«Il bitcoin? Uno strumento perfetto per la speculazione»

Concezione, struttura, prospettive e rischi del bitcoin. Intervista a Massimo Amato, docente presso l'università Bocconi di Milano

Andrea Di Stefano
Il bitcoin è un oggetto perfetto per speculare © Peera_Sathawirawong/iStockPhoto
Andrea Di Stefano
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«Bitcoin è stato costruito per essere scarso. Innanzitutto per motivi ideologici, contro l’idea, molto diffusa in certi ambienti, di una “cospirazione” delle banche centrali che stampano moneta contro gli interessi dei poveri creditori, poiché così facendo creano le condizioni per quell’inflazione che è la loro bestia nera. Molti promotori delle criptovalute teorizzano la deflazione. Il bitcoin è stato progettato in una quantità finita e immutabile. La sua crescente scarsità può quindi determinare una crescita del suo prezzo. Per questo bitcoin è un oggetto perfetto per la speculazione, visto che i mercati finanziari che sono quello strano luogo dove tutti sono contenti quando i prezzi salgono. A me sembra che il punto importante sia proprio il modo con il quale è stato costruito il bitcoin: un’entità il cui valore d’uso è il valore di scambio allo stato puro, perché non ha nessun altro uso se non quello di essere scambiato. È l’oggetto speculativo per eccellenza: un “tulipano virtuale”, come mi è capitato di chiamarlo, perché, esattamente come per la vicenda dei tulipani, dove si è scatenato un rally rialzista di proporzioni impensabili, così per il bitcoin (che è il compenso monetario per l’attività di calcolo che serva a validare gli scambi in bitcoin), si è passati da 17 a 40mila dollari in poco tempo. Ma gli stessi identici motivi che hanno indotto alla sua crescita possono in qualunque momento produrre una decrescita altrettanto spettacolare».

Massimo Amato, docente di storia delle istituzioni finanziarie e monetarie all’università Bocconi di Milano è un’analista puntuale dei fenomeni legati alla moneta, oltre ad essere protagonista di diversi progetti di monete complementari, ultimo quello proposto per la città di Milano.

La ragione principale della super volatilità del bitcoin è nella assoluta non aderenza del valore ad alcun sottostante?

Per comprendere la dinamica dei Bitcoin bisogna fare ricorso alla finanza comportamentale, che assegna un ruolo cruciale alle aspettative. Con il bitcoin non c’è alcuna “razionalità intrinseca” perché letteralmente non c’è alcun fondamentale. Quando si dice che i mercati sono efficienti perché fanno oscillare i prezzi attorno al loro valore fondamentale, che vuol dire flusso scontato dei dividendi e quindi aspettative di utile, si fa riferimento ad un ben preciso indicatore che lega il prezzo di un prodotto finanziario all’attesa degli utili futuri (Price\earnings). Il fondamentale in questo senso qui proprio non c’è, e quindi siamo di fronte a corsi retti da aspettative sulle aspettative, un’apoteosi di quel fenomeno di istinto gregario che è stato analizzato fra gli altri dal premio Nobel Daniel Kahneman. Un determinato avvenimento tende ad essere sempre più amplificato a mano a mano che sempre più individui si accodano ad esso. Non essendoci un fondamentale il valore del bitcoin è determinato di volta in volta dalla predominanza della domanda sull’offerta, o viceversa.

Lamassu ATM Bitcoin a Udine, il primo installato in Italia © Coinatmradar
Il Lamassu ATM Bitcoin a Udine, il primo “bancomat” installato in Italia © Coinatmradar

Nel boom degli ultimi mesi potrebbe esserci una componente legata alla fase geopolitica attuale?

