Cosa è stato deciso finora alla Cop28 di Dubai

Al quarto giorno della Cop28 è possibile tracciare un primo bilancio (oggettivamente piuttosto magro) di quanto deciso sul clima

Tutte le decisioni assunte nei primi giorni di Cop28 © Mahmoud Khaled/COP28

Al quarto giorno della Cop28 di Dubai si può già fare un primo punto sugli impegni assunti finora dai partecipanti. Dal loss and damage alle rinnovabili, dal nucleare al carbone, il filo conduttore è uno: la volontarietà. Nonostante le richieste pressanti della società civile, infatti, di impegni vincolanti per i governi non c’è traccia. Benché di fatto l’intero impianto dei negoziati climatici sotto egida Onu è, di fatto, basato sulla speranza che i singoli Paesi facciano seguire alle parole i fatti, ciò che ci si attende, dopo otto anni di riunioni, trattative e compromessi, è un cambio di marcia radicale nell’attuazione concreta dell’Accordo di Parigi. 

Ecco cosa si è deciso finora alla conferenza ospitata dagli Emirati Arabi Uniti. 

Loss and damage

Al primo giorno della Cop28 è arrivata la conferma di quanto già deciso alla Cop27 di Sharm el-Sheik. Il fondo per gli indennizzi a fronte delle perdite e dei danni patiti dai Paesi più vulnerabili della Terra a causa dei cambiamenti climatici si farà. A gestirlo sarà tuttavia la Banca Mondiale, nonostante la ferma opposizione del Sud del mondo. L’istituto è infatti “dominato” da Stati Uniti e Unione Europea. Un compromesso è stato raggiunto grazie alla creazione di un board nel quale, almeno teoricamente, le nazioni ricche saranno in minoranza. 

Resta il nodo, dirimente, di chi alimenterà tale fondo. Finora, gli impegni giunti sono nell’ordine delle decine o delle centinaia di milioni di dollari. Un conteggio effettuato dal Natural Resources Defence Council ha parlato di 650 milioni promessi ad oggi. Mentre le perdite e i danni provocati dai cambiamenti climatici sono stati valutati nelle centinaia di miliardi di dollari

Triplicare la potenza installata di impianti rinnovabili

L’impegno ha preso la forma di un documento sottoscritto da 118 nazioni. Si punta a triplicare la potenza installata di impianti che sfruttano fonti rinnovabili. Al contempo, si punta a raddoppiare il tasso annuale di miglioramento dell’efficienza energetica, passando dal 2 al 4%. 

A mancare all’appello, al solito, sono i grandi Paesi produttori e consumatori di fonti fossili, a cominciare da Russia, Iran e Cina. 

Triplicare la potenza installata di reattori nucleari

Una ventina di nazioni – tra le quali Stati Uniti, Francia, Giappone e Emirati Arabi Uniti – ha firmato una dichiarazione comune. Nel documento si lancia un appello agli altri governi affinché si adoperino per triplicare la potenza installata di impianti nucleari. 

Si tratta di un obiettivo che dovrebbe essere centrato entro il 2050, rispetto ai livelli del 2020. Ovvero tra quasi trent’anni. Ciò mentre la scienza da anni spiega che già non abbiamo più tempo e dobbiamo agire immediatamente se vogliamo ancora mantenere viva la speranza di centrare l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi. Cina e Russia non hanno firmato il documento. 

Un appello a finanziare l’uscita dal carbone

Un gruppo di Paesi – comprendente tra gli altri Francia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Malesia, Senegal, Vietnam e Indonesia  – ha lanciato un’iniziativa sul carbone. Obiettivo: accelerare l’addio alla fonte fossile più dannosa per il clima. Secondo i firmatari, uno dei principali ostacoli è rappresentato dal timore di contraccolpi economici da parte chi dipende ancora fortemente dal carbone. 

Per questo, l’idea è di mobilitare risorse finanziarie pubbliche e private per ovviare al problema. Un modo per convincere i numerosi Paesi emergenti che sfruttano fortemente il carbone. Sarebbe però il caso di cominciare a dare il buon esempio anche a casa propria: negli Stati Uniti sono ancora numerose le centrali. E Washington si è impegnata soltanto a chiudere quelle prive di sistemi di cattura della CO2 (attraverso la Power Past Coal Alliance). E Paesi europei come la Polonia producono ancora la maggior parte della loro energia grazie a tale fonte. 

Di carbone, inoltre, si parla seriamente ormai da due anni. Alla Cop26 di Glasgow, infatti, si era tentato addirittura di imporre un’uscita. Salvo poi tornare all’ultimo momento sui propri passi ed edulcorare fortemente la formula inserita nel documento finale. 

Clima e salute

Per la prima volta, un documento prende in considerazione le ricadute sanitarie dei cambiamenti climatici. Si tratta di una dichiarazione che è stata firmata da un gruppo di 120 Paesi. Nel testo, si chiede di «porre la salute al centro dell’azione climatica».

Ma si tratta di un testo oggettivamente molto poco stringente. Non c’è ad esempio alcun riferimento agli impatti sanitari legati alla combustione di fonti fossili. Benché sia noto come milioni di persone in tutto il mondo muoiano ogni anno a causa dell’esposizione a polveri sottili, ossidi di azoto o altri agenti tossici.

Si allarga il numero di Paesi presenti nel Global Methane Pledge

Gli Stati Uniti hanno annunciato l’ingresso di alcune nazioni nel Global Methane Pledge. Iniziativa alla quale hanno aderito circa 150 Paesi e che punta a ridurre le emissioni legate al metano del 30% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2020). Sul gas occorre però agire con rapidità straordinaria, poiché rispetto alla CO2 rimane molto meno a lungo nell’atmosfera ma ha un potenziale climalterante decine di volte maggiore. Se si vuole sperare di non superare la soglia degli 1,5, abbattere l’uso di metano è fondamentale. 

L’impegno (molto parziale) di 50 compagnie petrolifere

Una cinquantina di compagnie petrolifere e del gas ha firmato un impegno a “decarbonizzare” le proprie attività. Purtroppo, però, l’impegno riguarda solamente le operazioni di estrazione e produzione, che rappresentano una quota minima del totale. La maggior parte delle emissioni legate a petrolio e gas dipendono infatti dalla loro combustione. 

Inoltre, il piano prevede un impegno al 2050. Il che lascia intendere come nei piani delle compagnie ci sia il mantenimento dell’estrazione e della produzione di idrocarburi fino quella data. In totale contrasto con quanto richiesto dalla comunità scientifica, dalle Nazioni Unite e dalla società civile. 

Sull’agricoltura una mera dichiarazione di intenti 

Un gruppo di 130 nazioni ha accettato di introdurre piani d’azione nel settore agricolo e degli allevamenti. Si tratta però di una dichiarazione che è stata fortemente criticata. Poiché appare come un elenco di intenti privo di qualunque obiettivo concreto. Né viene menzionata in alcun modo la necessità di modificare le diete al fine di diminuire il consumo di carne. 

Gli Emirati Arabi Uniti lanciano un nuovo fondo per il clima

La presidenza emiratina della Cop28 ha lanciato un nuovo fondo per il clima, che dovrebbe essere dotato di 30 miliardi di dollari. Capitali provenienti dal settore privato e che dovrebbero finire a favore dell’azione climatica. L’iniziativa prevede la collaborazione del più grande fondo d’investimenti del mondo, BlackRock (che di asset in gestione ne ha per più 9mila miliardi). 

La speranza è di mobilitare di qui al 2030 un totale di 250 miliardi.