rischiosi come azioni, partecipazioni, assicurazioni sulla vita. La quota di ricchezza derivata da questi strumenti è di poco più del 40%, cui si aggiunge circa un terzo di ricchezza lorda costituito dagli immobili. La metà più povera della popolazione non ha altro che le case in cui vivere e non ha visto alcun miglioramento rispetto al 2022.

Tra il 2010 e il 2016 il grado di disuguaglianza sociale è passato così dal 67 al 71%, per poi assestarsi ai livelli dell’area euro: pari a quello francese, superiore a quello spagnolo, inferiore a quello tedesco. Nel 2023 la crescita dell’indebitamento delle famiglie si è fermata. Alla fine dell’anno erano indebitati 3 nuclei su 10 e la domanda di mutui si era arrestata. Continuano a comprare casa solo gli over 55; si sono dimezzati gli accessi ai mutui con garanzia per gli under 36. Nonostante l’aumento del costo dei nuovi finanziamenti cresce il credito al consumo, con un aumento dei prestiti finalizzati, in particolare destinati all’acquisto di autovetture.

Reddito e lavoro: restiamo tra i paesi più diseguali d’Europa

La crescita del reddito delle famiglie sta rallentando. A incidere, per la Banca d’Italia, sono una serie di fattori. La fine del sistema di incentivi volto a contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia. L’aumento dell’11% delle imposte a carico dei nuclei familiari. L’inflazione, che continua a crescere seppure a livelli più contenuti. Questi elementi hanno abbassato dello 0,5% il potere d’acquisto delle famiglie, ancora di un punto e mezzo al di sotto di quello pre-pandemico.

Cresce l’occupazione a tempo indeterminato e pieno. Cala il numero di individui appartenenti a nuclei senza nemmeno un occupato; aumenta quello delle famiglie con due o più adulti lavoratori. Nonostante questi dati, restiamo comunque tra i Paesi più diseguali d’Europa, con il più basso numero di adulti impiegati per nucleo a livello comunitario.

Vive in povertà assoluta quasi il 10% della popolazione; l’8,5% delle famiglie. Questa condizione riguarda in prima istanza gli stranieri (30%) e le famiglie più giovani. Il 12% dei nuclei famigliari in cui la persona di riferimento è al di sotto dei 45 anni vive in condizioni di povertà.
Rispetto al 2019 anche la povertà individuale resta più elevata. La crescita vertiginosa dei prezzi del biennio 2022-2023 ha infierito sul potere d’acquisto delle famiglie più fragili.

Il progressivo smantellamento del reddito di cittadinanza, prima ridimensionato e poi sostituito dall’assegno di inclusione, ha fatto il resto. A fine marzo avevano beneficiato dell’intervento almeno 590.000 famiglie. A settembre 2023 il Governo ha introdotto il supporto per la formazione e il lavoro, un’indennità di un anno non rinnovabile. A marzo 2024 le richieste accolte erano 60.000. Sono 10 milioni i figli a carico le cui famiglie hanno beneficiato dell’assegno unico e universale lo scorso anno: si tratta di più dei 90% dei nuclei interessati.

Non si risparmia più. Si spende per beni durevoli ma non per cibo e case

Il 2023 ha visto una lieve crescita del reddito disponibile, spinta dall’aumento dell’occupazione. Ma non in misura tale da bilanciare l’inflazione e far crescere il potere d’acquisto. Insieme ai redditi reali, spiega la relazione di Banca d’Italia, nel 2023 sono calati i consumi. L’unico aumento, un + 0,3% della spesa rispetto ai livelli prepandemici, ha riguardato i servizi, a partire da quelli alberghieri e della ristorazione. In ripresa anche la spesa di beni durevoli come l’automobile, ma siamo ancora lontani dai valori di riferimento del 2019.

Il tasso di risparmio continua a scendere: mai dagli anni ‘60 è stato così basso. Da un lato le famiglie più ricche risparmiano di meno, dall’altro l’aumento generalizzato dei prezzi impedisce a quelle con redditi più bassi di farlo. Se la ricchezza netta delle famiglie ha confermato il trend di crescita dal 2022, nel 2023 la ricchezza finanziaria lorda è aumentata, così come quella legata ad attività reali.

Il mercato immobiliare continua a essere in crisi, anche a causa dell’aumento del costo dei mutui. Ci si indebita ancora, ma per spese ritenute necessarie come l’acquisto di mezzi di trasporto; sempre di meno per comprar casa. Gli aumenti generalizzati dei prezzi continuano a contrarre i consumi alimentari.

Nel 2023 la ricchezza legata ad attività reali (come il possesso di abitazioni) è cresciuta solo dell’1,1%, a fronte del 2,1% del 2022. Il mercato immobiliare conferma la fase di estrema debolezza: l’aumento dei costi dei finanziamenti ha affossato la domanda di mutui. Anche i prezzi delle case hanno rallentato la crescita, le compravendite calano del 10%. Gli acquisti sostenuti da un mutuo sono meno dei due terzi, una quota ridotta rispetto all’ultimo decennio. Il costo degli affitti continua ad aumentare. In generale i primi mesi del 2024 hanno visto la domanda di abitazioni calare.

La relazione di Banca d’Italia guarda agli impatti del contesto internazionale

Durante la pandemia la propensione al risparmio è cresciuta, ma negli ultimi anni continua a calare: mai così in basso dagli anni ‘60. Anche questo dato conferma il fosco quadro delle disuguaglianze: i più ricchi non ne hanno bisogno; i più poveri hanno esaurito le risorse. L’identikit della famiglia risparmiatrice vede come figura di riferimento un lavoratore dipendente con un reddito inferiore alla media nazionale.

Nel 2023 l’economia mondiale ha continuato a subire gli impatti delle tensioni internazionali. La guerra tra Russia e Ucraina, la crisi in Medio Oriente, la rivalità tra Stati Uniti e Cina continuano a aumentare i rischi per le imprese che, pertanto, rivedono le proprie relazioni commerciali favorendo partner ritenuti più sicuri. E fanno così arretrare il grado di integrazione economica globale.

La crescita dell’economia globale è arretrata, attestandosi al 3,2%. Mentre negli USA è stata sostenuta da un certo dinamismo e le economie emergenti sembrano reggere il colpo dell’instabilità, la zona euro continua a rallentare e la Cina mostra una ripresa al di sotto delle aspettative. I picchi di inflazione del 2022 sembrano superati, ma i paesi a basso reddito sono sempre più indebitati con l’estero, in una condizione di forte vulnerabilità finanziaria.

La prospettiva di intervenire a supporto di queste economie si fa più lontana. Gli ultimi due anni di crescita del prodotto interno lordo in area euro non hanno avuto il seguito atteso dagli analisti. Da un lato una politica monetaria restrittiva ha frenato gli investimenti, dall’altro l’aumento dei prezzi ha limitato i consumi delle famiglie determinando un quadro di disuguaglianze cui il nostro paese aderisce interamente.