Cop30, governi distanti: il Brasile tenta la strada dei colloqui informali
Terzo giorno alla Cop30: distanze enormi tra i governi, e qualcuno vuole perfino eliminare l’obiettivo di 1,5 gradi
Proseguono i negoziati nel corso della prima settimana alla Cop30 di Belém. Nella giornata di mercoledì 12 novembre, in particolare, tre ore di discussione sono state dedicate alla transizione giusta. E numerose sessioni alla questione della finanza climatica. Tuttavia, le trattative sulla mitigazione, sul Global stocktake e sulle promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (le Nationally determined contribuitions, Ndc) hanno mostrato ancora profonde divergenze tra i governi.
Colloqui informali “costruttivi” alla Cop30, ma serve altro tempo
Nel pomeriggio, il presidente della Cop30 André Correa do Lago e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) hanno informato i delegati sui colloqui informali tenuti dalla stessa presidenza nei giorni scorsi sui temi che erano stati accantonati finora dall’ordine del giorno della conferenza. Ovvero in particolare mitigazione, finanzia climatica, commercio, rapporti biennali di trasparenza. Correa do Lago ha parlato di dialogo costruttivo, ma ha indicato che sono giunte richieste di tempo, e che pertanto i colloqui informali proseguiranno.
Una nuova sessione plenaria è prevista per la giornata di sabato 15 novembre e, forse, sarà il momento in cui se ne saprà di più. A preoccupare il fatto che i macro-temi sui quali si manifestano grandi distanze siano numerosi e di capitale importanza. Intanto, però, l’assenza (almeno per ora) della necessità di triplicare i finanziamenti per l’adattamento dall’ordine del giorno ufficiale, pur con i colliqui informali in corso, si è fatta sentire. Tanto da portare anche al rallentamento dei negoziati su altre questioni.
America Latina e nazioni insulari chiedono di lavorare sulla mitigazione
Nel frattempo, concretamente, l’Alleanza indipendente dell’America Latina e dei Caraibi (Ailac) ha chiesto che uno spazio sia dedicato specificatamente all’esame del rapporto di sintesi sulle Ndc. Ovvero a quanto le promesse avanzate dai governi sul clima siano lontane dal percorso che occorre seguire per rimanere allineati agli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Che, lo ricordiamo, sono di limitare il riscaldamento globale a 2 gradi centigradi, rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi.
Lo stesso gruppo ha chiesto anche di rendere operativo il Nuovo obiettivo quantificato collettivo (New collective quantified goal, Ncqg, adottato alla Cop29). Ciò al fine di stanziare finalmente i capitali necessari per far fronte a mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento agli stessi e risarcimento delle perdite e dei danni (loss and damage) patiti dalle nazioni più colpite, ma meno responsabili del riscaldamento globale. Altrimenti detto, i flussi finanziari che dal Nord ricco devono andare a finanziare la transizione nel Sud globale. In questo senso l’alleanza ha ricordato il parere della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi in capo agli Stati in materia di cooperazione.
Similmente, il Gruppo africano ha proposto un programma di lavoro sull’articolo 9.1 dell’Accordo di Parigi, che recita: «I Paesi sviluppati rendono disponibili risorse finanziarie per assistere i Paesi in via di sviluppo sia per la mitigazione che per l’adattamento». Il gruppo dei Paesi in via di sviluppo che condividono gli stessi obiettivi (i governi “Lmdc”) hanno suggerito in proposito un programma di lavoro triennale che possa portare a un’azione climatica rafforzata.
Paesi arabi e India chiedono che non si menzionino le parole “1,5 gradi”
Discussioni sono state effettuate sul Fondo per l’adattamento. I Paesi in via di sviluppo hanno espresso le loro preoccupazioni sul fatto che le risorse sono ancora limitate. E hanno esortato le nazioni ricche a rimboccarsi le maniche. Una “risposta” in qualche modo chiara è arrivata però dalla Svizzera, che ha sottolineato «l’importanza di diversificare le fonti di finanziamento». Come dire: non chiedete solo agli Stati.
Intanto, analizzando i primi documenti che trapelano dai negoziati, sembra che ci siano ancora discussioni dietro le quinte sull’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi di qui alla fine del secolo, facendo riferimento all’ultimo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Pare che l’Alleanza delle piccole nazioni insulari (Aosis) e il gruppo Ailac abbiano chiesto esplicitamente che l’obiettivo sia menzionato. Ma il Gruppo arabo e l’India hanno manifestato la loro opposizione a inserire riferimenti a tale target nei risultati della Cop30. Non stupisce a questo punto che la prima informal note che è stata pubblicata ieri dall’organismo sussidiario di consiglio scientifico e tecnologico (Sbsta) non menzioni le parole “1,5 gradi”…
Sulla giornata hanno pesato le proteste della sera precedente di fronte alla sede della Cop30
Il gruppo Aosis ha anche chiesto di garantire che i risultati del Programma di lavoro sull’adattamento siano realizzabili, equi e adattati alle necessità dei Paesi più vulnerabili di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici. Colloqui informali si sono tenuti anche sulla questione delle emissioni provenienti dal trasporto aereo e da quello marittimo.
Mentre nelle stanze della Cop30 si continua a discutere, sulla giornata hanno pesato le vibranti proteste organizzate fuori dalla sede della conferenza. Un gruppo di manifestanti è entrato nella Blue zone. Ovvero quella nella quale si effettuano i negoziati e che è accessibile soltanto a delegati e giornalisti accreditati presso le Nazioni Unite.




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