Il clima continua a dividere l’Unione europea

I governi dei 27 Paesi membri non si sono accordati sulla divisione degli sforzi necessari per centrare gli obiettivi climatici

I Paesi membri dell'Unione europea non si sono accordati sulla ripartizione degli sforzi necessari per centrare gli obiettivi climatici © Dusan Stankovic/iStockPhoto

Nonostante gli appelli degli scienziati, nonostante le pressioni delle organizzazioni non governative e nonostante le indicazioni chiare giunte dal Parlamento europeo, i governi dei 27 Stati membri dell’Unione europea non hanno trovato un’intesa sugli sforzi che ciascuna nazione dovrà effettuare per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.

«Ticking away the moments that make up a dull day
Fritter and waste the hours in an offhand way»

Gli stessi esecutivi si erano accordati, nello scorso mese di dicembre, sull’obiettivo di ridurre la dispersione di gas climalteranti nell’atmosfera del 55%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nella riunione straordinaria del Consiglio europeo che si è tenuta il 24 e 25 maggio scorsi, si sarebbe dovuto, appunto, decidere come distribuire l’onere tra le singole nazioni. Eppure, i Ventisette si sono trovati fortemente divisi tra loro.

Il tempo stringe, poiché la Commissione dovrebbe presentare, di qui alla metà di luglio, il proprio piano sul clima, che punterà all’azzeramento a termine delle emissioni nette di CO2. Lo scoglio da superare è però soprattutto quello dei Paesi dell’Est europeo. I governi di alcune nazioni hanno infatti spiegato di non voler pagare costi sociali e finanziari a loro avviso eccessivi. E chiedono alle nazioni che presentano Pil per abitante più elevati di farsi carico della maggior parte degli oneri.

«Kicking around on a piece of ground in your hometown
Waiting for someone or something to show you the way»

I Paesi più ricchi, però, rispondono che la transizione ecologica sarà più semplice e meno costosa di quanto immaginato da chi è in ritardo, ad esempio dal punto di vista della produzione di energia o nei trasporti. Argomentazione che, almeno per ora, non è bastata a convincere il blocco orientale. A dimostrazione delle difficoltà incontrate nei negoziati, un paragrafo presente nelle conclusioni provvisorie, nel quale si parlava di «riaffermare obiettivi nazionali nell’ambito dello sforzo condiviso», è sparito dal comunicato finale.

A dividere i Ventisette, inoltre, c’è la proposta di estendere il sistema dei cosiddetti “diritti ad inquinare”. Si tratta del mercato ETS: un meccanismo di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra – introdotto dall’Unione europea nel 2005 –concepito con l’obiettivo di indurre le grandi imprese del Vecchio Continente ad inquinare di meno. L’idea era di fissare un tetto massimo alle emissioni di alcuni agenti inquinanti. In particolare biossido di carbonio (CO2), ossido di azoto (N2O) e perfluorocarburi (PFC).

«Every year is getting shorter, never seem to find the time
Plans that either come to naught or half a page of scribbled lines»

Tale sistema, ad oggi, è circoscritto ai settori dell’energia e dell’industria. Alcune nazioni – Germania, Danimarca e Paesi Bassi in testa – sostengono l’ipotesi avanzata dalla Commissione di estenderlo ai traporti stradali, a quelli di merci via mare e alle costruzioni. Ma il blocco dell’Est, guidato dalla Polonia, ha annunciato che accetterà solo in cambio di indennizzi finanziari. E così si continua a perdere tempo preziosissimo nella battaglia contro i cambiamenti climatici.

Citazione musicale: «Time», Pink Floyd, 1973


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