Francia, le remunerazioni dei manager ignorano la crisi climatica

Un'analisi di Oxfam spiega che stipendi e bonus dei top manager francesi sono ancora in gran parte slegati dalle performance climatiche

Gli stipendi dei top manager francesi sono ancora solo in piccola parte collegati alle performance climatiche delle aziende © fizkes/iStockPhoto

Se salari, premi e bonus corrisposti ai manager delle grandi imprese fossero legati alle performance ambientali e climatiche delle aziende, la Terra potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Purtroppo, però, per ora accade l’esatto contrario. A confermarlo è un rapporto della divisione francese di Oxfam, che si è concentrato sulle remunerazioni concesse ai board delle grandi aziende quotate alla Borsa di Parigi.

I top manager francesi hanno intascato in media 5,5 milioni di euro nel 2020

Si tratta in particolare dei quaranta principali gruppi per capitalizzazione (presenti nel CAC 40). Nei quali meno di un decimo di quanto intasca chi li dirige è indicizzato rispetto ad obiettivi climatici. L’organizzazione non governativa spiega che, in media, i top manager delle aziende che compongono l’indice borsistico francese hanno intascato, nel 2019, 5,5 milioni di euro. Di questi, «più del 67% si basa su obiettivi puramente finanziari di breve termine. Al contrario, soltanto il 9% è legata a performance non finanziarie e sul lungo periodo». 

Ancor più preoccupante è il fatto che soltanto tredici aziende indicizzano parte della remunerazione degli amministratori delegati rispetto a un obiettivo climatico. Come, ad esempio, nel caso della riduzione dell’impatto in termini di emissioni climalteranti. Si tratta di Alstom, BNP Paribas, Capgemini, Carrefour, Danone, Hermès, Stellantis, Saint-Gobain, Schneider Electric, Société Générale, Total, Veolia e Vinci. Ma la quota legata agli obiettivi ambientali è minima: il 3,5% in media. E in un caso come quello di Total non supera il 2%. 

Secondo Oxfam serve un’indicizzazione climatica delle remunerazioni

Secondo Oxfam, al contrario, almeno la metà delle remunerazioni complessive dovrebbe essere indicizzata rispetto a ciò che, concretamente, le aziende fanno per il clima. Se si vuole che gli impegni sbandierati siano realmente perseguiti dai manager. Altrimenti si andrà avanti con il business as usual. Esattamente quello che è stato fatto nel corso del 2020 in materia di dividendi

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Ciascun top manager francese ha intascato in media, nel 2020, 5,5 milioni di euro © RapidEye/iStock

L’Osservatorio delle multinazionali, associazione francese che si occupa di analizzare i comportamenti delle grandi aziende, l’ha confermato in un recente rapporto. Anche in questo caso sono le aziende del CAC 40 nel mirino. Le stesse che, nel corso del 2020, hanno beneficiato di prestiti garantiti dallo Stato e aiuti per il pagamento degli stipendi dei dipendenti. Di fronte a tale scenario, i dividendi erano stati fortemente tagliati lo scorso anno. Ma nel 2021 già ci si attende un’inversione diametrale. 

51 miliardi di euro di dividendi agli azionisti, nonostante la crisi

I manager delle grandi imprese transalpine si apprestano, infatti, a versare qualcosa come 51 miliardi di euro ai loro azionisti. Un valore in aumento del 22% rispetto allo scorso anno. Ma che risulta ancor più sorprendente se si considera che è pari al 140% dei ricavi complessivi intascati dalle stesse aziende. 

«Questi grandi gruppi – spiega l’Osservatorio – continuano a ricevere enormi aiuti pubblici. Ai quali presto dovrebbero aggiungersi i soldi del piano di rilancio europeo. Mentre il resto dell’economia, dalle piccole imprese al settore della cultura, fino al non profit, resta impantanato nella crisi». E non è tutto: in quei 51 miliardi non sono neppure presenti le grandi banche. Ciò in quanto gli istituti finanziari sono stati richiamati alla moderazione dalle autorità europee. Chi sono, allora i gruppi così generosi nei confronti degli azionisti? La compagnia petrolifera Total, che malgrado una perdita netta di 7,2 miliardi ne concederà ben 7,6. Al secondo posto figura Sanofi, che verserà 4,8 miliardi. Al terzo c’è Axa con 3,7 miliardi. 

D’altra parte, il caso francese non è isolato se si considera che uno studio dell’Istituto di analisi economica e finanziaria dell’energia (IEEFA) dello scorso mese di marzo ha indicato che i cinque più grandi gruppi petroliferi hanno versato 49,9 miliardi di dollari in dividendi. Parliamo di, Chevron, Total, Shell, ExxonMobil e British Petroleum. Eppure, soltanto queste ultime due hanno patito nel corso del 2020 perdite per oltre 40 miliardi. Logico, no?