Anche i comportamenti gregari possono dare indicazioni su fenomeni reali. E nella crescita recente del bitcoin c’è sicuramente una componente di scommessa contro la capacità del dollaro di essere una valuta di riserva sicura. L’attrattività del bitcoin, che è una moneta globale, può essere letta come il riflesso di una minore attrattività del dollaro. Bisognerebbe anche capire quali sono le forze che creano la movimentazione dei prezzi dei bitcoin. Faccio un esempio: in questo momento in Russia le riserve della Banca centrale in oro hanno superato quelle in dollari. Ovviamente questa scelta è indice di una strategia: non vogliamo dipendere dal dollaro perché se le nostre riserve sono nella moneta Usa siamo interessati a mantenerne il valore, cosa che magari geopoliticamente non vogliamo. E’ il modello della doppia interdipendenza cinese: la Cina è titolare di gran parte del debito estero statunitense, ma nello stesso tempo gli USA condizionano la Cina, giacché portare all’incasso il debito USA porterebbe a una sua svalutazione che sarebbe deleteria anche per la Cina. Un altro segnale molto importante è l’aumento degli swap in yuan: c’è, lento ma sicuro, un processo guidato di costruzione della moneta cinese come moneta di riserva internazionale, quanto meno per alcune dimensioni internazionali come i rapporti con l’Africa, e i mercati delle materie prime. Il vero nodo è che a tutt’oggi non abbiamo una moneta internazionale, ma una moneta nazionale utilizzata come moneta internazionale. Le alternative, come l’oro o gli stessi Bitcoin, sono certo una potenziale moneta internazionale, ma sono anche prive di ogni riconoscimento e regolazione istituzionale, e per questo  dipendenti dagli andamenti del mercato.

In questo panorama c’è anche Libra, la piattaforma di pagamento di Facebook?

L’obiettivo è quello di offrire una vera moneta: a differenza dei bitcoin. Libra è una stable-coin: il suo valore è garantito da un paniere di monete e asset sufficientemente sicuri, e per questo dipende molto meno di bitcoin dalle oscillazioni dei prezzi di mercato,  anche se la gestione di questo paniere può avere implicazioni sulle politiche monetarie dei singoli Paesi. Noi avremmo bisogno di una vera moneta internazionale, che non sia legata ad una nazione, più sul modello del Bancor che su quello dell’oro. Finché invece ci si affida a valute nazionali o globali di riserva, torna il dilemma che era già stato posto ai tempi di Bretton Woods dall’economista Triffin: per assumere un ruolo internazionale una moneta nazionale deve essere solida, quindi presuppone una bilancia commerciale in attivo, ma se questo accade è impossibile che quella moneta circoli internazionalmente. Ecco allora il dilemma: come fanno i dollari ad essere allo stesso tempo una moneta stabile, perché convertibile in oro, ma molto circolante? Come regolo la circolazione dei dollari in termini di stabilità e la stabilità in termini di circolazione? Oggi si ripropone un nuovo dilemma di Triffin, basato non più sulla convertibilità del dollaro in oro ma sulla sicurezza dei bond USA: con la crisi si è assistito ad un riposizionamento sugli asset sicuri e quindi sul debito americano, cosa che permette agli Stati Uniti di indebitarsi. Resta però la domanda: oltre quale soglia l’indebitamento smetterà di essere considerato sicuro? Se un dubbio di installa a proposito della solvibilità del debito americano, si apre la possibilità di un trasferimento verso altri asset considerati sicuri. E in questo gioco c’è l’oro, ma anche il bitcoin, lo yuan e l’euro. Questo trend coinvolge anche la mia proposta di un’Agenzia Europea del Debito. Se al debito dell’eurozona corrispondesse una emissione di eurobond, quel debito diventerebbe molto interessante, perché dimensionalmente paragonabile a quello statunitense e con fondamentali almeno altrettanto interessanti.

La sfida potrebbe quindi essere quella di una moneta digitale gestita dalle banche centrali?

Non c’è dubbio che da quando Libra è stata presentata i progetti di monete digitali da parte delle banche centrali hanno registrato una forte accelerazione. Mi sembra in questo senso meritevole di attenzione la posizione di Marc Carney, già governatore della Banca di Inghilterra e oggi alla Banca dei regolamenti internazionali, cioè la banca delle banche centrali, che a Jackson Hole nel 2019 ha lanciato la proposta di costruire una moneta internazionale “sintetica”, cioè un paniere di monete di banche centrali a cui corrisponda un ammontare proporzionale di safe asset. Una sorta di riedizione dei diritti speciali di prelievo che potrebbe assumere la forma di una moneta sintetica delle banche centrali.