L’Europa pagherà a lungo il prezzo degli eventi meteo estremi dell’estate 2025
Gli eventi meteo estremi della sola estate 2025 hanno un costo per l’economia europea che arriverà a 126 miliardi di euro entro il 2029
La siccità estrema in Andalusia, iniziata già ad aprile e culminata tra luglio e agosto, favorendo decine di incendi devastanti. Le tempeste che si sono abbattute sulle provincie di Como e Bergamo nella notte tra il 7 e l’8 luglio, con migliaia di fulmini e raffiche di vento fino a 90 chilometri orari. Le ondate di caldo che hanno ripetutamente colpito il sud della Francia, portando massime di 37 gradi a giugno-luglio e di 39 gradi ad agosto nel dipartimento dell’Aude. Questi sono soltanto alcuni degli eventi meteo estremi che hanno interessato l’Europa nell’estate del 2025. Uno studio di Sehrish Usman (università di Mannheim) e degli economisti della Banca centrale europea prova a calcolare i danni. Arrivando a dire che le perdite aggregate di produzione macroeconomica raggiungono i 43 miliardi di euro nel 2025 e i 126 miliardi di euro entro il 2029. Ed è una stima per difetto.
Come calcolare i danni degli eventi meteo estremi in Europa
L’Europa si sta riscaldando più velocemente rispetto agli altri continenti. La sua temperatura media è aumentata di circa mezzo grado per decennio dalla metà degli anni Novanta, il doppio rispetto alla media globale. Il bacino del Mediterraneo e l’Artico sono hotspot: ciò significa che sono più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Questo nuovo studio riferisce che, nell’estate 2025, le ondate di caldo hanno colpito 96 regioni europee, la siccità 195 regioni e le inondazioni 53. Confermando una tendenza che prosegue da anni e non potrà che accelerare, visto che l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi appare ormai irraggiungibile.
Sappiamo che tutto questo comporta dei costi in termini economici. Costi che, però, di solito «emergono lentamente perché questi eventi incidono sulle vite e sui mezzi di sussistenza attraverso un’ampia gamma di canali che vanno oltre l’impatto iniziale», spiega la prima autrice Sehrish Usman. Quest’analisi, attraverso una metodologia inedita, è molto più tempestiva. E stima sia i danni diretti ai beni fisici come edifici e infrastrutture, sia quelli indiretti che talvolta rischiano di sfuggire alle valutazioni. Ricadono in questa categoria, ad esempio, le interruzioni delle catene di approvvigionamento, le perdite di produzione delle fabbriche danneggiate, i costi umani e ambientali e così via.
126 miliardi di euro di danni per l’economia europea entro il 2029
Gli eventi meteo estremi di quest’estate, dunque, da soli hanno determinato perdite combinate di 43 miliardi di euro nel 2025 a livello di Unione europea. Che saliranno a 126 miliardi di euro entro il 2029. Si tratta rispettivamente dello 0,26% e dello 0,78% del valore aggiunto lordo (Gva) dell’Unione europea nel 2024. Il Gva è un indicatore che misura la ricchezza prodotta da un territorio; si differenzia dal prodotto interno lordo perché non considera tasse e sussidi.
Il Paese che ne paga il prezzo più alto è la Spagna, con 12,2 miliardi di euro di danni nel 2025 e quasi 35 miliardi nel 2029. Sul secondo gradino del podio l’Italia, rispettivamente a quota 11,9 e 34,2 miliardi. Considerando esclusivamente l’impatto delle inondazioni, la Lombardia – da sola – fa fronte a 2,5 miliardi di euro di perdite cumulative nel 2025 e 7,6 nel 2029. Sul terzo gradino del podio c’è la Francia, con 10,1 miliardi di euro di danni nel 2025 e 33,9 nel 2029.
Seppure con dinamiche diverse, non c’è un singolo territorio in Europa che può permettersi di sottovalutare i danni degli eventi meteo estremi. Paesi come Malta, Cipro e Bulgaria, ad esempio, subiscono perdite che sulla carta sono contenute ma, in proporzione, pesano di più sulle loro economie. Gli Stati del nord e centro come Danimarca, Svezia e Germania, invece, registrano danni minori. Ma vedono aumentare la frequenza e l’intensità dei fenomeni estremi, soprattutto inondazioni.
Investire nell’adattamento deve diventare una priorità
Queste cifre, per quanto vertiginose, sono conservative. Perché analizzano singolarmente gli impatti dei singoli eventi meteo estremi e, per giunta, non ne considerano altri che pure hanno interessato l’Europa nello stesso periodo (tra cui grandine, vento e incendi). Insomma, questo studio – che ora è sottoposto a peer review e a settembre sarà pubblicato da European Economic Review – non pretende di esaurire un argomento così vasto. Ma vuole essere, nelle parole degli autori, uno strumento. «Avere stime tempestive dell’impatto aiuta i policymaker a indirizzare il sostegno e le strategie di adattamento mentre gli effetti degli eventi estremi si stanno ancora manifestando», afferma Usman.
Perché è vero che i singoli Paesi devono aggiornare le proprie tabelle di marcia per la riduzione delle emissioni (le cosiddette Nationally Determined Contributions), visto che quelle attuali sono largamente insufficienti. Ma è vero anche che, al tempo stesso, devono investire nelle misure di adattamento. Tra cui sistemi di allerta precoce, colture agricole resistenti alla siccità, bacini di raccolta dell’acqua piovana, barriere naturali contro le inondazioni. Sono misure costose, chiariscono gli autori dello studio. Ma questi dati dimostrano che l’inerzia costa molto di più.
Nessun commento finora.