End Fossil, la lotta contro il capitalismo fossile entra in università

Intervista a Unai Arratibel, militante di Ecologia Politica Network, che ha promosso la campagna End Fossil all’Università Statale di Milano

Andrea Di Turi
© End fossil/Instagram
Andrea Di Turi
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A novembre 2023 in molti atenei in Europa e in Italia ha preso corpo una nuova ondata del movimento End Fossil. La seconda, dopo quella di maggio che aveva coinvolto 75 scuole e università in 12 Paesi. La richiesta fatta alle università è sempre la stessa: porre fine ai rapporti con il business dei combustibili fossili, di gran lunga i primi responsabili della crisi climatica. «Il risultato della Cop28 è stato insufficiente, non risponde all’eco-ansia espressa da tanti movimenti giovanili riguardo alla rapidità dell’azione che sarebbe necessaria»: a dirlo è Unai Arratibel, militante di Ecologia Politica Network, che ha promosso la campagna End Fossil all’Università Statale di Milano. La rete dei collettivi di Ecologia Politica ha fatto anche parte del Comitato promotore del World Congress for Climate Justice (Wccj) svoltosi a Milano a ottobre. L’abbiamo intervistata.

Come valuta l’esperienza di Wccj?

Vista la quantità dei collettivi presenti e la ricchezza del dibattito, credo abbia centrato l’obiettivo: offrire un’occasione di incontro e scambio fra movimenti internazionali che hanno approcci differenziati all’attivismo climatico, da forme più tradizionali alla disobbedienza civile, per discutere come affrontare una nuova fase. Le basi sono state gettate, ora si tratta di lavorare per un’unione sempre maggiore.

Quali sono le specifiche richieste di End Fossil?

Alla Statale di Milano già in passato con Ecologia Politica avevamo fatto campagne contro la presenza di Eni in università, dal consiglio di amministrazione al finanziamento di corsi e progetti di ricerca (la vasta presenza di Eni in università e scuole italiane è stata oggetto di un recente rapporto di Greenpeace e ReCommon, ndr). Prendendo spunto dal manifesto di End Fossil internazionale, abbiamo ulteriormente strutturato le nostre richieste. Abbiamo inviato una lettera al Rettore, chiedendo l’interruzione dei rapporti con Eni e altre aziende delle fossili. Qualcosa abbiamo smosso ma l’unico organo universitario con cui finora si è avviato un dialogo, tra l’altro grazie soprattutto al Wccj, è stato il Green Office della Statale.

A novembre abbiamo risposto alla nuova chiamata di End Fossil internazionale, dopo quella di maggio scorso. Stavolta alla Statale non abbiamo fatto occupazioni ma abbiamo aggiunto alle precedenti la richiesta di una vera trasparenza su quanti soldi arrivano da Eni e cosa esattamente finanziano (questione affrontata da una recente pronuncia del Consiglio di Stato, ndr). Un’altra richiesta è l’inserimento di un corso sulla giustizia climatica, obbligatorio per tutti gli studenti. È un risultato che hanno ottenuto ad esempio all’Università di Barcellona, uno dei più importanti della campagna End Fossil.

Cos’è cambiato tra le azioni di maggio e quelle di novembre?

È aumentato il numero di università (circa una decina in Italia secondo End Fossil Italia, ndr) e di movimenti che si sono attivati e messi in comunicazione fra loro. Va ricordato che in Italia la prima ondata è stata appunto a maggio, con adesioni di università a Milano, Torino, Roma e Firenze, ma le prime occupazioni promosse da End Fossil a livello internazionale, a partire dal Portogallo, sono dell’autunno 2022. Poi a febbraio 2023 c’è stato l’evento internazionale di End Fossil a Berna, a cui abbiamo partecipato. 

C’è un elemento che caratterizza la vostra azione rispetto ad altre iniziative e movimenti climattivisti?

Quello di Ecologia Politica è un approccio sociale all’ecologia, che evidenzia le conseguenze pesantemente sociali della crisi climatica. La crisi climatica c’è per tutti, ma l’organizzazione sociale, le politiche sociali, i rapporti di classe attuali fanno sì che certe persone, le più povere e vittime di discriminazione razziale, oggi la subiscano più di altre. La difesa e il supporto dei più “feriti” dalla crisi climatica sono al centro del nostro approccio.

Quali sono i vostri auspici per il 2024?

Seguiremo da vicino in particolare l’andamento delle elezioni europee. Abbiamo visto che dopo l’invasione russa dell’Ucraina c’è stato un ritorno alle energie fossili. Il rischio è che, nel Parlamento europeo che uscirà dalle urne, possano prevalere aree politiche reazionarie, quasi negazioniste rispetto alla crisi climatica. Noi ci rivolgiamo a tutti, cercando di far comprendere quali azioni servano. Certamente alzare il livello del confronto, della lotta, porterà a far prendere delle posizioni. Auspichiamo il massimo coinvolgimento di chiunque voglia unirsi alla lotta ecologista.