Quali sono i costi ambientali e sociali del sistema alimentare
Inquinamento, crisi climatica, povertà, impatti sulla salute. Uno studio francese quantifica i costi del sistema alimentare per le casse pubbliche
Cibi troppo grassi, troppo zuccherati, iper-processati, prodotti con uno insensato di pesticidi. Sappiamo con certezza che un’alimentazione non equilibrata può causare gravi problemi di salute. A ciò si aggiunge il fatto che spesso le produzioni di cibo implicano un impatto ambientale e climatico gigantesco. Qual è dunque il costo economico che gli Stati sono costretti a sopportare per riparare i danni delle strutture del nostro sistema agricolo e alimentare? Un risposta è stata fornita da uno studio francese, curato da quattro associazioni: Secours catholique, Civam, Solidarités Paysans e Fédération française des diabétiques.
I risultati dell’analisi sono allarmanti: secondo il rapporto, «la nostra alimentazione implica costi annuali per le casse pubbliche, in termini di riparazioni e compensazioni, pari a 19 miliardi di euro». Di tale cifra, 12,3 miliardi sono imputabili ai costi che la Francia deve affrontare per spese sanitarie «dovute alla cattiva alimentazioni, in particolare per quanto riguarda obesità e diabete», oltreché per «malattie professionali legate all’uso di pesticidi».
Si tratta di una nazione le cui abitudini alimentari differiscono di certo, almeno in parte, da quelle italiane. Ma che comunque rappresenta un buon punto di riferimento, poiché buona parte delle considerazioni può essere senza difficoltà estesa anche ad altri Paesi europei. A partire dai costi ecologici, che nel rapporto sono calcolati in 3,4 miliardi di euro all’anno, necessari per «porre rimedio all’insieme dei danni provocati dal sistema alimentare», in termini di impatto climatico, di gestione dei rifiuti e di inquinamento prodotto, a partire dalle risorse idriche.
Le «conseguenze sociali» della produzione e consumo di cibo
La stessa cifra, 3,4 miliardi, è infine sborsata a causa delle «conseguenze sociali» della produzione e consumo di cibo, in particolare per via della necessità di garantire un sostegno (peraltro insufficiente) agli agricoltori. Questi ultimi, infatti, sono vittime di un meccanismo che prevede spessissimo remunerazioni ridicole, a fronte di ricavi giganteschi centrati dalle multinazionali che sempre più controllano le produzioni agricole, la distribuzione e i passaggi intermedi.
Un quadro complessivo che assomiglia molto ad una follia. Tanto più che il rapporto prende in considerazione unicamente le “spese vive”. Non, ad esempio, la quantificazione in termini economici degli anni di speranza di vita persi, né le perdite legate al crollo della biodiversità. Ciò significa che i 19 miliardi di euro all’anno indicati «coprono soltanto una piccola parte dei costi sopportati dalla società». E in ogni caso la cifra è già così «quasi il doppio di quanto stanziato dalla Francia per la pianificazione ecologica per l’anno 2024».
A ciò si aggiunge il fatto che il sistema agricolo e alimentare attuale è invece fortemente foraggiato dai poteri pubblici di tutti gli Stati europei. Nel caso francese, il sostegno pubblico complessivo è pari a 48,3 miliardi di euro all’anno. Di tale cifra, circa, l’80% va nelle casse di chi produce cibo in modo insostenibile, «basandosi su una logica di corsa ai volumi, di standardizzazione delle materie prime agricole e di pressione sulle remunerazioni degli agricoltori».
La Pac, la Politica agricola comune dell’Unione europea, si comporta in modo identico. I poteri pubblici, insomma, rappresentano dei finanziatori fondamentali di un sistema che impone costi giganteschi, mina la nostra salute, sfrutta in modo insensato le risorse naturali e alimenta la catastrofe climatica.