Clima, diritti, sostenibilità. Le 4.500 aziende alle quali neppure la finanza crede più
Impatto ambientale, violazioni dei diritti umani, insostenibilità. Ecco con quali criteri la finanza smette di investire in alcuni colossi
Enel, Eni, Fincantieri, Leonardo, Saipem, diverse banche italiane tra le più note, e anche la governativa Cassa Depositi e Prestiti. Sono solo alcune delle aziende italiane con le quali sarebbe meglio non entrare in contatto, non investirci e non fare affari. E in molti già lo fanno. Perché non rispettano i minimi requisiti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Ovvero i tre pilastri ESG (environmental, social e governance) che funzionano come un vero e proprio rating etico nel mondo economico e finanziario.
Questi nomi fanno parte di un gigantesco database compilato da una serie di Ong e che comprende una corposa lista nera di 4.532 aziende con cui 87 istituti finanziari hanno già da tempo deciso di non fare affari. Perché non si tratta di una scelta arbitraria, per quanto meritoria, compilata dagli attivisti. Questo database è una raccolta che elenca le aziende in cui già da tempo i maggiori investitori globali hanno deciso di non mettere più soldi.
Investire in modo diverso è possibile
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Clima, armi, tabacco: tutti i criteri di esclusione dagli investimenti sostenibili
I motivi sono diversi, e tutti facilmente comprensibili. Per la maggior parte ci si riferisce a fattori inerenti ai cambiamenti climatici. Quindi si parla di aziende che sono finite sulla lista nera degli investitori perché hanno a che fare con energie fossili, allevamenti intensivi, disboscamento e via dicendo. E qui si tratta delle grandi multinazionali americane (ExxonMobil), cinesi (China Energy e Shandong) e soprattutto candesi (Cenovus e Suncor).
A seguire quelle che partecipano alla produzione e al commercio di armi bandite dai trattati internazionali, come le bombe a grappolo, le mine antiuomo, le armi chimiche o biologiche. E qui a fare compagnia agli americani (Northrop Grumman e General Dynamics) ci sono le grandi aziende dell’India (Larsen & Toubro) e della Corea del Sud (Poongsang e Lig Nex1). Poi ci sono le multinazionali del tabacco, che attentano alla salute dell’uomo, e le aziende condannate per aver violato i diritti umani o per frodi e altri reati fiscali.
Il colosso della carne JBS è l’azienda con più indicatori di esclusione
«Questo database mostra come JBS (la più grande azienda di produzione e lavorazione della carne, con sede a San Paolo, in Brasile ndr.) che è una dei principali colpevoli della deforestazione dell’Amazonia e del mancato rispetto dei diritti umani in quelle zone, è l’azienda con più indicatori di esclusione nella categoria business practices», ha detto Merel van der Mark, coordinatore della Forests and Finance Coalition. Una delle ong che ha contribuito a compilare la lista nera.
Ciò significa che con JBS già in molti non vogliono avere nulla a che fare. E questa lista può funzionare come un utile vademecum per gli investitori, da consultare ogni volta che vorrebbero mettere dei soldi da qualche parte.
Perché è presente Cassa Depositi e Prestiti
Tornando all’Italia quindi, più che mai bisognosa di investimenti, non è difficile comprendere il perché della presenza delle aziende sopra citate: hanno a che fare con armi e settore energetico. Così come la presenza di diverse banche, che in questi ambiti e spesso in queste stesse aziende investono.
Più curiosa la presenza di Cassa Depositi e Prestiti, la secolare banca dello Stato che negli ultimi quarant’anni si è trasformata prima in istituzione finanziaria autonoma, e poi in società per azioni, sempre sotto controllo statale. In particolare del ministero dell’Economia. Il motivo è semplice: Cdp investe o ha partecipazioni nelle aziende e nelle banche di cui sopra, e come tale è finita all’indice. La constatazione che ne discende, però, è senz’altro più allarmante: nella lista nera di quelle istituzioni con cui in molti rifiutano di fare affari c’è di fatto lo Stato italiano.