Addio ai CARA, un controverso smantellamento a macchia di leopardo

La chiusura di alcuni megacentri per migranti rivela la mancanza di programmazione. E i CARA più controversi rimangono aperti

Un anno di tempo per svuotare i Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo, i cosiddetti CARA. È l’ultimo provvedimento annunciato a sorpresa dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per poter portare a compimento lo smantellamento del sistema di accoglienza in Italia.

Lo smantellamento è iniziato dal Cara di Castelnuovo di Porto (Roma), il secondo più grande d’Italia, martedì 22 gennaio e che si concluderà il 31 gennaio, alla scadenza della convenzione con la cooperativa Auxilium. L’unica che non è mai stata direttamente al centro di inchieste giudiziarie, ma che pure era sottoposta alla vigilanza di ANAC.

Ma il nodo che ha portato allo sgombero del centro sta in quanto appurato già nel 2016, sempre dall’Autorità Anticorruzione. Le incongruenze di gestione tra lo stesso Ministero dell’Interno, Prefettura e INAIL, proprietaria dell’immobile: non esisteva, infatti, un regolare contratto di affitto.

Il tallone d’Achille del sistema Minniti-Salvini

Quelli che una volta erano i più grandi centri di prima accoglienza d’Europa, istituiti nel 2008, con una capienza complessiva di 8600 persone (con il blocco degli ingressi in Italia sono scesi a circa 6mila persone), con un costo complessivo giornaliero di 300mila euro per lo Stato, si sono rivelati il tallone d’Achille della riforma del sistema accoglienza voluta dal precedente ministro Minniti e dell’attuale ministro Salvini. Oggetto delle attenzioni dei big dell’accoglienza, al centro di ripetute vicende giudiziarie.

Lo stesso CARA di Castelnuovo di Porto, che prevedeva 900 posti ne ospitava poco più della metà. Luoghi dove i migranti sarebbero dovuti rimanere non più di 35 giorni secondo legge, in attesa dell’esame della pratica di richiesta d’asilo da parte della commissione territoriale. Ma che, nel tempo, si sono trasformati in strutture per la seconda accoglienza: quelle cioè dove finiscono anche persone vulnerabili come vittime di tortura e di tratta, e famiglie. E che, almeno nel caso del centro migranti vicino Roma, hanno permesso anche la costruzione di percorsi di integrazione e scambio reciproco.

Vite e rapporti umani strappati

Quindi il primo CARA ad essere smantellato è proprio l’unico dei centri più simile, da due anni a questa parte, a uno Sprar. In cui agivano operatori sociali, mediatori culturali, associazioni contro la tratta. Tanto che il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini aveva siglato nel 2017 un accordo con la prefettura per assicurare istruzione, lavoro e collaborazione per il reinserimento degli ospiti del CARA.

Al momento dello sgombero, non ricevendo nessuna comunicazione da prefettura e ministero dell’Interno, pur di non abbandonare persone in strada ha ospitato lui stesso Mouna Alì, giovane donna somala, con due figli a Mogadiscio, in possesso del permesso umanitario, ormai carta straccia. E ha sollecitato un nuovo tavolo con la Prefettura di Roma ottenendo, la possibilità di “accoglienza diffusa” per quattro famiglie con bambini.

Sindaco Castelnuovo di Porto: «invece di tavolo concertazione un vero saccheggio»La Prefettura di Roma, sentita da Valigia Blu, ha dichiarato che «per prassi bambini e vittime di tratta vengono tenuti nei territori per non sradicarli dalle comunità in cui sono stati accolti».

Una black list monca

Quale che sia il destino degli ospiti del CARA di Castelnuovo di Porto, occorre rilevare che oggetto di tanta fretta non è stato invece il CARA di Mineo, reduce dal passaggio di consegne tra la precedente gestione sotto inchiesta da parte della magistratura e l’attuale, designata dall’ultima gara di appalto al ribasso. Così come come quello di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, finito nel mirino della Dda di Catanzaro. Nella black list ministeriale risulterebbero poi Bologna, Bari e Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia.

Il deja vù della gestione migranti: il nuovo decreto è una pacchia per i big

Migranti, destinazioni ignote

Dove finiranno tutte queste persone? Proprio dalla prefettura di Foggia un indizio: l’avvio di «un’indagine di mercato per la fornitura di biglietti ferroviari, marittimi, aerei ed autobus per il trasferimento di cittadini stranieri dal Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo di Borgo Mezzanone (FG) alle strutture inserite nel circuito SPRAR presenti sull’intero territorio nazionale ovvero per l’allontanamento di cittadini stranieri per varie ragioni. Il periodo di riferimento dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019».

Così se da una parte il decreto Sicurezza, con l’abolizione del permesso di soggiorno umanitario sta rimettendo in strada, in poche settimane, già centinaia di persone, comprese donne e bambini, come avevano previsto ANCI, ISPI , ARCI, svuotando gli SPRAR, dall’altra sta, probabilmente, facendo posto a coloro che verranno trasferiti dai CARA.

La rivolta delle Caritas

Ma nessuno sa esattamente come e dove tutto ciò avverrà, a partire da chi sarà “oggetto” del trasferimento dai centri di accoglienza. Trattamento inumano, tanto che le Caritas di Lombardia hanno annunciato che non allontaneranno dai centri di accoglienza che gestiscono, i migranti che ne perderanno il diritto, in applicazione del Decreto sicurezza.

Interrogativo alla quale sta cercando di trovare risposta Rossella Muroni, la parlamentare LeU, passata alla ribalta delle cronache per aver cercato di fermare il trasferimento dei migranti dal centro di Castelnuovo di Porto. La battaglia per i diritti umani dei richiedenti asilo non si ferma e conferma a Valori: «Oltre a presentare un’interrogazione parlamentare al Ministro Salvini, stiamo facendo anche una richiesta formale al ministero dell’Interno per sapere dove vengono e verranno trasferite queste persone. Uno stato di diritto deve garantire un’adeguata informazione».