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A far volare un listino di Borsa bastano degli scarti… di salmone

I fondi di investimento scommettono sull'uso degli scarti del pesce scandinavo per l'industria sanitaria. Un esempio del comparto biotech, settore che nel mondo attrae miliardi

Matteo Cavallito
Gli scarti del salmone sono una risorsa per il settore biotech © Thomas Bjørkan/Flickr
Matteo Cavallito
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Prendete gli scarti di salmone, mescolateli con la fiducia della grande finanza per il biotech e otterrete un enorme successo. Soprattutto in borsa. Viene dalla Norvegia una storie più curiose e sorprendenti registrate lo scorso anno dal comparto bioscience e affini. Nel secondo semestre 2019, ha raccontato il Financial Times, il prezzo delle azioni di Hofseth Biocare, «un’oscura società norvegese» che converte ciò che resta del più celebre pesce d’acqua dolce nazionale in prodotti per la salute e il benessere, è aumentato all’incirca del 270%. Inutile dire che si tratterebbe di una delle migliori performance di mercato registrate in Europa. Per la gioia degli investitori.

La scommessa biotech di hedge e criptovalute

A stappare champagne, immaginiamo, saranno stati in particolare due investitori di primo piano: la londinese Lansdowne Partners e la newyorchese Galaxy Digital. Entrambe le società, ricorda il quotidiano britannico, hanno acquisito nei mesi scorsi quote della società norvegese del biotech scommettendo sul boom e oggi contano i rendimenti. Lansdowne è una società di asset management fondata nel 1998 che gestisce uno dei maggiori fondi hedge d’Europa (12 miliardi di dollari di assets gestiti) per il comparto azionario. Galaxy è una finanziaria guidata dall’ex partner di Goldman Sachs Mike Novogratz che investe nel settore delle criptovalute. I due investitori, evidenzia ancora il FT citando fonti vicine alle società, si sarebbero mossi la scorsa estate quando le azioni Hofseth viaggiavano a 4 corone (circa 40 centesimi di euro). Oggi si scambiano a nove (quasi 1 euro, dunque).

Gli scarti del salmone salvano Hofseth

«Hofseth utilizza enzimi per disaggregare gli scarti di salmone come la testa, la pelle e la colonna vertebrale – che normalmente verrebbero sprecati – per produrre olio, proteine e calcio per il consumo umano e animale» scrive il Financial Times. È così possibile mettere in commercio capsule e bevande a partire dai sottoprodotti del salmone che, secondo quanto sostenuto dall’azienda, garantirebbero benefici per la salute con effetti positivi per la pelle e le ossa, favorendo inoltre «la gestione del peso e riducendo il rischio di attacchi di cuore».

L’arrivo degli investitori stranieri rappresenterebbe una vera e propria boccata d’ossigeno per Hofseth dopo una lunga serie di risultati trimestrali modesti. L’azienda del biotech è ancora in perdita, ma il rosso registrato nel periodo luglio-settembre (746 mila euro circa) segna un netto miglioramento rispetto al passato. Gli acquisti di azioni da parte degli investitori esteri ammontano a 118 milioni di corone, circa 12,3 milioni di euro. Più o meno il 10% della capitalizzazione.

Il biotech attrae maggiori investimenti

Quel che è certo, nota ancora il quotidiano britannico, è che la grande performance in borsa di Hofseth si colloca in un momento di rinnovato interesse da parte degli investitori per il settore biotech. Negli ultimi mesi, il comparto ha registrato la maxi operazione di acquisto del ramo bioscience & nutrizione della statunitense DuPont da parte della connazionale International Flavors & Fragrances per oltre 26 miliardi di dollari.

In un’intervista concessa nel giugno scorso, Regina Hodits, managing partner della società tedesca di venture capital Wellington Partners ha tracciato il quadro di un settore ancora rischioso ma capace di attirare crescenti investimenti. Grazie anche alle aperture offerte dalla Cina ai finanziatori stranieri, nel 2018 – ultimo anno per il quale esistono dati completi – le società di venture capital di tutto il mondo hanno investito nel settore biotech 16,8 miliardi di dollari. Una cifra record.

Life science, un anno da record

Nei primi nove mesi del 2019, segnala un rapporto di Deloitte, il settore life science – che comprende, oltre al biotech, anche i comparti farmaceutico, biomedico e dei servizi sanitari – ha registrato operazioni di fusione e acquisizione da parte delle aziende a livello globale per 181,7 miliardi di dollari. Il dato segna un rialzo significativo rispetto al valore delle operazioni registrate nel medesimo periodo dell’anno precedente (135 miliardi). In totale 127 aziende biotech hanno effettuato acquisizioni, 124 hanno cessato di esistere e 61 si sono quotate in borsa.

Le prospettive di crescita per il futuro, segnala ancora Deloitte, potrebbero essere legate all’espansione del comparto farmaceutico. Entro il 2024 le vendite globali generate dalle prescrizioni mediche dovrebbero raggiungere i 1.180 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuale composto che sfiora il 7% nel periodo in esame.