Come i super-profitti dei colossi bancari arricchiscono i già ricchi

Attraverso operazioni di buyback i colossi bancari perpetuano le disuguaglianze arricchendo i già ricchi, come i grandi fondi di investimento

La Borsa di New York © Tobias Deml/Wikimedia Commons

Unicredit ha registrato utili netti per 8,6 miliardi di euro che saranno interamente distribuiti agli azionisti attraverso i dividendi. Gli stessi azionisti, in realtà, beneficeranno in totale di 10 miliardi di euro per effetto delle operazioni di buyback, cioè di riacquisto da parte di Unicredit delle proprie azioni. Intesa SanPaolo ha registrato utili netti per 7,7 miliardi di euro di cui 5,4 saranno distribuiti agli azionisti in dividendi.

Si tratta per entrambe le banche di dati record, con previsioni di ulteriore crescita nei prossimi due anni. In relazione a ciò sono possibili tre considerazioni.

Cosa ci raccontano le operazioni di buyback dei colossi bancari italiani

La prima. Questi dati record dipendono in larga misura dagli alti tassi della Bce che è davvero la banca delle banche, in un senso decisamente distorto. La seconda. Questi dati sono in totale contrasto con l’andamento dell’economia italiana che, al netto della droga dell’inflazione, ristagna. Utili bancari alle stelle e Pil fermo. La terza. Questi dividendi remunerano gli azionisti; quindi grandi fondi e soggetti che dispongono, in media, di redditi consistenti, accentuando le disuguaglianze.

Naturalmente, le persone fisiche pagano su tali dividendi il 26%, un’aliquota ben diversa da quella che colpisce i redditi da lavoro. Quelli che garantiscono larghissima parte dei 536 miliardi di entrate tributarie. Ma per fondi e grandi azionisti la cuccagna non finisce qui. Come accennato in questi mesi stanno moltiplicandosi le operazioni di buyback, di riacquisto delle proprie azioni da parte di società quotate, a cominciare dalle banche.

Il valore sale grazie al buyback

Come funziona il “sistema”? Le banche hanno fatto utili record, distribuiti in toto agli azionisti, che avranno un altro, grande beneficio. Stanno infatti ricomprando proprie azioni che ne faranno salire ancora di più il valore, per la gioia dei fondi e dei grandi azionisti. Questa operazione è possibile proprio perché gli utili da distribuire sono alti e il capitale sociale cresce. Infatti i due vincoli al riacquisto delle azioni proprie sono costituite dal fatto che tale riacquisto non può superare il valore degli utili da distribuire e il 10% del capitale sociale.

Se, dunque, le banche fanno utili record e aumentano il capitale, il volume delle operazioni di riacquisto cresce; ma se i riacquisti crescono, aumenta anche il valore del capitale sociale e il beneficio per gli azionisti. Un sistema formidabile: la ricchezza finanziaria crea altra ricchezza finanziaria, naturalmente pressoché senza effetti fiscali. Anzi, la famosa imposta sugli extraproprofitti non è stata destinata al fisco, ma all’aumento della solidità della banche, un’altra delle condizioni che consente il riacquisto. Un gioco perfetto. Soprattutto per i grandi detentori di azioni bancarie: fondi e ricchi.

I risparmi europei sono gestiti dai più grandi fondi finanziari del mondo

È utile a questo riguardo ricordare chi gestisce i risparmi europei. BlackRock  e Vanguard, i due più grandi fondi finanziari del mondo, gestiscono risparmi in Europa per 430 miliardi di euro il primo e 237 miliardi il secondo. Se a questi due fondi si aggiungono Jp Morgan e Fidelity, il totale dei risparmi gestiti da questi 4 fondi a stelle e strisce supera ampiamente i mille miliardi di euro. Un inciso: i principali azionisti di Jp Morgan e Fidelity sono proprio BlackRock e Vanguard.

Questi mille miliardi di euro sono indirizzati per quasi il 70% all’acquisto di azioni che in larghissima parte sono quelle di un centinaio di società, quotate nella Borsa di New York, di cui BlackRock e Vanguard sono i principali azionisti.

Un sistema che perpetua le disuguaglianze

In sintesi, i risparmi europei sono in buona misura monopolizzati da due fondi che li indirizzano verso le proprie società negli Stati Uniti: un formidabile travaso di ricchezza che si autoalimenta perché questa enorme liquidità garantisce a quel centinaio di società un valore ben superiore di quello reale.

Alcuni aspetti della finanziarizzazione bancaria riguardano anche “la rivolta dei  dei trattori” Uno di questi è rappresentato dalla rapida trasformazione del credito. Nel giro di pochi anni Credit Agricole si è trasformato da banca “agricola” in un colosso finanziario che detiene il 68% di Amundi, il principale gestore europeo di risparmio, ed ha acquisito pezzi importanti del sistema bancario italiano. Si è così “specializzata” in finanza diventando sempre meno adatta a coprire le esigenze di un mondo in cui esistono circa 1,3 milioni di imprese con un massimo di 15 dipendenti. In regime di tassi alti, questa discrasia è diventata ancora più evidente. La finanziarizzazione genera continue disuguaglianze


Le parole da sapere
Buyback