Cibo, gli italiani ne sprecano 12 miliardi di euro. Ma danno la colpa allo Stato
A 20 anni dall'avvio dell'esperienza pioneristica di Last Minute Market, i numeri dello spreco di cibo rimangono enormi. Ma la maggior parte degli italiani si autoassolve
Lo spreco alimentare in Italia vale lo 0,88% del Pil. In soldoni: più di 15 miliardi di euro (per l’esattezza 15.034.347.348 di euro). Due volte e mezzo i fondi stanziati per il reddito di cittadinanza. Quattro volte quanto costerà nel 2019 la riforma pensioni “Quota 100”. Buttati nella spazzatura ma costati lavoro, risorse naturali e pressione ambientale (inquinamento dell’aria e della terra, emissione di gas serra).
Sono le cifre diffuse in occasione della 6^ Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, nella sede FAO di Roma, dal progetto 60 Sei ZERO dell’Università di Bologna con la campagna Spreco Zero di Last Minute Market (LMM), spin off dell’ateneo.
Spendi 1 euro, ne ottieni (almeno) 3: recuperare cibo è un ottimo investimento
E a risultare decisamente difficile da digerire – al di là di un valore complessivo inaccettabile – c’è la natura di questa perdita di risorse. Uno spreco di cibo che è, per gran parte, l’esito di cattivi comportamenti individuali. Su cui potremmo intervenire facilmente, ma che non vogliamo nemmeno vedere.
Spreco di cibo quasi tutto nelle nostre case: ma gli italiani si autoingannano
I 15 miliardi di euro di cui sopra, infatti, non sono che la somma dello spreco alimentare di filiera (produzione – distribuzione) e dello spreco alimentare domestico reale, misurato nelle case degli italiani attraverso il test dei Diari di Famiglia.
Ma mentre la prima voce viene stimata in oltre 3 miliardi di euro e rappresenta il 21,1% del totale, il resto (79,9%) è cibo che noi cittadini gettiamo nell’immondizia. Per un controvalore di quasi 12 miliardi di euro.
Ma gli italiani sono consapevoli di questo fenomeno che certo non fa bene alle loro tasche? Nella maggior parte dei casi no. Last Minute Market rileva che solo una persona su cinque ritiene infatti che lo spreco domestico sia la questione centrale. Preferisce invece attribuire la responsabilità al commercio e allo spreco nel pubblico (scuole, uffici, ospedali, caserme).
La realtà è ben diversa: ogni consumatore (stando ai dati diffusi già nel 2018) genera 2,89 kg/anno di spreco alimentare, cioè 55,6 grammi a settimana. Il 35% dei quali potrebbe essere recuperato per l’alimentazione umana.
Un vero e proprio auto-inganno, capace di alimentare l’inerzia davanti al problema. Solo in parte controbilanciato dal raffronto fra i dati 2014 e quelli 2018 rispetto alle abitudini dello spreco. Se nel 2014, un italiano su 2 dichiarava di gettare cibo quasi ogni giorno, nel 2018 solo l’1% ha dichiarato di cestinare il cibo. Un successo evidenziato dal monitoraggio dell’osservatorio Waste Watcher come risultato di una sensibilizzazione sviluppata in anni di lavoro su questi temi.
20 anni di Last Minute Market: oggi modello di business dell’economia circolare
Se però il tema del cibo, dei suoi sprechi e delle conseguenze ambientali e finanziarie della sua produzione e consumo, è al centro dell’agenda delle istituzioni mondiali, una parte di merito si deve anche all’esperienza di Last Minute Market. Una storia di cui l’Italia può andare fiera. Nacque 20 anni fa come costola dell’Università di Bologna per intuizione del professor Andrea Segrè, docente di Economia agroalimentare. Last Minute Market si è trasformata poi in impresa sociale e oggi vanta un modello di business che fa scuola.
Grazie a un network con 350 punti vendita e oltre 400 enti del Terzo settore recupera annualmente 55mila pasti cotti, prodotti alimentari per un valore di 5,5 milioni di euro. Come pure farmaci per 1 milione di euro, e altre mille tonnellate di prodotti non alimentari.
Una filiera che ha trasformato lo spreco privato in risorsa collettiva.
LMM: il recupero diventa sistema. E dopo il cibo, i farmaci…
«Dal punto di vista operativo – sottolinea l’amministratore delegato di Last Minute Market Matteo Guidi – il dato significativo non è tanto quello quantitativo, ma il grado di innovazione dei progetti e servizi sviluppati negli anni».
Dopo il periodo di ricerca, a inizio anni 2000, LMM ha messo a punto il primo servizio di recupero sistematico e professionale per GDO alimentare, in particolare con Conad. Nel 2004 è stato sperimentato il recupero di farmaci invenduti dalle farmacie nel comune di Ferrara. Sempre nel comune di Ferrara, nel 2005 ha studiato e sperimentato il primo sconto sulla tassa dei rifiuti a favore delle aziende che recuperavano prodotti alimentari. Nel 2010 è stato sviluppato un servizio di recupero di farmaci dai cittadini, con Hera SpA, con la quale, nel 2012, è stato attivato il recupero di beni ingombranti sempre dai cittadini.
Nel 2016 ha messo a punto insieme a Camst, un metodo di monitoraggio degli scarti nelle mense scolastiche. E nel 2018 è stato implementato il primo recupero strutturato dalla distribuzione non alimentare, con Leroy Merlin Italia, di tutti quei beni non alimentari che rimangono invenduti, ma possono diventare un’importante risorsa per le organizzazioni no profit.
«L’obiettivo spreco zero è ancora lontano» ricorda Guidi.
FAO, i numeri chiave dello spreco alimentare fanno paura
Più che lontano, appare lontanissimo. Almeno a leggere alcuni dati globali in tema di food loss and waste dal portale della Food and Agriculture Organization delle Nazioni unite. Dati che non possono non indignare, pensando che oltre ottocento milioni di persone soffrono la fame.
- Circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano ogni anno – circa 1,3 miliardi di tonnellate – viene perso o sprecato. Perdite e sprechi alimentari ammontano a circa 680 miliardi di dollari nei Paesi industrializzati e 310 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo.
- I Paesi industrializzati e in via di sviluppo dissipano all’incirca le stesse quantità di cibo – rispettivamente 670 e 630 milioni di tonnellate.
- La quantità di perdite e sprechi alimentari globali annui è circa del 30% per i cereali, del 40-50% per radici, frutta e verdura, del 20% per semi oleosi, carne e prodotti caseari, più del 35% per il pesce.
- La quantità di cibo perso o sprecato ogni anno equivale a più della metà della produzione annuale di cereali nel mondo (2,3 miliardi di tonnellate nel 2009/2010).
- I rifiuti pro capite dei consumatori sono compresi tra 95 e 115 kg all’anno in Europa e Nord America, mentre i consumatori dell’Africa subsahariana, del sud e del sud-est asiatico, ogni anno buttano via solo 6-11 kg all’anno.