Crisi climatica, il greenwashing di ENI fa male come il petrolio
Il colosso energetico investe poco e male nelle rinnovabili. Intanto fa il record di produzione di greggio e investe sull'olio di palma
Non basta produrre biodiesel da olio di palma per diventare una multinazionale green. Specie se IPCC e Commissione Europea, nel giro di pochi mesi, confermano che la produzione dei biocarburanti di prima generazione, ottenuti da una coltivazione intensiva come la palma da olio, è dannosa per l’ambiente, l’uomo e il clima.
‼️ENI #nemicodelclima‼️
1,9 milioni di barili al giorno nel 2018, il numero più alto mai registrato da #Eni.
Ecco il nostro punto sulla la controllata dello Stato, nemica del clima. Numeri e storie che raccontano un’azienda che ci riguarda da vicino.
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Legambiente: Eni, record produzione petrolio
In Italia, Legambiente punta il dito su ENI, nemica del clima, che da un lato ha aumentato la produzione globale di petrolio, al suo massimo storico, 1,9 milioni di barili/giorno. Ma dall’altra investe, poco e male, su fonti rinnovabili ormai obsolete, come nelle due raffinerie di Porto Marghera e Gela. Impianti che utilizzano, in gran parte, olio di palma, materia prima che tra il 2021 e il 2030 dovrebbe uscire completamente dalla produzione. Ricevendo, pure, sussidi dallo Stato.
La metà dell’olio di palma importato va nel biodiesel
«Ben il 54% delle nostre importazioni di olio di palma è destinato alla produzione di biocarburante. Pochi lo sanno. Ma ogni volta che facciamo il pieno di gasolio acquistiamo anche olio di palma. Dal 3 al 15%. È considerato green e rinnovabile ma distrugge foreste e provoca il triplo delle emissioni di CO2 rispetto al petrolio» sottolinea a Valori Andrea Poggio, responsabile della mobilità sostenibile e stili di vita per l’associazione ambientalista. Informazioni già confutate in un rapporto del 2015, richiesto dalla Commissione europea ad un consorzio di enti di ricerca coordinati dall’International Institute for Applied Systems Analysis.
⚠ La battaglia contro i falsi carburanti verdi continua! ⚠
Abbiamo segnalato all'Antitrust la campagna pubblicitaria del biodiesel di @eni diesel+ “-4% di consumi e -40% di emissioni gassose” per pubblicità ingannevole‼Leggi qui 👉 https://t.co/yZGPyim7Pv pic.twitter.com/NwevZudArv— Legambiente Onlus (@Legambiente) March 7, 2019
Già, produrre “bio fuels” deforestando il pianeta non è sostenibile. Proprio nei mesi scorsi, la stessa Commissione è corsa ai ripari con la modifica dei criteri di sostenibilità dei biocarburanti di prima generazione nella Direttiva Rinnovabili. Tanto che l’olio di palma, ad alto impatto ambientale e climatico, non potrà essere conteggiato per raggiungere gli obiettivi UE sulle fonti rinnovabili. Con un congelamento della produzione degli Stati membri, ai livelli del 2019, per il periodo 2021-2023, fino a un volontario abbandono a partire dal 2021 e la completa messa fuori produzione entro il 2030.
IPCC: nessun dato certo su riforestazione dopo coltivazione palma da olio
Nei primi giorni d’agosto, anche gli esperti dell’ultimissimo rapporto IPCC, centrato sulla relazione tra climate change e degrado del suolo, hanno confermato le denunce degli ambientalisti. Da una parte, dicono gli esperti, è certo l’impatto sulle emissioni globali di carbonio, salite fino al 9% per la deforestazione indiscriminata frutto delle coltivazioni per olio di palma. Dall’altra, invece, non ci sono ancora dati certi sulla riduzione delle emissioni sulle coltivazioni certificate e sui tentativi di riforestazione.
🌍 #IPCC Special Report on #ClimateChange and Land:
Land is where we live.
Land is under growing human pressure.
Land is a part of the solution.
