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Di debiti e di soldi

C'è grossa crisi, la rubrica di Andrea Baranes che vi spiega perché dovete interessarvi di finanza. Prima che la finanza si interessi di voi

Il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) ha presentato nei giorni scorsi il suo rapporto “Cortocircuito, come la spirale del debito impoverisce il tessuto sociale”. Uno spaccato inquietante su una società che scivola sempre più nella spirale del debito. Non quello contratto tramite i tradizionali canali bancari, per l’acquisto della casa o l’avvio di un’attività imprenditoriale. Si tratta, al contrario, di quello a cui ricorrono sempre più famiglie e imprese proprio perché non riescono a ottenere una risposta dalle banche.

Tra le 270.000 e le 300.000 persone ogni anno si rivolgono ai banchi dei pegni per un giro d’affari di 800 milioni di euro. Banchi dei pegni, come ricorda il rapporto, spesso di proprietà di grandi gruppi bancari, magari gli stessi dove quelle persone non riescono ad avere accesso al credito e finiscono quindi ad impegnare i propri gioielli per fare fronte a qualche emergenza. Si passa poi ai Compro oro, onnipresenti sul territorio nazionale. Si era arrivati a fine 2019 a quasi 30.000 licenze per attività, è bene ricordarlo, oggetto di numerose inchieste per riciclaggio. Anche l’usura è purtroppo in crescita nel nostro Paese. Un rapporto di alcuni anni fa stimava un giro d’affari di 24 miliardi di euro che coinvolgeva circa 200.000 persone, piccoli imprenditori e altri professionisti.

Un quadro che sembrerebbe dipingere una situazione di mancanza di soldi. Ed è qui probabilmente il principale e più inaccettabile paradosso. Anche in risposta alla pandemia, le banche centrali hanno immesso una montagna di liquidità. Le Borse sono ai massimi storici. Ci sono talmente tanti soldi in giro che gli investitori non sanno più dove metterli, e sono costretti ad accettare tassi di interesse negativi pur di parcheggiarli da qualche parte. È  sufficiente guardare le ultime aste sui BOT del governo italiano. Aste che si concludono sempre con una richiesta di titoli notevolmente superiore all’offerta anche se i tassi sono ampiamente sotto zero, mediamente intorno allo -0,4% nel 2021.

Come spiegare un paradosso di mancanza di soldi ed eccesso di soldi nello stesso momento e nello stesso Paese? Un primo problema è legato alle crescenti disuguaglianze. Tra chi non ha nulla, da un lato, ed è escluso dall’accesso al credito e dai servizi finanziari e, dall’altro, ricchezze crescenti che cercano sbocchi di investimento.

Un problema che si lega, però, a una seconda questione: una finanza che non riesce ad assolvere al proprio scopo sociale, ovvero quello di allocare le risorse dove servono. Una finanza ipertrofica e autoreferenziale sempre più lontana dall’economia di cui dovrebbe essere al servizio. Se possibile la situazione viene ulteriormente peggiorata dall’approccio normativo degli ultimi anni, con controlli sempre più stringenti sull’attività creditizia delle banche, a fronte di capitali liberi di lanciarsi in attività speculative. Anche senza arrivare agli estremi della finanza-casinò, per le banche oggi appare più semplice e meno rischioso investire in titoli finanziari che non erogare crediti, soprattutto ai soggetti più deboli.

Il risultato di un sistema finanziario inefficace e di una regolamentazione miope è quanto emerge dal rapporto Cortocircuito: una crescente esclusione finanziaria e un impoverimento diffuso, in un momento di eccesso di liquidità sui mercati.