Crisi, ma non per tutti: volano i dividendi delle grandi aziende
L'aumento dei costi e la disoccupazione mettono a dura prova le famiglie italiane e non solo. Ma c'è chi festeggia con i dividendi
L’economia mondiale è in crisi, i dividendi no. Il ciclo d’ottimismo e di crescita iniziato nel secolo scorso si è interrotto con il crollo del 2008 e mai davvero ripreso. Ora è la combo di instabilità geopolitica ed effetti a lungo termine della pandemia a spaventare. Le conseguenze di tutto ciò sono percepite anche alle nostre latitudini. L’aumento dei prezzi dei beni di consumo, non accompagnato dalla crescita dei salari, sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Non tutti però sono danneggiati allo stesso modo. C’è chi, al contrario, vede nell’attuale congiuntura economica una ricca opportunità. È il caso, appunto, degli azionisti di molte delle più grandi aziende quotate nelle Borse di tutto il mondo, che nel terzo trimestre del 2022 hanno staccato dividendi da record.
Il grande balzo in avanti dei dividendi
Secondo Confesercenti la capacità di reperire beni e servizi si contrarrà in media di 470 euro a nucleo familiare nella seconda metà del 2022. Dati che preoccupano le fasce più deboli della popolazione. Cinque milioni e mezzo i poveri in Italia, secondo l’ultima rilevazione Istat. E questo per quanto riguarda un Paese del G7 come il nostro. Ma il cattivo andamento dell’economia globale minaccia soprattutto il cosiddetto Sud globale – a spanne Africa, America Latina e grossi pezzi dell’Asia.
I dati li certifica lo Janus Henderson Global Dividend Index, che ogni anno monitora l’entità dei dividendi delle 1.200 società a maggiore capitalizzazione del pianeta. Nel terzo trimestre del 2022 il 90% di questi gruppi ha aumentato o mantenuto stabile l’entità degli assegni staccati ai propri azionisti. Una crescita del 7% rispetto a quanto accaduto nello stesso periodo del 2021, e un record per il terzo trimestre in generale.
Sono molti i settori in cui i dividendi si sono gonfiati nel bel mezzo della crisi: spedizioni, semiconduttori, finanza, industria chimica. Ma a trainare questo boom sono le aziende dell’oil&gas – specie quelle che commerciano petrolio. L’aumento dei prezzi della materia prima, una delle cause di sofferenza dell’economia globale, ha rappresentato una benedizione per chi estrae e vende oro nero.
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Non soltanto, si legge nel rapporto, l’aumento dei dividendi legati al petrolio ha compensato da solo il crollo di quelli relativi ad un settore in sofferenza, il comparto minerario. Ma l’entità complessiva dei dividendi stessi sarebbe rimasta comunque invariata rispetto al terzo settore del 2021, se si esclude appunto gas e petrolio.
Una dinamica globale, ma non uniforme
La crescita raccontata dal Janus Henderson Global Dividend Index riflette trend globali, ma non è uniforme. Stati Uniti, Brasile, Taiwan e Hong Kong guidano gli aumenti, mentre Unione Europea e Cina inseguono.
In USA la crescita è del 6,7%, col forte traino del settore finanziario. in Asia sono le piazze di Hong Kong e Taiwan a segnare numeri da record – con la seconda avvantaggiata dal mercato dei semiconduttori. Nei Paesi emergenti fa il balzo l’industria petrolifera. Petrobras, l’azienda estrattiva di Stato brasiliana, segna uno degli aumenti maggiori.
Anche la Cina cresce, trainata da banche e aziende fossili – in primis carbonifere. Ma ha risentito dei tagli operati da un terzo delle aziende rilevate, e si appresta ad affrontare ulteriori cali nel settore immobiliare.
L’Europa è un caso a parte. Molte aziende pagano i dividendi maggiori nel secondo trimestre, e questo comporta una performance peggiore in questa classifica. In ogni caso il 96% delle società analizzate dal report ha mantenuto stabili o aumentato i dividendi. L’unico calo significativo è della spagnola Endesa, benché operi nel settore energetico. Ma compensa la francese Veolia, fresca di acquisizione della storica azienda Suez. Grande danneggiata dal calo dei prezzi del settore minerario è invece l’Australia.
E l’italia?
L’Italia si accoda all’Europa. La crescita dei dividendi c’è, ma meno vistosa che altrove. Anche da noi guidano le grandi dell’energia, in primis Eni ed Enel.
Gli assegni staccati agli azionisti delle due enormi partecipate statali hanno conseguenze anche politiche. In campagna elettorale molte forze politiche hanno sollevato il tema degli extraprofitti. Si tratta dei guadagni extra accumulati dalle corporation dell’energia, anche grazie alla speculazione sui mercati.
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Nonostante i tentativi del precedente governo di introdurre una – peraltro timida – tassa su questi extraprofitti, molto poco si è mosso. Addirittura Eni ha fatto ricorso contro i prelievi voluti dall’esecutivo. Una situazione curiosa. Il principale azionista del cane a sei zampe è il ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo stesso che ha scritto la norma contro la quale Eni ha presentato appello.
Il paradosso delle crisi
La crisi energetica, insomma, ha trainato l’ennesima crescita dei dividendi. Ma la cosa non deve stupire. È una dinamica frequente, già vista con la pandemia. Congiunture economiche critiche per la gran parte della popolazione si rivelano momenti fortunati per specifici settori e gruppi sociali.
Molto si è detto negli ultimi mesi sulla difficoltà di reperire le risorse per far fronte alla crisi sociale che l’Italia e l’Europa stanno affrontando. L’aumento dei costi, sopratutto energetici, e la disoccupazione stabilmente alta stanno mettendo a dura prova ampie fasce della popolazione. Un intervento sui ricchi dividendi delle grandi aziende può essere parte della soluzione?