Tutta Viareggio salperà e girerà il mondo. Il progetto folle della Pangeos
Che meraviglia! Il progresso è inarrestabile: dopo la nave da crociera che non inquina la città galleggiante che pulisce
Tutti abbiamo assistito (la maggior parte di noi attoniti, si spera) alla presentazione della Icon of the Seas nello scorso ottobre. La più grande nave da crociera del mondo, consegnata il 27 novembre alla Royal Caribbean: 365 metri di lunghezza, 20 ponti. Capace di trasportare 7.600 passeggeri. Come una cittadina, per capirci. Gli abitanti di Forte dei Marmi, per rimanere in tema-mare.
Ma la Icon of the Seas non è un placido paesino affacciato sul mare, è un gigantesco ammasso di ferraglia da oltre 250mila tonnellate, che per muoversi ha bisogno di sei motori capaci di generare 67.500 kW di potenza. Impatto ambientale, vi state chiedendo?
Un inquinante ammasso di ferraglia
Alcuni anni fa la ong Transport & Environment aveva calcolato che l’azienda leader mondiale delle crociere, la Carnival Corporation, aveva emesso da sola – e solo nel 2017 – dieci volte più ossido di zolfo dell’intero parco automobilistico europeo. Tradotto: con 94 navi hanno disperso più immondizia nell’aria di quanta ne sputano 260 milioni di macchine in un anno.
Ecco, la Icon of the Seas emette, secondo YachtCO2Tracker, più di 750 tonnellate di CO2 al giorno (al giorno!) soltanto per alimentare i motori. Lo stesso biossido di carbonio che finisce nell’atmosfera con 700 viaggi in aereo da Roma a New York, all’incirca. Era ovvio – ovvio – che fosse necessaria la Icon of the Seas! E pazienza la crisi climatica, che si abbattano i gas ad effetto serra altrove.
L’eccellenza del Made in Italy
L’umanità non può di certo fare a meno della nuova super-nave. Anzi, non basta! Dobbiamo fare di più! E l’essere umano ha prontamente risposto (ah, l’innovazione): ecco a voi il progetto della Pangeos, la nuova città galleggiante che farà sembrare la Icon un brufolo sul sedere del Pianeta.
Immaginata dalla società italiana Lazzarini Design Studio – perché «noi abbiamo l’eccellenza» (cit. Cingolani), insegnata adesso perfino nei licei del Made in Italy – sarà una nave di lusso (ovviamente). Lunga 550 metri (presente quando in autostrada vedete il cartello “Barriera a 500 m.” e il casello in lontananza?), larga 610, capace di trasportare 60mila persone. Non più un paese ma una piccola cittadina. Non più forte dei Marmi, ma addirittura Viareggio, per rimanere in tema di località toscane affacciate sul mare.
Dentro ci saranno centri commerciali, piscine, immobili, giardini. E un aeroporto… Anche perché, in quanti luoghi potrà attraccare il “Comune di Pangeos”? Nessuno! Sulla città galleggiante si arriverà solo volando (anche in elicottero, ovviamente).
Chi fermerà la città galleggiante?
Costo di costruzione previsto? Un’inezia: solo 8 miliardi di dollari. Esattamente quanto servirebbe per sfamare 783 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, secondo il rapporto “2024 Hunger Funding Gap”. Ma vuoi mettere fondare il nuovo capoluogo dell’Atlantico?
Ah, naturalmente i promotori della Pangeos hanno assicurato che il progetto è sostenibile. Perché si recupererà energia cinetica dalle onde del mare, ci saranno pannelli solari, motori elettrici, ecc. ecc.. Come se tutta quell’energia, ammesso che davvero la si produrrà in modo pulito, non fosse molto più utile generarle e consumarla altrove e in altro modo. Ma non saremo certo noi a metterci di traverso, che poi in un attimo diventiamo «quelli che ostacolano il progresso».