La finanza climatica della Banca Mondiale ha poco di “climatico”

La Banca Mondiale appare molto attiva nel campo della finanza climatica. Una categoria in cui, però, finiscono anche progetti "fuori tema"

La sede della Banca Mondiale © World Bank / Franz Mahr

Che la finanza climatica sia una necessità, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, è un dato di fatto. Che la Banca Mondiale sia la prima della lista, tra le istituzioni che erogano questi finanziamenti, è altrettanto un dato di fatto. Solo nell’anno fiscale 2022, considerando i vari enti che ne fanno parte, si arriva a qualcosa come 31,7 miliardi di dollari, con un balzo in avanti del 19% rispetto all’anno precedente. In pratica, da sola copre più la metà della somma promessa da tutte le banche multilaterali per lo sviluppo messe insieme. Ma come spende davvero questi soldi? È davvero finanza climatica, con tutte le garanzie nel caso, o un calderone dentro il quale rischia di finire un po’ di tutto? I centri di ricerca The Breaktrhough Institute e Center for Global Development sono andati a esaminare i dati. Scoprendo grosse falle in termini di trasparenza.

Cosa dovrebbe essere la finanza climatica

Di fronte agli stravolgimenti portati dalla crisi climatica, i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di immense quantità di denaro. Denaro da investire in due direzioni. La prima è la mitigazione, cioè il taglio delle emissioni di gas ad effetto serra che provocano il riscaldamento globale. La seconda è l’adattamento del proprio territorio all’aumento delle temperature, agli eventi meteo estremi e così via. Che ormai sono ineluttabili.

Di finanza climatica si parla da decenni. Già alla Cop15 di Copenaghen, nel 2009, i Paesi industrializzati avevano promesso di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 a favore dei Paesi in via di sviluppo. L’organizzazione umanitaria Oxfam ogni anno fa il punto sul raggiungimento di questo obiettivo. E ogni anno non può che parlare di fallimento. Nel 2020 si è arrivati a 83,3 miliardi, ma è un valore solo nominale. In molti casi, infatti, l’impatto sul clima è stato sovrastimato. Molti di questi soldi, inoltre, sono erogati sotto forma di prestiti, andando quindi a pesare ulteriormente sul debito estero di chi li riceve. A conti fatti, dunque, gli aiuti reali si attestano tra i 21 e i 24,5 miliardi di dollari.

Come si sta comportando la Banca Mondiale

La Banca Mondiale è tra le poche istituzioni che, per la finanza climatica, muovono cifre di tutto rispetto. Soprattutto a partire dal 2016, quando ha iniziato a pubblicare i suoi piani di azione per il clima quinquennali. A guardare i numeri, sta andando addirittura oltre le sue stesse promesse: nel periodo 2021-2025 si è impegnata a dedicare al clima almeno il 35% dei suoi finanziamenti, nell’anno fiscale 2022 è arrivata al 36%.

Banca Mondiale finanza climatica

I dati però diventano ancora più interessanti se si scende nello specifico. Lo studio di The Breaktrhough Institute e Center for Global Development fa proprio questo, esaminando uno per uno i 2.554 progetti che compongono il portafoglio climatico della Banca Mondiale. Il volume totale dei finanziamenti è di 119 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2022, di cui 37,4 per progetti focalizzati solo sul clima.

Si nota subito come le attività siano molto sbilanciate verso la mitigazione, mentre l’adattamento è entrato soltanto di recente tra le priorità e tuttora non è definito in modo preciso. Ma questo di per sé diventa il minore dei problemi, considerando ciò che emerge nel report. «Centinaia di progetti etichettati come climatici, molti dei quali nei Paesi più poveri, sembrano avere poco a che fare sia con la mitigazione che con l’adattamento. Una semplice lettura dei documenti non fa luce sul motivo per cui sono etichettati come progetti sui cambiamenti climatici», scrivono i ricercatori.

Progetti climatici che, col clima, c’entrano poco o nulla

Nel portafoglio di finanza climatica della Banca Mondiale ci sono 15 miliardi di dollari stanziati per progetti che sono attinenti al clima per meno del 20% del proprio valore. Iniziative che riguardano, per esempio, l’occupazione nelle piccole e medie imprese, l’identità digitale, le riforme fiscali, la sanità, l’accesso ai sistemi di pagamento, la salute dei bambini, la risposta alla pandemia da Covid-19, i servizi digitali della pubblica amministrazione. Tutte tematiche importanti e meritevoli. Ma cosa c’entrano con il clima?

Tra gli esempi riportati c’è un programma educativo in Guyana volto a migliorare le competenze in matematica degli studenti e le pratiche di insegnamento dei docenti. Stando alla Banca Mondiale, la somma finanziata dovrebbe contribuire per il 6% all’adattamento.

Tra tutti i documenti allegati, solo tre citano in modo piuttosto sommario il clima, parlando genericamente della vulnerabilità della Guyana e della necessità di progettare plessi scolastici resilienti. C’è un 1-2% di clima anche in un progetto per i pagamenti digitali a pensionati e dipendenti pubblici in Afghanistan. Anche un progetto per la salute mentale materna nella Repubblica Democratica del Congo viene catalogato come “climatico” per il 5%. Percentuali piccole ma, comunque, difficilmente giustificabili.