Cosa c’entrano le criptovalute con Hamas (e la Russia) 

Hamas raccoglie fondi in criptovalute. Così come i terroristi russi. Gli Usa promettono un giro di vite sulle monete digitali

Binance, Coinbase e altre piattaforme di exchange sono accusate di poca trasparenza © Behnam Norouzi/Unsplash

L’attacco fulmineo di Hamas su Israele ha sollevato una domanda: come ha fatto il gruppo estremista a finanziare l’operazione a sorpresa? Il Wall Street Journal (Wsj) ha fornito una risposta: oltre ai finanziamenti derivanti da Iran e Paesi alleati dei fondamentalisti islamici, una buona parte dei fondi è arrivata ad Hamas grazie alle criptovalute. Le stesse che sono state utilizzate dai gruppi di terroristi informatici russi per aggirare le sanzioni dell’Occidente in seguito all’invasione dell’Ucraina

Hamas e i movimenti estremisti hanno finanziato le proprie attività approfittando della poca trasparenza delle valute digitali © Tarciso/Flickr

Il legame tra criptovalute e Hamas

Nel 2022, tre gruppi militanti – Hamas, Jihad islamica palestinese e il loro alleato libanese Hezbollah – hanno ricevuto grandi quantità di fondi tramite criptovalute. Tutti e tre i gruppi sono iscritti nei registri delle organizzazioni terroristiche dal governo degli Stati Uniti e dunque sono soggetti a sanzioni da parte del dipartimento del Tesoro, cosa che limita il loro accesso al sistema bancario internazionale. Chiunque sia sorpreso a effettuare transazioni con tali entità rischia di essere perseguito penalmente.

Il portafogli di valuta digitale che le autorità israeliane hanno collegato alla Jihad palestinese consiste in 93 milioni di dollari in criptovalute raccolti tra agosto 2021 e giugno di 2022. Lo dimostra l’analisi del principale ricercatore di criptovalute Elliptic. Secondo una ricerca condotta da un’altra società di analisi crittografica, BitOK con sede a Tel Aviv e citata dal Wsj, i portafogli collegati ad Hamas hanno ricevuto circa 41 milioni di dollari più o meno nello stesso periodo.

In realtà, spiega la testata americana, ancora non è stato possibile determinare se le criptovalute ricevute siano state utilizzate direttamente per finanziare l’assalto di sabato 7 ottobre. Non è stato possibile nemmeno determinare la quantità di criptovalute che le autorità israeliane hanno sequestrato dai portafogli. Ma è significativo il fatto che, in un’ordinanza contro la Jihad palestinese, l’Ufficio nazionale israeliano per il finanziamento antiterrorismo abbia chiesto il sequestro di qualsiasi criptovaluta detenuta su 67 conti presso Binance, il più grande sistema di scambio al mondo.

Inoltre, Hamas ha cercato pubblicamente di raccogliere fondi in criptovalute almeno dal 2019. All’epoca le Brigate al-Qassam, il braccio armato dell’organizzazione, hanno chiesto ai sostenitori su Telegram di donare Bitcoin. Indicando l’indirizzo di un portafoglio che poi ha effettivamente ricevuto l’equivalente di circa 30mila dollari quell’anno. Per le transazioni il gruppo ha utilizzato principalmente il Tether, anche noto come Stablecoin. Essendo ancorato al dollaro statunitense, evita la volatilità che caratterizza altri token. 

In Russia si usa Garantex per aggirare le sanzioni

Le criptovalute permettono a qualunque organizzazione di aggirare le banche trasferendo istantaneamente token tra portafogli digitali, che normalmente conservano uno scambio di criptovalute. Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, in un rapporto dello scorso anno, ha affermato che le lacune nei controlli sulla criminalità finanziaria in tali scambi di criptovalute possono consentire ai gruppi terroristici di abusarne. Sottolineando come anche lo Stato Islamico e al Qaeda abbiano entrambi ricevuto donazioni in criptovalute. Così come hanno fatto (e continuano a fare) i gruppi terroristici informatici russi dopo le sanzioni imposte per l’invasione dell’Ucraina. 

