Germania paradiso del riciclaggio. «I contanti, cardine dell’economia tedesca»
Sven Giegold, tra i parlamentari europei più influenti, spiega a Valori perché la Germania è ancora un paradiso per il riciclaggio di denaro sporco
La Germania è uno dei Paesi europei nei quali è più facile riciclare denaro sporco, proveniente da attività illecite. Ormai non è più un segreto. Su Valori lo abbiamo svelato oltre un anno fa. La colpa è di una serie lacune nella legislazione tedesca che rendono la Germania uno tra i Paesi più opachi al mondo in ambito finanziario, come evidenzia l’indice di segretezza finanziaria (Financial Secrecy Index), realizzato dalla ONG Tax Justice Network (TJN). Ma la situazione è destinata a rimanere questa? Perché non cambia?
Lo abbiamo chiesto a Sven Giegold (dei Verdi), considerato tra i 10 parlamentari europei più influenti (al sesto posto) da un’analisi di VoteWatch. È co-presidente dell’intergruppo “Economia Sociale”, membro della commissione Affari Economici e Monetari ed è stato recentemente relatore di un atto legislativo sullo scambio di informazioni fiscali.
I molti “buchi” nel registro di trasparenza
Vede dei progressi nelle politiche del governo tedesco?
Alcuni passi avanti sono stati fatti, grazie soprattutto al recepimento della IV direttiva europea sul riciclaggio. Dalla fine di giugno del 2017 è stato introdotto il cosiddetto “Registro di trasparenza” (in Italia “Registro dei titolari effettivi”, non ancora istituito, ndr). Quindi si può dire che anche in Germania la normativa sia stata inasprita. Poi, però, purtroppo si deve riscontrare che il “Registro di trasparenza” – che dovrebbe riportare i titolari effettivi di tutte le imprese, compresi trust e fiduciarie in Paesi opachi, ancora oggi è pieno di buchi: ogni mese notai e avvocati inoltrano migliaia di “rapporti di incoerenza”, per segnalare dati incompleti o errati.
Ogni segnalazione porta comunque a miglioramenti nel registro…
Sì, però solo in presenza di specifiche transazioni. Se il notaio o l’avvocato coinvolti in un atto di vendita di un immobile, per esempio, si accorgono che nel registro di trasparenza mancano i dati sui titolari effettivi di un’impresa (immobiliare), sono tenuti a fare la segnalazione di “incoerenza” e non possono procedere con l’atto fino a quando i dati nel registro non siano stati aggiornati e non si sappia finalmente chi c’è dietro l’impresa o le imprese contraenti.
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Pochi passi avanti, da lumaca
È un passo avanti rispetto al passato, no?
Direi piuttosto un “passo da lumaca”. Perché le correzioni e le integrazioni sono fatte solo se c’è di mezzo una transazione, che non può essere conclusa in assenza di dettagli sui beneficiari finali della società che compra o vende. In tutti gli altri casi i dati non sono corretti o integrati e il registro di trasparenza rimane incompleto. Quindi per moltissime imprese continuiamo a non sapere nulla.
Ci può fare un esempio?
Un esempio tipico è quello di un inquilino a cui sia comunicato un aumento dell’affitto da parte del proprietario, che però risulta essere un’impresa, per la quale, a causa di dati incompleti o scorretti nel “registro di trasparenza”, non sia possibile risalire al proprietario finale. In un caso del genere l’inquilino non può sapere chi sia la sua vera controparte, e questo è grave. E il dato non viene corretto.
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L’intervento della Commissione Ue contro 8 Paesi europei
Nel 2019 aveva chiesto una procedura di infrazione contro la Germania «per evidenti carenze nell’applicazione della terza e quarta direttiva antiriciclaggio». È ancora attuale la sua richiesta?
