Emilia Romagna contro le banche armate: «Mai più nostri partner»
Approvato dall'assemblea legislativa un ordine del giorno che impegna a introdurre "meccanismi premiali" che privilegino l'uso di banche che non commerciano in armi
«Individuare nei processi di assegnazione dei propri servizi contabili, gestionali o di tesoreria, nonché di selezione delle partnership con istituti di credito e operatori finanziari, meccanismi premiali che valorizzino la mancata presenza nei mercati e nelle transazioni relative a materiale bellico nei confronti di Paesi terzi rispetto alla Ue». In pratica: porte chiuse (o quasi) alle banche armate. La buona notizia per chi critica i finanziamenti del settore bancario in favore dell’industria bellica arriva dall’Emilia Romagna. Il consiglio regionale ha infatti approvato oggi un ordine del giorno che potrebbe cambiare il rapporto tra gli organismi dell’ente regionale e il mondo bancario.
Una maggioranza trasversale contro le banche armate
Ad approvarlo un’ampia maggioranza dell’assemblea. Su proposta di 5 consiglieri di diversi partiti (Partito democratico, Sinistra italiana, Movimento 5 Stelle e la consigliera del gruppo misto, Silvia Prodi).
«Il ruolo delle pubbliche amministazioni è particolarmente importante. E si manifesta sia in soluzioni strategiche e atti di indirizzo sia in scelte gestionali», spiegano i promotori nell’ordine del giorno. «Le pubbliche amministrazioni possono inoltre orientare il proprio ruolo come utilizzatore diretto di servizi finanziari. Per esempio adottando soluzioni rivolte a premiare comportamenti virtuosi del sistema bancario». Come? «Valorizzando ad esempio l’attenzione al piccolo credito e al supporto delle imprese del territorio. E, nel contempo, l’assenza di transazioni relativo al mercato di armi e relativa componentistica».
Lobby sulle altre regioni
Nel documento approvato dall’assemblea regionale, si dà inoltre mandato ad avviare una sorta di azione di lobby. Ciò verso altri istituti interregionali «a partire dalla conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e dalla conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni». E promuovendo analoghe decisioni da parte degli enti locali interni all’Emilia Romagna.
A questo punto, rimane da capire in che modi e tempi l’OdG verrà effettivamente tradotto in decisioni vincolanti da parte degli enti coinvolti.
Nel frattempo, positive sono le reazioni del mondo associativo. Organizzazioni che da anni si impegnano per rompere il legame tra il settore bancario e quello della produzione bellica. E che hanno recentemente rivelato l’entità dei trasferimenti di armi autorizzati dal Ministero degli Esteri in favore della Turchia. Che li sta ora usando per reprimere la minoranza curda.
Campagna Banche Armate: disponibili ad aiutare l’Emilia Romagna a centrare l’obiettivo votato oggi
«L’ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale dell’Emilia Romagna rappresenta un passo positivo per promuovere la responsabilità etica nel settore finanziario da parte delle amministrazioni pubbliche», commenta Giorgio Beretta, esponente della Campagna di pressione alle “banche armate”. Promossa nel 2000 da Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia insieme a numerose associazioni del mondo pacifista. Obiettivo: incentivare il disimpegno o almeno una rigorosa e trasparente autoregolamentazione da parte degli istituti di credito nelle operazioni di finanziamento e nei servizi alla produzione e al commercio di armamenti e di armi leggere.
«In questi anni – prosegue Beretta – diversi gruppi bancari, rispondendo alle richieste della nostra campagna, hanno adottato direttive rigorose che limitano fortemente e in diversi casi vietano completamente il coinvolgimento dell’istituto di credito in operazioni di finanziamento e di sostegno alle esportazioni di sistemi militari, in particolar modo verso i paesi coinvolti in conflitti armati e i regimi autoritari e repressivi. La nostra campagna è pertanto disponibile ad offrire la propria ventennale competenza per fare in modo che la Regione Emilia Romagna si faccia capofila di queste istanze presso altre amministrazioni pubbliche».
Italia nona nell’export bellico globale (e 5° in Europa)
Secondo i dati del SIPRI (Istituto di ricerca internazionale sulla pace di Stoccolma), l’Italia si colloca attualmente nel gruppo dei primi 10 esportatori di armamenti nel mondo. Attestandosi al nono posto.
Se si considerano le esportazioni di armi complessive degli Stati membri dell’Unione europea, si nota quanto il Vecchio Continente non disdegni di far profitto per la sua industria bellica. Il 27% del totale mondiale delle armi pesanti esportate nel 2014-18 è infatti di origine comunitaria. L’Italia occupa la quinta piazza tra le nazioni che ne beneficiano di più, dietro Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. E un incremento della quota globale di export riferita al quintetto passata dal 21 al 23% a livello globale.
A peggiorare la situazione il fatto che quelle armi, sempre più spesso, vengono importati da regioni notoriamente critiche sul piano generale. Nel confronto tra i periodi 2009-13 e 2014-18 emerge infatti che le importazioni di armi pesanti da parte degli Stati del Medio Oriente è schizzata alle stelle: +87%. Un valore che porta l’area al secondo posto in classifica tra quelle destinatarie. E che, per fortuna, contrasta con quello delle importazioni complessive verso le Americhe (-36%), l’Europa (-13%), Asia e Oceania (-6,7%) e persino l’Africa (-6,5%).