«L’Energy Charter Treaty è incompatibile con le leggi europee»
La Corte di Giustizia europea si è espressa in modo negativo sulla compatibilità tra l’Energy Charter Treaty e il diritto comunitario
Il trattato che consente, di fatto, di aggirare la giustizia ordinaria e frenare gli Stati dall’adottare politiche ambiziose sul clima non può essere considerato applicabile. Perché incompatibile con la normativa comunitaria. Ad affermarlo è stata la Corte di giustizia dell’Unione europea, che il 2 settembre si è pronunciata in merito all’Energy Charter Treaty.
Cos’è l’Energy Charter Treaty e perché rappresenta un rischio
Si tratta di un accordo internazionale sugli investimenti – firmato nel dicembre del 1994 ed entrato in vigore nell’aprile del 1998 – che stabilisce un quadro multilaterale di cooperazione transfrontaliera nel settore dell’energia. Fu concepito con l’obiettivo di integrare la produzione energetica dell’Unione sovietica e dell’Europa dell’Est, alla fine della guerra fredda, nel mercato europeo.
Il trattato, che è stato ratificato dall’Italia alla fine degli anni Novanta, permette però alle compagnie che sfruttano le fonti fossili di chiedere risarcimenti per le perdite sugli investimenti e i potenziali profitti futuri derivanti da scelte specifiche adottate dai governi.
Un esempio è legato al colosso tedesco RWE, proprietario di centrali a carbone in patria così come nei Paesi Bassi, che ha chiesto un risarcimento gigantesco all’esecutivo di Berlino: 1,4 miliardi di euro. Ciò per la decisione di bloccare, entro il 2030, la produzione di energia elettrica basata sulla fonte fossile in assoluto più dannosa per il clima.
Dalla Corte di Giustizia europea, per ora, solo un parere
La segreteria dell’Energy Charter Treaty parla di oltre 130 azioni legali avviate presso i tribunali arbitrali, situati a Washington, Stoccolma e L’Aia, sui quali finora la giustizia ordinaria non era intervenuta. E nulla si può sapere neppure delle procedure in atto, perché esse, fino alle udienze, sono segrete.
Ora la Corte di Giustizia ha espresso un parere netto. Ritenendo che un investitore europeo non possa attaccare uno Stato in merito alla sua politica climatica, in virtù dell’Energy Charter Treaty. Si tratta per ora solamente di un’indicazione. Occorre attendere una decisione che abbia valore giuridico e che confermi tale orientamento. Se arriverà, si tratterà di un colpo durissimo per il trattato. Ma occorrerà appunto aspettare.
Soprattutto, se liberati dalla spada di Damocle dei rischi di enormi risarcimenti, i governi potrebbero sentirsi liberi di imporre politiche più ambiziose. Senza temere ripercussioni finanziarie anche gravi.