La Commissione Europea ha finalmente inviato una lettera a otto Paesi, per chiedere che la direttiva anti-riciclaggio sia tradotta in leggi nazionali, che siano poi anche concretamente applicate. È un bel passo avanti, perché fino ad ora ci si è occupati solo dell’aspetto formale e cioè del fatto che le norme fossero state formalmente recepite negli ordinamenti nazionali. Come abbiamo visto dal caso di Cipro, per esempio, spiegato magistralmente da un recente rapporto investigativo di Al Jazeera, non basta recepire la direttiva riciclaggio se poi le norme nazionali non si applicano in modo concreto. Ora la Commissione ha deciso di occuparsi anche dell’effettiva implementazione delle norme e si è accorta che otto Paesi europei sono indietro.
E tra loro c’è anche la Germania?
Questo non è possibile dirlo con certezza perché, purtroppo, i destinatari delle lettere non sono resi pubblici, nonostante le nostre richieste in tal senso. Però abbiamo ragione di supporre che tra gli otto Paesi ci sia anche la Germania, sì.
E quindi è possibileche sia avviata una procedura di infrazione contro la Germania?
A questo punto direi di no. Quando si riceve una lettera, un questionario del genere, alla fine si cerca di fare di tutto per intervenire, in myodo da evitare la procedura di infrazione.
Al Jazeera svela il caso del riciclaggio a CiproIn Germania nessun limite all’uso del contante
Quali sono secondo lei le carenze più gravi della Germania in termini di lotta al riciclaggio, a parte i buchi nel registro di trasparenza?
Sicuramente abbiamo un grave problema con l’uso del contante. In Germania, a differenza dell’Italia, non ci sono limiti all’uso del contante, tranne che per il sistema bancario: le banche sono infatti tenute a segnalare depositi di denaro contante oltre una certa soglia. In tutti gli altri casi, invece, non succede.
Quindi mi posso comprare un appartamento o un automobile di lusso con valigette di contanti?
Certo, in Germania si può fare. In realtà il notaio, l’avvocato o l’agente immobiliare dovrebbero fare una segnalazione in caso di operazioni che potrebbero sembrare sospette, ma alla fine quasi nessuno la fa anche perché nessuno controlla che queste segnalazioni siano effettivamente fatte. I professionisti, infatti, sono controllati dai relativi ordini professionali, che però sono diretti da colleghi professionisti. In Germania si dovrebbe introdurre un limite massimo all’utilizzo dei contanti, come avviene in Italia. Ma sembra che sia impossibile: i contanti sono la “vacca sacra” dell’economia tedesca.
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Italia più avanti per la confisca di beni di dubbia provenienza
Ci sono altri aspetti nella lotta al riciclaggio per i quali l’Italia è più avanti della Germania?
Sì, certamente siete più avanti nella confisca di beni acquistati con denaro di dubbia provenienza, perché in Italia c’è l’inversione dell’onere della prova. In Germania all’inizio si doveva dimostrare che i soldi fossero effettivamente di provenienza illegale, cosa che risulta, il più delle volte, molto difficile. Da un paio di anni è diventato un po’ più facile, perché basta riuscire a dimostrare che il denaro utilizzato per acquistare i beni sia “molto probabilmente” di origine illegale.
Nonostante questo passo avanti, in Germania rimane ancora oggi quasi impossibile confiscare beni di dubbia provenienza. Le confische si contano sulle dita di una mano. Recentemente sono stati confiscati due grandi patrimoni immobiliari a Berlino, qualche confiscaè stato fatto anche a Monaco ma siamo ben lontani dai numeri italiani. Per questo si dovrebbe introdurre anche in Germania l’inversione dell’onere della prova.
E perché non si fa?
Perché in Germania abbiamo una tradizione legale per la quale il singolo cittadino deve sempre essere massimamente tutelato da possibili interventi arbitrari da parte dello Stato. È un principio che ha una forte motivazione storica, come risposta alla violenza del nazismo. Ma se può aver funzionato in passato, oggi, in una società e un’economia globalizzata, questo principio in realtà può rappresentare un forte limite per le indagini e i processi a carico di organizzazioni criminali che riciclano denaro.
Creare una guardia di finanza europea
Cosa può fare l’Europa per rendere più efficace la lotta al riciclaggio?
