Finanza sostenibile, cosa cambia con la riforma del regolamento europeo Sfdr

Trapela la bozza della riforma del regolamento Sfdr sulla finanza sostenibile: tanti i cambiamenti, a cominciare dalle categorie dei fondi

La Commissione europea sta lavorando alla riforma della Sfdr © Mesut Dogan/iStockPhoto

È tempo di riforme anche per il regolamento europeo sulla finanza sostenibile (Sfdr, Sustainable finance disclosure regulation). Quello che impone agli operatori finanziari di far sapere se integrano la sostenibilità nel proprio processo di investimento e come. Il testo è recente: approvato nel 2019, entrato in vigore nel 2021.

Ma, in questo arco di tempo, la finanza Esg (quella che considera fattori ambientali, sociali e di governance) ha raggiunto l’apice della popolarità per poi scontrarsi con una serie di diffidenze e ostacoli. In più, la seconda Commissione europea di Ursula von der Leyen ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla semplificazione: a febbraio 2025 ha annunciato il primo pacchetto Omnibus che snellisce le normative sulla sostenibilità, ma ne seguiranno altri. Ne farà le spese anche il regolamento Sfdr. Il 6 novembre ha iniziato a circolare sulla stampa una bozza della riforma: per la presentazione bisognerà attendere il 19 novembre.

Addio alla definizione univoca di finanza sostenibile

A giudicare da queste prime indiscrezioni, sembra che i cambiamenti in vista siano tanti e rilevanti. A cominciare dal fatto che scompare dall’articolo 2 la definizione di finanza sostenibile. Perché, si legge nella bozza di riforma della Sfdr, «ha generato un numero considerevole di sfide e preoccupazioni relative all’attuazione, interrogativi rivolti alle autorità di vigilanza in merito all’interpretazione e alle loro aspettative, nonché ampie divergenze nell’applicazione pratica». In altre parole, secondo Bruxelles la sostenibilità è un concetto che ha molteplici declinazioni. Invece di parlarne in astratto, quindi, ha più senso descrivere in modo puntuale le varie categorie di prodotti finanziari sostenibili.

Nella riforma del regolamento Sfdr fa capolino la transizione

Nell’attuale Sfdr i prodotti finanziari rientrano nell’articolo 8 quando promuovono caratteristiche ambientali e/o sociali, senza però porsi un obiettivo di sostenibilità vero e proprio. Ricadono invece nell’articolo 9 quando hanno come scopo primario il raggiungimento di un obiettivo di sostenibilità. I requisiti tecnici sono molto severi, come dimostra il fatto che, contestualmente alla loro entrata in vigore, gli asset manager abbiano declassato centinaia di fondi per essere certi di rispettarli.  

Stando alla bozza di riforma della Sfdr che sta circolando, questa classificazione scompare. O meglio: restano i nomi, ma le logiche cambiano totalmente. Innanzitutto, nasce l’articolo 7 per i prodotti finanziari dedicati alla transizione. Gli investitori lo chiedevano a gran voce da tempo, per quei fondi che investono in imprese o progetti che non rispettano già i requisiti di sostenibilità ma hanno un piano credibile di transizione. L’articolo 8 si applica ai fondi che integrano «requisiti di sostenibilità, oltre alla gestione dei rischi» e l’articolo 9 a quelli che si pongono obiettivi di sostenibilità.

Cosa cambia con le nuove classificazioni dei fondi sostenibili

In tutti e tre i casi, i prodotti finanziari rientrano nella categoria se almeno il 70% dei loro asset rispetta i criteri stabiliti. Devono inoltre escludere dai portafogli i produttori di armi controverse, tabacco, alcune attività legate ai combustibili fossili e le imprese che violano standard internazionali. Per gli asset manager sarà molto più difficile garantire la conformità ai nuovi requisiti. Di conseguenza, alcuni fondi che oggi sono classificati come articolo 8 o 9 non lo saranno più, a meno di non introdurre politiche molto più severe. Queste regole valgono per i prodotti retail, cioè venduti ai risparmiatori privati. I fondi d’investimento alternativi destinati esclusivamente agli investitori professionali, al contrario, potrebbero essere esentati dall’obbligo di adottare queste nuove etichette.

La bozza di riforma semplifica anche la rendicontazione: non sarà più obbligatorio indicare la quota di investimenti allineati alla tassonomia europea, uno degli aspetti più onerosi dell’attuale Sfdr. Inoltre, il testo introduce nuovi limiti all’uso di termini legati alla sostenibilità nei nomi e nel marketing dei prodotti che non rientrano nelle classificazioni ufficiali. Saranno poi i futuri standard tecnici della Commissione europea a definire criteri più dettagliati.

Con la riforma della Sfdr scompaiono anche i Pai

Un altro cambiamento di rilievo riguarda i cosiddetti Pai, Principal adverse impact. Sono indicatori che misurano gli effetti negativi che una decisione di investimento può avere sui fattori ambientali, sociali e di governance. Per esempio le emissioni di gas serra degli emittenti in portafoglio, l’esposizione a imprese fossili, il divario retributivo di genere delle imprese in portafoglio, le società coinvolte in gravi controversie ambientali e sociali. Il regolamento attuale impone ai gestori di misurare, monitorare e divulgare ogni anno i Pai: alcuni sono obbligatori, altri facoltativi.

Con la riforma della Sfdr, almeno nella forma trapelata finora, i Pai scompaiono. Sia a livello di società di gestione, sia a livello di prodotto. Una mossa che farà tirare un sospiro di sollievo agli operatori finanziari che, da tempo, lamentano come questo compito sia complesso e dispendioso. Così facendo, però, il regolamento non valuterà più in modo uniforme gli effetti negativi sul mondo reale degli investimenti, lasciando più spazio alla discrezionalità dei gestori. Sacrificando il principio Do no significant harm (non arrecare un danno significativo) che è alla base della Sfdr e della tassonomia.

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