I primi dieci anni dell’eccezionale Fußballclub Lampedusa Hamburg
La straordinaria storia della squadra di migranti e sans papier Fußballclub Lampedusa di Amburgo ci ricorda che un altro calcio è possibile
Fuori dai riflettori dei media che illuminano il calcio a pagamento, ogni tanto si trovano belle storie. Quella del Fußballclub Lampedusa Hamburg, per esempio, che pochi giorni fa ha festeggiato i suoi dieci anni di vita sul campo Millerntor. Lo stadio che ospita le partite del Fußball-Club St. Pauli. La polisportiva dell’omonimo quartiere di Amburgo, la cui squadra di calcio milita in seconda divisione tedesca e che si fonda sui valori dell’accoglienza, del rispetto, della tolleranza e del divertimento.
La storia del St. Pauli e del Jolly Rogers, il teschio dei pirati che lo rappresenta, è nota a molti. Dalle scelte condivise in assemblea, grazie al modello partecipato delle società di calcio tedesche, all’attivismo politico della sua curva e dei suoi atleti. La storia del Fußballclub Lampedusa invece è meno nota, e ce la facciamo invece raccontare da Massimo Finizio, ex dirigente della polisportiva di Amburgo e ora animatore di tuttostpauli.com.
Dalla catastrofe può nascere la solidarietà
Lo scrittore inglese James G. Ballard sosteneva che lo spettacolo contemporaneo, inteso come accumulazione di capitale, nasce dalla catastrofe. E aveva ragione. Ma a volte capita anche che dalla tragedia nascano cose buone. E così è stato per il Fußballclub Lampedusa, che dal 2012 ha cominciato a costruirsi intorno ai migranti che si trovavano a Amburgo. Per lo più africani scappati dalle peggiori tragedie economiche e climatiche, sopravvissuti ai terribili viaggi i mare, che erano riusciti a sbarcare nell’isola siciliana. E poi si erano diretti verso nord, cercando di ricongiungersi ai parenti, e avevano trovato nella città portuale un posto dove fermarsi. E giocare a pallone.
Dopo la terribile tragedia in mare del 2013, con diverse centinaia di morti e dispersi, le ragazze e i ragazzi della polisportiva del St. Pauli, che in maniera del tutto volontaria avevano messo su la squadra dei e delle migranti, hanno deciso di fare sul serio. E senza che ci sia una vera e propria data di fondazione certa, come in tutti i progetti più assurdi, hanno dato vita al Fußballclub Lampedusa. Nel 2016 il club è stato poi ufficialmente inserito nell’organigramma della polisportiva, di cui già utilizzavano le strutture. Mantenendo però il nome Lampedusa. Perché nessuno potesse mai dimenticare le tragedie provocate dalle politiche discriminatorie e razziste dell’Unione Europea.
Dieci anni di calcio solidale e antirazzista
«I ragazzi e le ragazze del Fußballclub Lampedusa Hamburg sono quasi tutti minorenni senza permesso di soggiorno. Sans papier, come amano definirsi loro. E provengono da ogni parte del mondo, specialmente da zone di conflitti o devastazioni climatiche», racconta Massimo Finizio. «Ancora oggi molti arrivano partendo dall’Italia, altri invece attraverso le rotte balcaniche. Così in squadra ci sono molti africani, ma anche afghani o siriani. Ultimamente anche diversi ucraini, mentre le ragazze sono soprattutto sudamericane. In pratica in questi dieci anni sono stati rappresentati tutti i continenti, tranne l’Oceania. Da là, per adesso, non è ancora arrivato nessuno».
«In questi anni il gruppo si è migliorato, si è quasi professionalizzato possiamo dire. E come sottosezione calcistica della polisportiva del St. Pauli i ragazzi e le ragazze hanno molti aiuti e facilitazioni. Anche a livello burocratico, per ottenere i famosi documenti», continua l’ex dirigente. «Inoltre, grazie al lavoro dei volontari della polisportiva, oltre a giocare a pallone riescono anche a frequentare corsi per imparare il tedesco. O a trovare lavoro. Tutte cose che accelerano il processo di integrazione. Tutte cose che in Germania i club e la federazione incentivano, mentre in Italia nemmeno ci si pensa». In Italia, al massimo, si creano le stragi del mare.
I geniali dilettanti del Fußballclub Lampedusa Hamburg
La squadra è ovviamente composta solo da dilettanti. E non partecipa ad alcuna categoria dei vari campionati tedeschi. Gioca su invito, in diversi tornei e varie amichevoli in giro per l’Europa. Soprattutto nei vari festival di calcio antirazzista. Ogni tanto addirittura contro squadre dal nome importante, come il Barcellona, che ha invitato il Fußballclub Lampedusa Hamburg a giocare contro una loro rappresentativa. «Anche qui, le squadre italiane non sono pervenute», ricorda Finizio. Gli allenatori e lo staff sono tutti volontari, spesso altre ragazze e ragazzi che giocano a calcio, rugby o pallamano nella polisportiva. E si danno il cambio per dare una mano e aiutare.
La maggior parte delle ragazze e dei ragazzi migranti che in questi dieci anni sono passati dal Fußballclub Lampedusa Hamburg ha ottenuto i documenti, e spesso ha anche trovato un lavoro. Oppure sono ripartiti, che come tutte le città portuali anche Amburgo è solo una tappa. Una tappa che grazie al calcio ha dato loro una lingua, un lavoro e dei documenti. Ma soprattutto la riscoperta dello stare insieme. Perché, anche solo stare sugli spalti tutti insieme a tifare le altre squadre della polisportiva, vuol dire vivere. Alla faccia della burocrazia europea, dei suoi trattati e delle tragedie che provoca.