Le grandi banche e la Casa Bianca fanno squadra per spennare i poveri d'America
Quando Wall Street e i suoi regolatori parlano di dare servizi ai cosiddetti “non bancabili“, persone che sono solitamente scollegate dal settore bancario, spesso suona ...
«I servizi finanziari di base sono fuori portata per una persona su quattro sul pianeta» ha detto lo scorso dicembre Jack Lew, segretario di stato al Tesoro ed ex banchiere di Citigroup, lanciando l’ultima iniziativa della Casa Bianca rivolta ai non bancabili, che include partnership con JPMorgan Chase e PayPal.
Un report co-sponsorizzato da JPMorgan Chase nel 2014 parla del problema in termini altrettanto biblici: «Approssimativamente il 75% dei poveri nel mondo – 2,5 miliardi di persone – non ha un conto in banca o comunque non partecipa al sistema finanziario mainstream». La mancanza di accesso a «servizi e prodotti finanziari sicuri e accessibili limita severamente la sicurezza finanziaria e le opportunità dei poveri nel mondo».
Eppure quando banchieri e regolatori discutono delle pene dei non bancabili o dei sotto serviti dai servizi bancari — in realtà eufemismi per americani “poveri” e “di classe medio bassa” — solitamente evitano due domande chiave: in primo luogo perché questo settore trasversale di società è così marginalmente attaccato al sistema bancario? E chi c’è dietro la fornitura di servizi “alternativi” — squali dei prestiti a caro prezzo, payday lenders (prestatori a breve termine n.d.t.), sportelli di cash checking (servizi rivolti a chi non può avere un conto corrente n.d.t.), banco dei pegni — a cui si rivolgono i poveri invece che alle banche?
In realtà, sembra siano le banche stesse ad aver tagliato fuori e allontanato i consumatori a basso reddito, non il contrario. Wall Street non fa prestiti ai poveri — almeno non direttamente. Ma le grandi banche, si scopre, sono dietro molti dei prestatori non bancari predatori e ad alto costo che notoriamente predano le comunità povere. Recentemente, la stessa JPMorgan Chase che sta lavorando con la Casa Bianca per raggiungere i non bancabili in collaborazione con OnDeck Capital, un prestasoldi online che approva prestiti in un lampo e carica interessi che fanno strabuzzare gli occhi che, nel 2014, stavano intorno al 54%.
In altre parole, le grandi banche sono già ben conosciute dai poveri non bancabili poveri — e li stanno spennando. Lo stanno facendo, semplicemente, nel modo pulito à la Wall Street, attraverso intermediari con poca accountability. Alcune banche desiderano fare il lavoro sporco loro stesse. È il modo in cui Wells Fargo pubblicizza il suo Direct Deposit Advance Loan, che ha un tasso di interesse annuale del 120%: «Questi prestiti a breve termine … possono aiutarti a superare un breve periodo di crisi finanziaria fornendoti opzioni e flessibilità … [per esempio] una fattura medica, la riparazione dell’auto o altre spese non previste». Carino da parte loro.
Coloro che sono già nel sistema non se la passano molto meglio. Le grandi banche spingono i poveri negli angoli più oscuri della consumer finance caricando coloro che stanno ai margini di commissioni per scoperto ripetute e elevate, addebiti ATM e somma minima sui conti correnti. I poveri spesso vivono in zone in cui mancano filiali di banca, quindi anche dopo aver aperto un conto devono usare il bancomat locale che li carica di 3$ oltre ai 3$ che la loro banca normalmente carica. Quindi, un conto da 20$ potrebbe costarne 6$, con un ricarico del 30%.
«Quello che succede è che spesso persone che diventano non bancabili avevano un conto in banca ma a causa di saldi marginali, fondi insufficienti, scoperti le banche hanno deciso di chiudere i loro conti» dice Charlene Crowell, responsabile per le comunità afroamericane e latine al Center for Responsible Lending.
«La commissione per scoperto media è di 34$» aggiunge «E per una persona che aveva poco o nessun ammortizzatore finanziario, la probabilità di essere colpito da sanzioni è molto alta».
Questo spinge i consumatori verso prestatori non bancari, sportelli di check-cashing, payday lenders, prestatori online e banchi dei pegni i quali caricano tutti tassi esorbitanti e che, di nuovo, sono spesso proprietà o finanziate dalle banche che li hanno appena scaricati.
Approfittano anche delle diverse leggi sull’usura nei diversi Stati installandosi là dove non ci sono limiti ai tassi di interesse che possono imporre. «Stati con un più alto limite o senza limite ai tassi tendono ad avere un maggior numero di servizi di prestito a breve termine pro capite, e Stati con limiti ai tassi più bassi tendono ad averne meno, e ciascuno serve un numero maggiore di clienti» secondo un report del 2014 della Federal Reserve Bank of St. Louis. Forse non a sorpresa, «negli Stati che non hanno limiti ai tassi di interesse o hanno limiti molto alti, i prestatori caricano i prestiti di commissioni molto più alte».