But land can’t do it all. #SRCCL press release ➡️ https://t.co/yvthAXgk7V
SPM ➡️ https://t.co/kIjgQJt7hP pic.twitter.com/anNvDMrpJi— IPCC (@IPCC_CH) August 9, 2019
«Di sicuro la distruzione della foresta tropicale prosegue, l’aumento conseguente delle emissioni di CO2 pure. Quanto poi i pur lodevoli sistemi di certificazione abbiano arginato distruzione e inquinamento, ancora non si sa» sottolinea Andrea Poggio. «Anche per questo prosegue la nostra battaglia per chiedere di interrompere i sussidi al governo italiano. Legambiente non molla, questa estate Goletta Verde è stata a Gela dove l’ENI continua a produrre biodiesel da palm oil».
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Da ENI solo le briciole per gli investimenti in rinnovabili
Secondo l’analisi di Legambiente, se è vero che nel piano industriale 2018-2021 Eni prevede investimenti nelle fonti rinnovabili per 1,2 miliardi di euro, a fronte di ricavi complessivi di 75.822 milioni di euro al 2018, in Italia nel 2018 ha investito solo 143 milioni di euro per investimenti tecnici in sviluppo di progetti rinnovabili, economia circolare e digitalizzazione. Tra queste, la riconversione e l’ampliamento delle due bio-raffinerie a Porto Marghera e a Gela. Che prevedono però, ancora, almeno parzialmente, produzione di biodiesel, con olio di palma, seppure certificato.
Blitz di Goletta Verde a Gela @Legambiente per dire che non capiamo xchè pagare di più il biodiesel con #palmoil x ammazzare oranghi e inquinare di più. Siamo per rinnovabili vere italiane e mobilità elettrica! https://t.co/w0HfMe3Lcg
— Vivi con stile (@Vivi_con_stile) July 23, 2019
Proprio a Gela, grazie all’intervento del Ministero dell’Ambiente, segnala Andrea Poggio, è stata modificata in corso d’opera, la Valutazione di Impatto Ambientale del nuovo impianto. Presentata da ENI a gennaio di quest’anno, dopo le modifiche al progetto, prevede di mantenere la potenzialità di trattamento di 750mila tonnellate di olio di palma e derivati (PFAD). Ma incrementa a 400mila totali sia i grassi animali che gli olii da cucina esausti (UCO).
Eliminare produzione biocarburanti da olio di palma entro il 2021
Legambiente chiede al governo italiano di eliminare dai biocarburanti l’olio di palma dal 2021 per due buone ragioni. La prima è favorire biocarburanti “avanzati” da rifiuti o di scarti agroalimentari italiani, favorendo così l’agricoltura nazionale. Per esempio? Oltre agli olii di frittura esausti, il biometano da rifiuti organici e scarti agroalimentari oppure bioetanolo da frazioni cellulosiche residue.
Industrial production of #palmoil is destroying tropical forests, animal habitats and the #environment.
After years of Greens/EFA fighting, the EU declared palm oil is not a sustainable #biofuel and the European Commission published today a law that will reduce #PalmOil 💪 pic.twitter.com/gMPBBO0e59
— Greens/EFA in the EU Parliament 🌍 (@GreensEFA) May 21, 2019
Anche per questa ragione Legambiente ha chiesto la modifica dell’attuale versione del Piano Energia Clima proposto dal governo, che continua a prevedere l’uso di biocarburanti non “avanzati” sino al 2030.
ENI segnalata all’Autitrust per pratica commerciale ingannevole
Nei mesi scorsi inoltre ha inviato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, insieme al Movimento difesa del cittadino e Transport & Environment, una segnalazione per “pratica commerciale ingannevole”, il cui iter di istruzione è in corso. L’accusa è che la campagna pubblicitaria del biodiesel ENI diesel+ “-4% di consumi e -40% di emissioni gassose”, non sia stata supportata da prove o pubblicazioni tecniche e scientifiche sufficienti.
Stop abusing land, @IPCC_CH scientists warn#biofuels #PalmOil #Soy
We say: #NotInMyTank
https://t.co/GkbipLC9gp— Transport & Environment (@transenv) August 6, 2019
Oggi il consumatore paga di più il gasolio con olio di palma e produce più inquinamento (CO2) sia in Italia che nel mondo. Senza saperlo e senza possibilità di scegliere prodotti alternativi.