I calciatori scommettono, i moralisti incassano i soldi
Dopo anni in cui le scommesse sono protagoniste degli stadi e dei giornali sportivi, scoppia lo scandalo. E iniziano i sermoni morali
Dopo gli scandali del 1980 e 1986, del 2011 e del 2015, sulle prime pagine di giornali e televisioni è esploso un nuovo caso calcioscommesse. Fagioli, Tonali e Zaniolo. I nostri bravi ragazzi, la meglio gioventù azzurra. E chissà chi altro visto che l’inchiesta, tra pubblici ministeri e personaggi in cerca di visibilità, ha preso una eco mediatica di gran lunga superiore alle sue reali dimensioni. Per adesso infatti non sembra che i giocatori abbiano combinato partite delle loro squadre, o delle altre, ma solo che abbiano scommesso.
Ecco perché nel circo mediatico non intervengono esperti di corruzione, ma di ludopatia. Qualcosa va detto per riempire pagine e trasmissioni e così il discorso si sposta dal piano giudiziario a quello morale. Si scopre che esiste il gioco d’azzardo, e che fa male. Ma non è così da sempre? Perché se nel dopoguerra esistevano la lotteria e il Totocalcio, da venticinque anni la liberalizzazione delle scommesse è totale. Fino ad arrivare, dieci anni fa, alla possibilità di scommesse su “eventi virtuali”, ovvero su tutto ciò che esiste e non esiste.
Il fatturato del gioco d’azzardo legale e illegale in Italia è cresciuto a dismisura. Basti pensare che nel 2022 il giro di affari lecito ha superato i 130 miliardi di euro, mentre si stima che la parte illegale valga almeno 25-30 miliardi. Con una spesa annua per gli italiani che passa dai 20 miliardi del gioco legale ai 4 di quello illegale. Sono cifre spaventose. Cifre spinte in alto da pubblicità che appaiono ovunque, soprattutto nel mondo del calcio. O da testimonial famosi, spesso ex calciatori.
Perché sono lo sport in generale, e il calcio in particolare, a essere il cuore pulsante del gioco d’azzardo. Stiamo parlando di decine e decine di miliardi di euro, solo in Italia. Ecco il nocciolo della questione. Le scommesse, legali o illegali che siano fa poca differenza, il danno per chi scommette è lo stesso, prosperano grazie al calcio e a tutto ciò che gli ruota intorno. Moralisti compresi.
Oggi infatti il pallone è riempito fino all’inverosimile da pubblicità, più o meno mascherate, di siti di scommesse. Tanto che, se nel 2018 era stato fatto divieto di sponsorizzare il gioco d’azzardo, è stato proprio il ministro dello Sport Abodi, accompagnato dal fido presidente federale Gravina, a farsi promotore del ritorno della sua pubblicità, con un cortocircuito assurdo per cui questo servirebbe a combattere la ludopatia.
Tanto già oggi, leggi o non leggi, i campi degli stadi italiani sono circondati da tabelloni luminosi su cui brillano nomi di società di scommesse. Gli stessi nomi che poi compaiono sulle maglie delle squadre. O a fine partita sui banner che fanno da sfondo alle interviste di giocatori e allenatori. Ma non finisce qui.
Le televisioni a pagamento che trasmettono il calcio e i giornali sportivi hanno tutti la loro sezione scommesse, con programmi e pagine dedicate. Alcune di loro poi, hanno addirittura una propria sezione scommesse, da cui guadagnano direttamente. Fino a ieri dunque, l’accoppiata calcio e scommesse sembrava a tutti una cosa bellissima. Poi si scopre che scommettono anche Fagioli, Tonali e Zaniolo, la nostra meglio gioventù azzurra. L’inchiesta si fa mediatica, e bisogna dire qualcosa. Ed ecco che cominciano i sermoni moralisti sul dramma della ludopatia, pronunciati da quelli che con il gioco d’azzardo guadagnano. Tutto torna, o forse no.