Contro l’economia che fa male alla Terra serve lo sforzo dei veri cristiani
Per limitare i danni da climate change, i credenti giocano un ruolo fondamentale: a partire dalla scelta di disinvestire dai settori economici nemici della Terra
Sono passati tre anni dalla storica firma dell’accordo di Parigi, e il panel intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (IPCC) torna a rilanciare quasi con un senso di disperazione l’obiettivo di fermare l’innalzamento della temperatura a un grado e mezzo. Un obiettivo sempre più urgente, per rallentare la folle corsa verso il riscaldamento del pianeta, la più grave degli ultimi 15 milioni di anni. Mantenere l’aumento a 1,5 gradi, anziché a 2°C o più, aiuterebbe a ridurre gli sconvolgimenti che si profilano, sempre più ravvicinati, all’orizzonte. Non abbiamo scelta: occorre dimezzare le emissioni globali di Co2 entro il 2030, altrimenti sarebbe troppo tardi.
Riscaldamento globale, l’allarme IPCC: tra +1,5 e 2°C di aumento c’è un abisso…
Sovranismo anti-ambientalista
È un feroce paradosso della storia la schizofrenia politica di una comunità internazionale che lancia ovunque guerre e politiche nel nome della sicurezza, salvo trascurare i segnali che la Terra, sulla soglia della catastrofe, rimanda come un ultimatum.
Le emissioni di Co2 risalgono invece di diminuire e i rappresentanti delle nazioni, come il neoeletto presidente Jair Bolsonaro in Brasile, rivendicano forme raggelanti di sovranismo anti-ambientalista, annunciando la volontà di uscire dall’Accordo di Parigi e di abolire «gli eccessivi controlli» nelle aree delle foreste amazzoniche. Così il Brasile, sotto la guida neoconservatrice di marca trumpiana del nuovo presidente, è destinato a diventare l’ennesimo ostacolo sulla via alla de-carbonizzazione dell’economia globale.
Ripensare il rapporto tra umanità e Storia
Il fatto che l’attività umana sviluppatasi nel corso di un secolo o poco più possa trasformare irreversibilmente il clima globale induce a ripensare il posto dell’umanità nell’arco della storia. Come scrive il filosofo australiano Clive Hamilton, «prima pensavamo il dramma umano come un evento che si svolgeva su un palcoscenico inerte e passivo detto “Terra”. Ma ora ci stiamo svegliando, e comprendendo il fatto che la Terra è entrata in questa recita come forza imprevedibile e potente. In effetti, sembra ora che essa stia scrivendo il testo degli ultimi atti del dramma».
Il messaggio di urgenza alla conversione ecologica, di ripensamento totale del paradigma economico neoliberista, è la sollecitazione più incalzante che proviene dalla enciclica Laudato Si di Papa Francesco, nel giugno del 2015.
Lo spartiacque di Papa Francesco
Una sollecitazione a favore della giustizia climatica rivolta agli 1,2 miliardi di cattolici nel mondo, ma anche e soprattutto ai decisori politici. Il documento ha scatenato molte critiche per la sua portata dirompente, ma non c’è dubbio che segni uno spartiacque sulla riflessione ecologica in senso integrale (non meramente ambientale) e un punto di non ritorno nel mondo delle fedi, di tutte le fedi, sulla sfida contemporanea della fine dell’ambiente, così come eravamo abituati a concepirlo fino a pochi anni fa.
#LaudatoSi. 4 riflessioni sull’Enciclica di Papa FrancescoIniziative di rilievo hanno preso forma, dopo la Laudato Si, sollecitando in modo decisivo parrocchie e attori della finanza. Tra le prime, in ordine di tempo e per strategica capacità di mobilitazione, occorre menzionare il Global Catholic Climate Movement nata nel gennaio 2015 a margine del viaggio di Papa Francesco nelle Filippine colpite dal super-tifone Hayan (era stato l’arcivescovo di Manila a consegnare al Papa il Documento Programmatico del movimento).
Il Global Catholic Climate Movement, la prima rete globale sulla giustizia climatica, è oggi una realtà di oltre 500 istituzioni e organizzazioni cattoliche provenienti da ogni luogo del pianeta.
Oltre a sensibilizzare e favorire l’azione pubblica dei cattolici sulla questione dei cambiamenti climatici, la rete promuove il disinvestimento da operazioni di natura finanziaria che sostengano i combustibili fossili, per gettare le basi di un’economia a impatto zero di carbonio.
Dalla spinta pionieristica del giugno 2016 a favore del disinvestimento di quattro ordini religiosi in Australia, impegnati con le leadership di altre fedi a salvaguardare la barriera corallina, si è fatta molta strada.
I disinvestimenti si espandono
La prima svolta è dell’ottobre 2017, quando una quarantina di istituzioni cattoliche annunciarono la più grande azione collettiva di disinvestimento dai combustibili fossili come mossa strategica per la cura del creato e la tutela degli ultimi, e per il reinvestimento in soluzioni di giustizia sociale e protezione degli ecosistemi.
Il 22 aprile 2018, Giornata Mondiale della Terra, importanti entità della galassia cattolica come Caritas Internationalis e alcune banche con un portafoglio finanziario di 7,5 miliardi di dollari si sono unite a questa azione di disinvestimento, secondo le linee della Laudato Si.
«Fossili, motori di ingiustizia». 35 istituzioni cattoliche disinvestono
Le adesioni proseguono: non più tardi di settembre scorso, altre 19 istituzioni, fra cui Caritas India e la Conferenza Episcopale dei vescovi di Irlanda – hanno intrapreso la stessa strada.
Cristiani e stili di vita
Ci vuole ben altro per convertire l’economia, visto che con la ripresa economica e della produzione industriale le distanze da colmare si allungano. Ma la capacità di sensibilizzazione e mobilitazione della Chiesa cattolica, accanto allo sforzo di altre fedi, può davvero fare la differenza.
La maggior parte dei cristiani si sono lasciati omologare nel passato in una adesione acritica all’individualismo consumista proposto dall’occidente. Oggi, hanno una occasione imperdibile di ritrovare una strada di redenzione, per tornare a vivere in una relazione salutare con il mondo e con Dio, a partire dal loro uso del denaro.
* L’autrice è vicepresidente Fondazione Finanza Etica