Gli F-35, le armi nucleari e l’escalation strisciante di cui siamo complici
Alla base di Ghedi è arrivato il primo caccia F-35 in grado di trasportare armi nucleari potenzialmente capaci di distruggere città intere
Il primo F-35 in grado di trasportare testate nucleari è arrivato alla base aerea di Ghedi, in provincia di Brescia. Il caccia sarà a disposizione del 154esimo gruppo (Diavoli Rossi) del sesto stormo dell’Aeronautica militare italiana e potrà essere armato con testate nucleari all’idrogeno B61 di fabbricazione statunitense, modello “12”.
«In particolare – ha spiegato Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo – si tratta in questo caso di una versione non più solo a caduta gravitazionale balistica ma che possiede un nuovo sistema di coda, in grado di garantirne la guida con un margine di errore di circa 30 metri». Inoltre, «presentano una potenza “low-yeld” regolabile a 0,3, 1,5, 10 e 50 chilotoni (quella delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki era di circa 20 chilotoni)».
Mentre a Vienna una parte del mondo si riunisce per immaginare un futuro nel quale la fabbricazione, il possesso e l’uso di armi nucleari siano vietati ovunque, gli eserciti continuano dunque ad aumentare i loro arsenali. E a sparpagliare per il Pianeta ordigni che non possono soltanto “fungere da deterrente” o “far vincere una guerra”: possono innescare una spirale in grado di distruggere l’intera umanità.
Ancora oggi, a quasi un secolo di distanza dalla Seconda guerra mondiale, la più assurda arma che la mente umana abbia potuto concepire minaccia l’esistenza di tutti noi. Ancora oggi, basterebbe che i codici di alcune valigette finissero in mani sbagliate, per scatenare un inferno dal quale si potrebbe uscire, semplicemente, annientati. Un disastro che alcuni nostri militari, pagati per questo dalla collettività, si addestrano di fatto – quotidianamente – a fronteggiare, gestire e contribuire a generare.
Alla Conferenza degli Stati che hanno sottoscritto il Trattato per la proibizione delle armi nucleari in programma a Vienna, il governo italiano ha avuto la coerenza di non partecipare. Gli uffici del sottosegretario agli Affari esteri del governo Draghi, Benedetto Della Vedova, hanno confermato che il nostro Paese non sarà presente neppure come osservatore.
Per lo meno, l’esecutivo evita l’ipocrisia di dispiegare sul territorio testate nucleari e far finta di partecipare alle iniziative per la loro messa al bando. L’Italia, dunque, è e resta una nazione favorevole alla diffusione di bombe atomiche in giro per le basi militari. Sul nostro suolo ce ne sono almeno 70. Quanto basta per radere al suolo qualche decina di nazioni. Qualcuno dirà di sentirsi, così, più al sicuro. La sensazione netta è di sentirsi complici di un’escalation strisciante, silenziosa, pericolosa e del tutto insensata.