La finanza prima del clima, un esempio pratico: il piano di buyback di TotalEnergies
La compagnia petrolifera TotalEnergies avvia un piano di buyback da 8 miliardi di dollari l'anno. Più di quelli che investe nelle rinnovabili
Sedici miliardi di dollari in due anni. Otto subito, poi due miliardi a trimestre per tutto il 2025. Potrebbero sembrare i numeri di una manovra finanziaria dell’Italia o di un altro Paese del G8. Invece è il piano di buyback annunciato da TotalEnergies a inizio ottobre.
Cosa significa buyback
Semplificando, il buyback è una pratica con la quale un’impresa acquista le sue stesse azioni. Solitamente tali azioni acquistate vengono poi annullate, con il risultato che ne rimangono meno in circolazione. Quelle rimanenti tenderanno quindi a valere di più e a distribuire più dividendi.
Una delle principali critiche consiste nel fatto che i piani di buyback non migliorano in alcun modo la capacità produttiva, la ricerca o altri fattori competitivi. L’impresa spende soldi per comprare azioni e poi annullarle. Invece di impiegarle per gli investimenti, dunque, l’azienda usa queste risorse solo per fare contenti gli azionisti.
E sì che proprio le imprese del settore dei combustibili fossili di investimenti dovrebbero farne, e tanti. Dovrebbero essere loro le prime a investire per una riconversione del modello energetico, per una reale transizione da un’economia fossile a una sostenuta dalle rinnovabili.
Il piano di buyback di TotalEnergies vale più degli investimenti nelle fonti rinnovabili
Non che TotalEnergies non abbia annunciato, assieme al suo piano di buyback, anche investimenti in questa direzione. Si parla di 5 miliardi di dollari l’anno per il prossimo quinquennio nei settori a basso contenuto di CO2. Una somma che appare ancora ridotta rispetto ai 10-12 miliardi l’anno che continuerà a investire nelle fossili. Alla faccia della transizione, ancora per il prossimo quinquennio più soldi alle fossili che alle rinnovabili, e un piano industriale che prevede di espandere gli idrocarburi del 3% l’anno, ogni anno, tra il 2025 e il 2030.
A spiegare il perché è lo stesso presidente e amministratore delegato di TotalEnergies, Patrick Pouyanné. «Finché ci sarà una domanda, fondamentalmente è questo che ci porta dei profitti. E se voglio investire nel sistema B [ovvero le rinnovabili] devo pompare soldi da qualche parte, […] quindi continueremo a investire nel sistema A». In altre parole, se vogliamo investire nelle rinnovabili, da qualche parte i soldi dobbiamo prenderli.
È qui che emerge l’enormità di un piano di buyback da 8 miliardi per un solo anno. Una somma pari al 5% del capitale della multinazionale. 5 miliardi nelle rinnovabili, 8 per una manovra che ha un unico scopo: «viziare un’altra volta i suoi azionisti», come scrive Liberation.
Quando l’interesse degli azionisti viene prima di tutto
L’abbiamo ricordato spesso. Da almeno un trentennio l’unico obiettivo delle imprese è quello di soddisfare i propri azionisti (il cosiddetto shareholders value). Una visione che ha oscurato l’idea che l’impresa debba creare valore anche per i propri fornitori, dipendenti o che debba addirittura rispondere a tutti i portatori di valore e quindi all’insieme della società (stakeholders value).
TotalEnergies ce ne dà un esempio lampante. Tra piani di buyback e promesse di dividendi, il valore delle azioni di Total Energies è cresciuto del 2,3% mercoledì scorso. Chi vuole vendere le azioni potrà farlo a un prezzo più alto, chi le terrà potrà continuare a essere viziato dalle politiche aziendali. Le priorità – ovvero gli interessi finanziari – sono soddisfatte. Il resto, in secondo piano, può tranquillamente aspettare.