Fossili, addio o calo? La chiave del successo o fallimento della Cop28

Dopo le parole del presidente della Cop28 al-Jaber, il dibattito si concentra sul cuore del problema: pianificare o meno l'addio alle fossili

Un'attivista alla Cop28 di Dubai © UNclimatechange/Flickr

Mentre il mondo si concentra sulla polemica nata dalle dichiarazioni del presidente della Cop28 su scienza e clima, i negoziati nel frattempo vanno avanti. Le ore scorrono, i giorni passano. E alla fine a contare sono, più che le parole e le interviste, i documenti. Quando siamo quasi a metà strada (la conferenza si chiuderà, secondo le previsioni, il 12 dicembre), la presidenza ha pubblicato quello che ha definito un “riassunto” dei primi giorni di negoziati. Nel quale evita accuratamente di parlare di “uscita” dalle fonti fossili

Phase out o phase down, da queste parole (e dalle date) dipenderà tutto alla Cop28

Benché decine di capi di Stato e di governo abbiano chiesto più riprese di imporre un phase out (uscita, appunto), la presidenza della Cop nel documento non cita in alcun modo tale possibilità. Limitandosi a evocare il fatto che ventidue tra capi di Stato, ministri o rappresentanti di grandi blocchi al tavolo dei negoziati abbiano «sottolineato la possibilità di ridurre le emissioni in tutti i settori, riducendo le energie fossili a sostegno di una transizione compatibile con il tetto degli 1,5 gradi centigradi di riscaldamento globale».

Il testo, che è stato pubblicato sul sito ufficiale della Cop28, rappresenta un riassunto dei risultati del Word Climate Summit che si è tenuto in apertura apertura della conferenza nelle giornate dell’1 e del 2 dicembre. Confermando che il principale braccio di ferro, a Dubai, è proprio su questo punto: se accontentarsi di stabilire una diminuzione o se preconizzare a chiare lettere un addio alle fonti fossili. 

Occorre pianificare una transizione profonda, non sperare negli “aiutini” tecnologici

Il punto, infatti, non è tanto quello di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra – ancorché fondamentale – ma di pianificare definitivamente la transizione. Che nel caso del settore energetico assomiglierà piuttosto ad una rivoluzione. Il presidente della Cop28 al-Jaber, d’altra parte, anche nella replica e nelle precisazioni successive alle contestate dichiarazioni su scienza e clima, si è guardato bene dall’indicare date di uscita da carbone, petrolio e gas

Pur citando, infatti, la necessità di abbandonare, prima o poi, tali fonti, per ora si continua a sperare che possano bastare tecnologie costose e attualmente ancora inefficaci come nel caso del carbon capture. Nel 2021, inoltre, lo stesso al-Jaber – coerentemente con quanto affermato in questi giorni – aveva dichiarato come a suo avviso fosse necessario investire ancora 600 miliardi di dollari dollari all’anno nelle fonti fossili, di qui al 2030. 

Quei 600 miliardi di dollari all’anno che rendono al-Jaber poco credibile

Che non sia possibile abbandonare il sistema sistema energetico attuale dalla sera alla mattina è ovvio. Ma limitarsi a parlare di diminuzione (che appare già di per sé incompatibile con nuovi investimenti per 600 miliardi di dollari all’anno), senza imporre delle date precise significa, potenzialmente, allungare la transizione anche di decenni. Rendendo così pressoché vani tutti gli sforzi fin qui profusi al fine di mitigare i cambiamenti climatici e i loro effetti. È su questo punto che si misurerà la Cop28. È questa la cartina di tornasole che occorrerà guardare per capire se la conferenza sarà stata un successo o l’ennesimo fallimento