Lanciato nel 2019, Garantex è di gran lunga il più popolare exchange di criptovalute in Russia per il trading di rubli. I clienti depositano rubli in contanti presso gli uffici di Garantex per ricevere criptovalute, principalmente sotto forma di Stablecoin. Questi possono poi essere ritirati come valuta tradizionale all’estero da una rete di partner locali, con poche registrazioni tracciabili. Secondo gli analisti di Coinpaprika, a luglio le transazioni dei clienti russi sulla piattaforma sono ammontate a circa 865 milioni di dollari. Più del triplo di quanto elaborato all’inizio dell’invasione ucraina, che corrisponde all’avvio delle sanzioni.

Nonostante la sua presenza nella lista nera degli Stati Uniti, che limita le transazioni con entità sanzionate, Garantex è diventato un canale importante attraverso il quale i russi spostano fondi dentro e fuori il Paese. È stato anche un veicolo con cui i criminali informatici russi hanno riciclato i loro guadagni, dice il Wall Street Journal. Garantex è anche lo stesso portafoglio utilizzato da Hamas per raccogliere 93 milioni di dollari in criptovalute. 

La Sec vuole un giro di vite sulle criptovalute

Le autorità statunitensi hanno impresso un durissimo giro di vite al settore delle criptovalute. Il 5 giugno la Securities and Exchange Commission (Sec, l’autorità di controllo della borsa statunitense) ha avviato un’indagine su Binance, la più grande Borsa di criptovalute del mondo. Accusandola di aver usato impropriamente i fondi depositati dai clienti e di aver mentito alle autorità e agli investitori. La Sec ha chiesto a un tribunale federale di congelare temporaneamente il patrimonio della filiale statunitense di Binance. Dopodiché, il 6 giugno, ha messo sotto inchiesta anche Coinbase, la principale Borsa di criptovalute statunitense. Sostenendo che violi la legge, perché non è registrata come intermediario finanziario.

Queste inchieste rientrano nel tentativo di Washington di mettere sotto controllo le criptovalute, imponendo al settore il rispetto delle regole previste per gli operatori finanziari tradizionali ed eliminando dirigenti e aziende considerati nocivi. Il capo della Sec ha dichiarato: «Non abbiamo bisogno di altre monete digitali. Le abbiamo già. Ci sono il dollaro, lo yen o l’euro, che sono già digitali». 

L’era delle operazioni opache con le criptovalute sta per finire?

Anche in altre parti del mondo si stanno intraprendendo azioni per mitigare i potenziali pericoli finanziari derivanti dall’uso delle criptovalute. Nel mese di maggio, i leader del G7 hanno unito le loro voci in una dichiarazione congiunta che sollecita un maggiore controllo regolamentare e sorveglianza all’interno del settore delle criptovalute. Nello stesso periodo, secondo quanto riportato da Bloomberg, Binance ha dovuto sospendere le sue operazioni in Canada a causa dell’implementazione di nuove normative. La sua filiale in Australia ha perso l’accesso ai fondi dei clienti, i quali erano stati bloccati in seguito a una serie di controversie.

«Si vedono già i primi risultati dell’offensiva delle autorità: i soldi investiti nelle criptovalute cominciano a diminuire e molti si chiedono che ne sarà di questa tecnologia, che nelle speranze dei suoi sostenitori era destinata a rivoluzionare il mondo della finanza, saltando gli operatori tradizionali grazie a un sistema completamente decentralizzato». Lo ha spiegato il giornalista economico Alessandro Lubello nella newsletter “Economica” di Internazionale, a commento delle inchieste sulle blockchain. «Di certo l’era dominata da aziende come Binance e Ftx, caratterizzata da operazioni opache e illegali, sta per finire. Il tempo dirà se le criptovalute sono state una meteora o se la tecnologia su cui si basano rifiorirà dando vita a nuove aziende e servizi finanziari».