Fondi migranti: Salvini toglie, la Caritas li rimette

La Caritas ambrosiana istituisce un fondo per gli esclusi dall'accoglienza a causa del "decreto Sicurezza". Coinvolgerà quasi 5mila migranti. «Un gesto nell'interesse delle nostre comunità»

Rosy Battaglia
Rosy Battaglia
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La Caritas Ambrosiana scende in campo per contrastare gli effetti del Decreto Sicurezza. Nasce il Fondo di solidarietà per gli esclusi dall’accoglienza, aperto al contributo dei cittadini, che sarà destinato in primo luogo agli ospiti al momento presenti nel sistema di accoglienza diffusa della diocesi di Milano. Titolari di un permesso di soggiorno, ma che nonostante questo sarebbero costretti a interrompere i percorsi di integrazione già intrapresi.

Una scelta contro l’emergenza causata dal DL Sicurezza

Su 26.864 ospiti complessivi accolti in Lombardia, attualmente sono 4.514 i migranti presenti nelle strutture delle dieci diocesi lombarde. Di questi 3.129 si trovano nei Centri di accoglienza straordinaria gestiti in convenzione con le Prefetture, 847 negli Sprar dei Comuni, 163 nel centri per minori stranieri non accompagnati.

Oltre la metà, 2293, sono presenti nella rete di accoglienza diffusa della Diocesi di Milano. 1204 nella Diocesi di Bergamo. Il resto nelle diocesi di Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Vigevano.

«Il Decreto Sicurezza, al contrario di quanto promesso, produrrà una situazione di emergenza nel nostro Paese. Abbiamo deciso di farvi fronte, come si fa in questi casi, mettendo a disposizione strutture e risorse e chiedendo a tutti coloro che lo desiderano di darci una mano» spiega il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti.

Il direttore di Caritas Ambrosiana smonta le motivazioni del “Decreto sicurezza”Caritas Ambrosiana ha destinato già circa mezzo milione di euro,  ma la popolazione lombarda e nazionale è invitata a donare e a partecipare (sul sito di Caritas Ambrosiana tutte le indicazioni).

Si inizia con 200 beneficiari

Si stima che i primi beneficiari del fondo saranno 200 migranti, che senza questo intervento finirebbero per strada o in condizioni di grande vulnerabilità. Aggiungono da Caritas che «diverse Prefetture in tutta Italia hanno già in questi mesi chiesto agli enti gestori dei centri di allontanare i migranti che non avevano più titolo per rimanervi».

Quello che il dossier di Valori aveva previsto sta, infatti, accadendo. Per effetto del cosiddetto Decreto Salvini, i titolari di permesso per motivi umanitari e coloro che hanno ricevuto il nuovo permesso per protezione speciale non possono più essere accolti nel nuovo sistema di accoglienza (ex Sprar).

https://www.facebook.com/Valori.it/videos/344465153063454/

L’entità delle persone che tornerebbero a essere irregolari, secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi): almeno 140mila unità, in appena 30 mesi, tra giugno 2018 e dicembre 2020. Mentre, dall’altra parte il ministero dell’Interno sta smantellando i CARA e andando a sostenere con i nuovi capitolati che tagliano spese sanitarie e per l’integrazione, i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), con bandi che favoriranno i big dell’accoglienza.

Il fondo di solidarietà di Caritas servirà, invece, a coprire i costi dell’ospitalità e i percorsi di accompagnamento sociale, dai corsi d’italiano ai tirocini e alla formazione professionale, nel sistema di accoglienza diffusa, che è stato realizzato all’interno degli appartamenti collocati nelle parrocchie. Si fronteggia così l’emergenza per tutti coloro che nei prossimi mesi, per effetto del provvedimento voluto dal governo, saranno costretti ad abbandonare i centri gestiti dalle cooperative che fanno riferimento a Caritas Ambrosiana o che non potranno più beneficiare dei servizi di accompagnamento sociali.

«Agiamo contro il rischio di consegnarli al lavoro nero»

Un gesto concreto e rivoluzionario per strutture fino a ieri convenzionate con le prefetture, ma che allo scadere dei bandi, andranno a creare un sistema autonomo rispetto a quello pubblico e che pertanto dovrà essere integralmente auto-finanziato.

«Vogliamo almeno dare una risposta negli interessi, in primo luogo, dei nostri ospiti, ma anche delle comunità che si troverebbero a fare i conti per lo più con persone giovani, frustrate nel loro sogno di integrazione, destinate nella migliore delle ipotesi ad alimentare il mercato del lavoro nero» ribadisce Gualzetti.

Proprio così. L’aumento del lavoro nero potrebbe essere infatti un ulteriore effetto del decreto Sicurezza. In attesa del nuovo decreto flussi, non ancora varato dal ministro Salvini, in ritardo di due mesi rispetto al 2018, e sollecitato dalle associazioni di categoria come Coldiretti e Cia, è quello che si prospetta. Tanto più che i permessi per lavoro potrebbero salvare dall’espulsione i tanti minori non accompagnati che compiono 18 anni o quelle migliaia di immigrati, i più integrati, che lavorano già con la protezione umanitaria ottenuta con le vecchie regole, destinata ad essere revocata per effetto della legge Salvini. Alla fine di posti per contratti di lavoro subordinato ne rimarrebbero meno di tremila, secondo il portale specializzato sui temi d’immigrazione Stranieri in Italia.it