Alcuni passi avanti sono già stati fatti, come dicevo. E ora anche la Commissione Europea e i ministri delle finanze dei Paesi UE sono d’accordo sulla costituzione di un’autorità di vigilanza europea per il contrasto al riciclaggio di denaro. Un tema su cui l’Italia si è sempre dimostrata aperta mentre i tedeschi hanno sempre frenato, ma ora si sono convinti anche loro. Quello che manca e che nessuno vuole fare è, però, la creazione di una polizia finanziaria europea, una guardia di finanza dell’UE.
Chi si occupa di polizia finanziaria europea al momento?
Se ne occupa l’Europol, ma la divisione specifica che segue questo tema ha solo 65 dipendenti. Per carità, è già qualcosa rispetto al deserto che c’era prima ma non è nulla rispetto alle centinaia di miliardi di euro che si riciclano in Europa ogni anno. Nessuno però vuole sentire di parlare di una guardia di finanza europea. Ho fatto una domanda precisa sul tema sia al ministro delle Finanze italiano, Roberto Gualtieri, sia al suo omologo tedesco, Olaf Scholz, nel corso del nostro webinar di settembre, ma entrambi hanno nicchiato.
In Europa serve una vigilanza congiunta sul riciclaggio
Ma il riciclaggio in Europa è così grave da richiedere un impegno del genere?
Certamente. Il problema è molto serio, e ce ne accorgiamo a fronte di scandali sempre nuovi, come quello dei FinCenFiles. È più che mai urgente una vigilanza congiunta sul riciclaggio di denaro sporco, con un’unità di intelligence finanziaria europea (FIU, Financial Intelligence Unit).
La resistenza di molti Stati membri nei confronti di una FIU europea è scandalosa: se il crimine è internazionale il suo perseguimento non può continuare a rimanere nazionale.
Ci sono però le FIU nazionali…
Le FIU nazionali (in Italia l’Unità di Informazione Finanziaria presso la Banca d’Italia, ndr) sono sovracccariche di lavoro, non si può andare avanti così. Servribbe una FIU europea, come abbiamo la BCE per il sistema bancario, ma al momento ci dobbiamo accontentare di un “meccanismo di supporto e coordinamento”, che riesce a intervenire, a livello europeo, solo in casi molto rari, perché la competenza rimane saldamente in capo ai singoli Stati nazionali.
600 miliardi di euro all’anno riciclati in Europa, 100 miliardi in Germania
Quanto denaro si ricicla in Germania e in Europa?
Sull’economia illegale non ci sono dati certi ma solo stime. La stima più affidabile sulla Germania parla di 100 miliardi di euro all’anno di denaro riciclato. In generale si può ipotizzare che in Europa si ricicli da 2% al 5% del prodotto interno lordo, quindi a fronte di un Pil europeo pari a circa 12.000 miliardi di euro possiamo stimare che sia riciclato denaro per 600 miliardi di euro. Poi ci saranno Stati, come la Svezia, dove si ricicla di meno e altri in cui si ricicla di più ma la cifra aggregata dovrebbe essere intorno ai 600 miliardi. Se diamo per buoni i 100 miliardi per la Germania, saremmo intorno al 3% del PIL tedesco (anche per l’Italia si stimano 100 miliardi di euro, che corrisponderebbero però al 5% del Pil italiano, ndr).
Che possiamo fare come cittadini europei nell’immediato?
Si potrebbe iniziare da un gesto molto semplice, firmando l’appello congiunto italo-tedesco all’Unione Europea per una politica di tolleranza zero sul dumping fiscale, la frode fiscale e il riciclaggio, in modo da recuperare fondi da destinare alle misure di sostegno economico e sociale rese urgenti dalla pandemia. È un appello che ho lanciato personalmente, assieme ai professori di economia Tito Boeri e Guido Tabellini. L’hanno già firmato decine di accademici e politici, italiani e tedeschi, come Peter Bofinger, Franziska Brantner, Innocenzo Cipolletta, Carlo Cottarelli, Giampaolo Galli, Enrico Giovannini, Lucrezia Reichlin o Gesine Schwan.