Carbone e petrolio: i passi avanti delle assicurazioni, i passi indietro di Generali
Insure our Future verifica il sostegno delle assicurazioni ai combustibili fossili. Molte hanno detto "no" al carbone. Delude Generali che non ha mantenuto le promesse
Si può fare di più, molto di più. È questo in estrema sintesi il messaggio che la rete Insure our Future – di cui fanno parte Greenpeace Italia e Re:Common – ha lanciato alle assicurazioni globali. Un messaggio contenuto nel suo ultimo rapporto intitolato “Insuring our Future.
2020 Scorecard on Insurance, Fossil Fuels and Climate Change“, che prende in analisi il sostegno del settore ai combustibili fossili. Da questa edizione, infatti, oltre al carbone, responsabile del 40% delle emissioni globali di CO2,sono stati presi in considerazione anche anche gli impegni del settore assicurativo nel comparto di petrolio e gas, che nel conto totale arriva al 55% di emissioni inquinanti emesse.
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In allontanamento del carbone
La buona notizia è che la maggior parte degli assicuratori europei e australiani non fornisce più copertura a nuove miniere o centrali a carbone. Dal lancio della campagna Insure Our Future, nel 2017, almeno 23 compagnie assicurative hanno terminato o limitato la loro copertura a progetti del settore del carbone, mentre 65 hanno adottato politiche di disinvestimento o si sono impegnate a non effettuare nuovi investimenti nel carbone.
Tuttavia, le principali compagnie statunitensi e asiatiche, come Liberty Mutual, Chubb, Tokio Marine e Sompo, nonché la londinese Lloyd’s, assicurano ancora pesantemente il settore della polvere nera.
Pochi passi avanti sul fronte petrolio e gas
Il comparto assicurativo globale non è finora riuscito a intraprendere iniziative di rilievo su petrolio e gas. A una decina di giorni dal quinto anniversario della firma dell’Accordo di Parigi sul Clima, che tende a limitare l’aumento della temperatura media terrestre a 2 °C (facendo tutti i tentativi possibili per rimanere entro 1,5 °C), l’analisi di Insure our Future certifica nero su bianco che le assicurazioni non sono ancora riuscite a raggiungere i principali obiettivi stabiliti nella capitale francese durante la Cop 21.
Via la maschera
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Delusione da Generali…
Alcune note dolenti giungono dal Bel Paese, dove Generali, principale compagnia assicurativa italiana e leader a livello mondiale, pare invece aver tirato il freno a mano sul suo contributo al contrasto all’emergenza climatica. Se si escludono i recenti impegni relativi al settore delle sabbie bituminose, gli ultimi impegni di rilievo rispetto all’esposizione nel settore del carbone sembrano fermi al 2018 e non accontentano Greenpeace e Re:Common.
Due passi indietro
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..che continua a sostenere l’energia sporca di PGE
Le due associazioni puntano il dito contro l’ostinato sostegno di Generali a PGE, la più importante società energetica polacca, controllata dallo Stato. Nonostante nel 2019 la produzione energetica di PGE dipendesse dal carbone per il 91%, il Leone di Trieste si ritiene soddisfatto dei progressi di PGE in materia climatica e ambientale. «È davvero difficile comprendere questa soddisfazione, dal momento che il piano di transizione di PGE, reso pubblico il 19 ottobre 2020, ha più incognite che certezze», si legge in un comunicato delle due realtà della società civile italiana.
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Il riferimento è alla Strategia 2030 della società polacca, che vorrebbe cedere i suoi asset del carbone a un non meglio precisato nuovo ente. Ciò che è certo, è che la “transizione” sarà trainata dal gas fossile, e che gli assetdel carbone ceduti non faranno altro che produrre perdite, pagate quindi dai contribuenti. PGE si trova poi al centro di due contenziosi: la causa mossa da ClientEarth per la centrale di Belchatow, e l’esposto della Repubblica Ceca al Parlamento Europeo per la minera di Turow – passo propedeutico a portare il caso dinanzi alla Corte di Giustizia europea.
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…e assicura ancora petrolio e gas
Se il legame di Generali con il carbone desta ancora molte preoccupazioni, quello con petrolio e gas non è da meno. Di recente, rispondendo al questionario di CDP (ex-Carbon Disclosure Project) in relazione alla propria azione climatica, Generali ha fatto sapere di avere meccanismi interni che permettono, in via eccezionale, di assicurare società petrolifere e del gas.
«Questi meccanismi interni non sono certo una policy e Generali lo sa bene avendone adottata una sul carbone, soggetta a pubblico scrutinio. Se la compagnia triestina è seria nel suo impegno per contrastare il cambiamento climatico, è ora che si doti di una policy pubblica anche su petrolio e gas, come hanno fatto di recente altri assicuratori, tra cui Swiss Re e Aviva», affermano Re:Common e Greenpeace, augurandosi che presto Generali torni a impegnarsi sul fronte climatico.
* L’autore dell’articolo è Luca Manes di Re:Common