Generali smette di assicurare le aziende del gas e del petrolio

Generali non fornirà più coperture a società del petrolio e del gas prive di un piano di transizione. Una vittoria per l'azionariato critico

Generali non fornirà alcuna copertura assicurativa alle aziende attive nel trasporto, nella lavorazione e nella distribuzione di gas e petrolio che non abbiano avviato sostanziali piani di transizione energetica © Antonio199cro/Wikimedia Commons

I movimenti ambientalisti sono stati fra i primi a dare la notizia. Extinction Rebellion internazionale, UK e Italia e il gruppo Insurance Our Future hanno festeggiato sui social la decisione di Generali Assicurazioni: non fornire più alcuna copertura alle aziende attive nel trasporto, nella lavorazione e nella distribuzione di gas e petrolio che non abbiano avviato sostanziali piani di transizione energetica.

Una grande vittoria per i movimenti ambientalisti e l’azionariato critico

«Huge Win», una vittoria enorme, l’hanno definita XR e Insurance Our Future. Nonostante i media tradizionali abbiano dato poco spazio alla notizia, hanno ragione loro: è davvero una grande vittoria. Generali è la principale compagnia di assicurazione italiana, la terza in Europa. Fondata quasi duecento anni fa, è attiva in Europa ma anche negli Stati Uniti e in Estremo Oriente, ha una raccolta premi di 82,466 miliardi di euro e quasi 82mila dipendenti. «Se un’azienda così grande decide di perseguire una strategia del genere e continua ad andare bene, e Generali sta andando molto bene, vuol dire che si può fare. E se si può fare, si deve fare» commenta Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica.  

Nella dichiarazione del 22 ottobre, Generali fa riferimento al dovere di allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, cioè tenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi, e alle linee guida del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) che auspicano il dimezzamento delle emissioni globali entro il 2030. «Generali si impegna a fornire il giusto contributo per mitigare l’impatto sul clima generato dal suo business e dalla sua catena del valore e a sviluppare soluzioni di adattamento che proteggano i suoi clienti e, più in generale, i suoi stakeholder dai rischi fisici che si stanno già verificando», si legge. Un approccio prima di tutto etico, cui si affianca la consapevolezza che uscire dalle fonti fossili, oramai, convenga pure.

Il lungo (e fruttuoso) dialogo con gli azionisti critici

Il cammino della compagnia assicurativa in questa direzione è cominciato da diversi anni. A partire dal 2017 Fondazione Finanza Etica aveva comprato dieci azioni di Generali e cominciato così a partecipare a portare avanti un piano di azionariato critico. «È cominciato un vero dialogo con l’azienda, abbiamo trovato una grande disponibilità all’ascolto e al confronto. L’azionariato critico non è necessariamente solo uno strumento di protesta, anzi. Può essere molto costruttivo e questo ne è un esempio», racconta ancora Siliani. Al dialogo con Fondazione Finanza Etica si erano aggiunte le pressioni di Greenpeace e ReCommon. Accompagnando un percorso di allontanamento da carbone, gas e petrolio.

Nel 2018 Generali ha ufficializzato che non avrebbe più fornito coperture assicurative per la costruzione di nuove centrali a carbone e non avrebbe accettato come nuovi clienti le società del comparto. Nel 2021 ha promesso di azzerare completamente tanto gli investimenti nel carbone, quanto l’esposizione assicurativa. E anche di non assicurare più i rischi legati all’esplorazione e produzione di alcuni tipi di combustibili fossili, in particolare quelli provenienti da sabbie bituminose o da operazioni condotte nell’Artico. A questi si aggiungevano propositi ambiziosi come diventare climate negative entro il 2040 e rifornirsi al 100% di energia elettrica rinnovabile.

La chiusura del cerchio: da Generali niente più assicurazioni a petrolio e gas

Se inizialmente si guardava alla produzione fossile a monte, l’annuncio della scorsa settimana riguarda le polizze per i settori di petrolio e gas a valle. Comprende dunque gasdotti, centrali elettriche a gas e terminali di gas naturale liquefatto (GNL). «La scelta di non assicurare più la distribuzione è la chiusura del cerchio. E ci sembra un passo importante. È la prova che assicurare l’oil&gas non è poi così conveniente, e anzi ci si può rinunciare». Il settore fossile si rivela sempre più un settore fatto di forti rischi e grandi complessità. Accanto all’impegno ecologico, una società grossa come Generali deve aver trovato anche dei benefici: altri modi più sicuri di fare business.

Già dal 2017 Fondazione Finanza Etica aveva sottolineato a Generali il fatto che una vera fuoriuscita dal sistema avrebbe implicato anche non assicurare questi impianti e attività. Anche perché, dal punto di vista di azionisti, disinvestire ma continuare ad assicurare sarebbe la scelta più pericolosa. Ci si assume tutto il rischio – alto, perché l’oil&gas è facilmente soggetto a contenziosi – e si rinuncia al guadagno che invece investire nel settore può effettivamente dare.

La scelta del principale Gruppo assicurativo italiano è insomma una «huge win». Spaventa, questa scelta. Tanto che alcuni giornali economici l’hanno criticata sostenendo che, se Generali non vuole assicurare gas e petrolio, saranno altri a farlo e a guadagnarci. Eppure forse è proprio il contrario. È la prova che forse un disarmo fossile si può fare, quindi si deve fare. E conviene.