Chi finanzia le trivelle nell’Artico

Un'analisi di Reclaim Finance fa i nomi di banche e fondi che finanziano le manovre espansioniste nell'Artico delle compagne fossili

© lyash01/iStockPhoto

Sfruttare nuovi giacimenti di gas e petrolio nell’Artico sarebbe deleterio per la battaglia contro i cambiamenti climatici. Le riserve esistenti sono tali, infatti, da coprire il 22% del “carbon budget” che l’umanità ha a disposizione di qui al 2050. Ovvero del totale di emissioni di gas ad effetto serra che possiamo permetterci di disperdere nell’atmosfera se vogliamo centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

«The continent of Atlantis was an island
Which lay before the great flood
In the area we now call the Atlantic Ocean
So great an area of land, that from her western shores
Those beautiful sailors journeyed
To the South and the North Americas with ease
In their ships with painted sails»

Ciò nonostante, il mondo della finanza continua a concedere denaro a chi trivella al Polo Nord. Anche perché il riscaldamento globale sta producendo un drammatico circolo vizioso: più la temperatura media globale cresce, più la fusione dei ghiacci si accelera nell’Artico. E, di conseguenza, le riserve di energie fossili diventano sempre più accessibili. Come se non bastasse, inoltre, le superfici bianche della calotta, annerite dall’inquinamento, assorbono sempre più la radiazione solare, anziché rifletterla. Così, anche il permafrost si scioglie, liberando un altro gas climalterante, il metano, e aggravando così ulteriormente la situazione.

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Banche e fondi di investimento che sostengono progetti di trivellazione nell’Artico © Reclaim Finance

Un’analisi della Ong Reclaim Finance spiega che, attualmente, esistono 599 siti di estrazione di gas e petrolio nel circolo polare artico. Di questi, 220 sono già in produzione. Le industrie stanno inoltre investendo in ulteriori 39 siti, mentre sono 338 i giacimenti già scoperti che potrebbero essere sfruttati in futuro. A condizione che le compagnie trovino finanziamenti e polizze.

«On board were the Twelve
The poet, the physician, the farmer, the scientist
The magician and the other so-called gods of our legends
Though gods they were
And as the elders of our time choose to remain blind»

Banche, fondi e compagnie d’assicurazione rivestono dunque un ruolo cruciale per il futuro dell’Artico e, più in generale, della Terra. Dai loro portafogli pendono i colossi del settore fossile che puntano sull’Artico, dalla russa Gazprom all’americana ConocoPhillips, passando per Lukoil, Shell, Rosneft, Total e Equinor. D’altra parte, secondo Reclaim Finance, tra il 2016 e il 2020, più di 120 banche hanno concesso qualcosa come 314 miliardi di dollari alle imprese che vogliono espandere le loro attività al Polo Nord, sotto forma di prestiti o di obbligazioni. Le 30 banche più generose hanno messo sul piatto, da sole, 254,2 miliardi. Nell’elenco figurano l’americana JP Morgan Chase, la britannica Barclays, la francese BNP Paribas. Ma anche le italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit.

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I principali colossi delle fonti fossili che puntano a espandersi nell’Artico © Reclaim Finance

Inoltre, a marzo 2021 centinaia di investitori possedevano azioni di quelle stesse compagnie per un controvalore di 272 miliardi. In testa il fondo americano BlackRock, quindi Vanguard, e anche Credit Agricole (attraverso Amundi). La conclusione del rapporto è inquietante: nonostante alcuni impegni assunti dalla finanza, secondo Reclaim Finance «le promesse non bastano per fermare lo sviluppo di nuovi progetti nell’Artico».

Citazione musicale: «Atlantis», Donovan, 1969


Questo articolo è stato pubblicato in 11 anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.