Questi prodotti sono pubblicizzati come un modo per i clienti di coprire spese di emergenze occasionali, o per lavoratori con un flusso di entrate regolari di colmare buchi. In ogni caso, la ricerca suggerisce che i soldi finiscono per essere usati per spese di base e ricorrenti, come affitto e cibo, invece che per necessità occasionali di emergenza, e gli alti tassi rendono il rimborso proibitivo, lasciando colui che ha preso il prestito in una trappola del debito da cui diventa difficile uscire. I prestatori fanno esplicitamente affidamento su questo modello e sono immediatamente pronti a offrire nuovi prestiti, a simili tassi esorbitanti, quando il debitore è incapace di ripagare il primo prestito.
«Anche se venduti come strumenti per incontrare necessità di credito a breve termine, molti clienti usano i prestiti a breve termine per rimediare alle continue carenze di flusso di cassa,» secondo il report della St. Louis Fed. «Quasi il 70% dei clienti alla prima volta si rivolgono a questi prestiti per pagare spese ricorrenti come bollette, affitto, mutuo o pagamenti con la carta di credito».
In questo scenario, secondo Cromwell «è molto facile finire con un sacco di debiti e chiederti come diavolo sia potuto succedere».
È successo perché progettato, non per caso.
E può diventare un problema in aumento per una generazione giovane che ricorda la Grande Recessione e la crisi finanziaria de 2008 troppo bene. Questo li rende in generale scettici sulle banche, il mercato azionario e altri tradizionali elementi del sistema finanziario. Infatti, un recente sondaggio dell’azienda di contabilità PricewaterhouseCoopers ha rivelato che un impressionante 42% dei Millennial ha utilizzato “servizi finanziari alternativi”, come banco dei pegni e prestiti di breve durata. Vale la pena notare che i payday loan spesso richiedono un conto corrente. Questo è ciò che li rende appetibili per gli investitori — l’accesso diretto ai fondi del debitore significa che il pagamento è praticamente garantito. Spesso ciò obbliga i debitori a contrarre nuovi prestiti solo per coprire quelli vecchi.
Sorprendentemente, il report della St. Louis Fed dice che «ci sono circa 20.000 sportelli di prestatori, una media di 6,3 agenzie di prestiti a breve termine ogni 100.000 persone». Per fare un paragone, nel 2012 negli Stati Uniti c’erano 14.157 ristoranti McDonald’s, secondo il report.
«Non sapevo che negli Stati Uniti ci fosse qualcosa più di McDonald’s, compreso persone e granelli di sabbia» ha detto scherzando in un suo spettacolo ad agosto 2014 l’attore John Oliver. «Payday loans sono le patatine Lay’s della finanza. Non puoi averne solo una e sono ti fanno malissimo». Poi il programma ha lasciato spazio a una pubblicità della Ace payday lender che dice che loro «ci saranno» per aiutare i debitori incapaci di rimborsare. Alla quale Oliver ha adeguatamente risposto per le rime: «Ovviamente ci sarete per loro. Il vostro modello di business dipende da questo».
Quindi, cosa stanno facendo i regolatori per questi prestatori che predano i poveri con l’obiettivo dichiarato di intrappolarli in una trappola del debito dalle spese deliranti? Non molto. Il Dodd-Frank act del 2010 ha creato il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB) e dato mandato di regolare i payday lender. Ha pubblicato una bozza di proposta a marzo dello scorso anno, ma non ha ancora implementato nessuna regolamentazione.
Recentemente un dirigente di alto livello della CFPB ha detto durante un’audizione dal Congresso che nuove regole federali per i prestiti a breve termine ad alto tasso eviterebbero di porre un tetto ai tassi di interesse. «Non stabiliremo un tetto di usura e limiti ai tassi di interesse su questi o altri prodotti legati al prestito», ha detto David Silberman, vice direttore della CFPB in un’audizione. «Non abbiamo contemplato di farlo e non lo faremo».
È come se poco fosse cambiato nonostante una storica crisi finanziaria le cui prima manifestazione divennero evidenti nei prestiti malamente sottoscritti da americani poveri. Ne La Grande Scommessa, l’autore Michael Lewis cita l’analista di Wall Street Steve Eisman che nei primi anni Duemila disse: «Mi rendo conto ora che c’era un’intera industria, chiamata consumer finance, che praticamente esisteva per spennare la gente».
Se le grandi banche vogliono aiutare i poveri, ci sono molti modi per farlo. Susan Weinstock direttrice della The Pew Charitable Trusts’ consumer banking initiative dice che riducendo e chiarendo innanzitutto le commissioni per lo scoperto e altre imposte, molte delle quali nascoste, che allontanano le famiglie dal sistema bancario sarebbe un grande passo avanti.
I luoghi comuni sul raggiungere i non bancabili suonano particolarmente vuoti dato il ruolo di Wall Street nel finanziare e a volte essere attivamente impegnata in pratiche di prestito alternative e usurarie. Riferirsi a persone che hanno pochi collegamenti con il sistema bancario parlando di “non bancabili” o “underbanked” non è solo una pigra abitudine del gergo del settore, è anche un modo sottile e non molto utile di colpevolizzare le vittime. Dopotutto, le persone che non possiedono auto dovrebbero essere chiamate senza-veicolo? Non diamo all’industria dell’auto l’idea.
Testo originale: Big Banks and the White House Are Teaming Up to Fleece Poor People, tradotto da Claudia Vago
Foto: Vinceesq [CC BY-SA 3.0 or GFDL], via Wikimedia Commons