Il Green Deal europeo che frena i rapporti con il Mercosur

Si accende il dibattito sugli accordi commerciali Unione europea-Mercosur, tra tariffe di importazione e restrizioni ambientali

Giorgio Michalopoulos
Lula ed Emmanuel Macron si sono confrontati alla Cop28 sull'accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur © Ricardo Stuckert/PR/Wikimedia commons
Giorgio Michalopoulos
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«Essere il primo continente neutrale dal punto di vista climatico»: è questo il motto di una delle politiche più ambiziose del secolo nell’Unione europea. Il Green Deal europeo punta alla transizione verso un’economia a basse emissioni di anidride carbonica, più sostenibile, efficiente sotto il profilo delle risorse e circolare. In termini pratici, secondo la Commissione nel 2050 le nostre economie non genereranno più emissioni nette di gas a effetto serra. Nel più breve termine, l’obiettivo per il 2030 è il 55% di emissioni gas serra in meno rispetto al 1990. In questo senso, l’Unione europea ha già fatto progressi a livello globale. La sua quota nelle emissioni mondiali è scesa dal 15,2% nel 1990 al 7,3% nel 2019, anno in cui è stata la quarta maggiore emittente.

Nel quadro di questi sforzi si collocano gli accordi commerciali con Paesi terzi e le regolamentazioni sulle importazioni. Questo perché è possibile “importare” deforestazione e disastri ambientali, se non si controllano le origini dei prodotti che entrano. Un tema che diventa delicato quando entra in gioco il Mercosur, il mercato comune che riunisce Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay (più gli altri membri associati e osservatori).

Il Brasile critica il regolamento europeo sulle importazioni

Al centro del dibattito c’è il recente EUDR, ovvero il regolamento sulle importazioni di materie prime e prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale. Un testo che ha creato un’ondata di irritazione nel Mercosur, in particolare in Brasile, con il ministro dell’agricoltura Carlos Favàro che lo ha definito come una «imposizione che colpisce la nostra sovranità e che non ammetteremo».

Il ministro è stato presidente dell’Associazione dei produttori di soia e mais dello Stato del Mato Grosso, ovvero il maggior produttore di soia del Paese, prodotto che ha contribuito al 10% del disboscamento dell’America Latina in 20 anni. Basti osservare i dati di MapBiomas per capire quanto l’agroalimentare nello stato di Mato Grosso sia responsabile del disboscamento.

Foresta e produzione agroalimentare
Dal 1985 al 2021 una grandissima fetta di foresta (parte in verde) è andata nelle mani della produzione agroalimentare (in giallognolo) © Mapbiomas

Un dato drammatico. Lo Stato infatti resta il terzo in Brasile a rischio deforestazione nel 2023. Nei suoi due anni di presidenza dell’Associazione sono stati registrati inoltre due tra i maggiori picchi di disboscamento illegale nel Mato Grosso (anni 2012 e 2013). Osservando questi dati si riescono a comprendere le preoccupazioni da cui nasce la EUDR e il suo contributo agli obiettivi del Green Deal, considerando che l’Unione è uno dei maggiori importatori di soia brasiliana.

Deforestazione in Mato Grosso
Evoluzione della deforestazione totale, legale e illegale in Mato Grosso, Fonte: G1

Cosa significa importare prodotti a deforestazione zero

Dal canto suo, il ministro Facàro non ha tardato a farsi sentire, paventando che l’applicazione del regolamento metta a rischio le relazioni commerciali tra Brasile e Unione europea. La critica maggiormente in voga è che questa regolamentazione, all’interno del più ampio accordo commerciale tra Ue e Mercosur, danneggi i piccoli produttori brasiliani.

Ma quale sarebbe il fulcro della disputa transatlantica? Le materie prime interessate sono per l’appunto soia, carne bovina, cacao, caffè, palma da olio, gomma e legno. Il nuovo regolamento europeo vieta l’importazione di tali materie che non siano a deforestazione zero. Dunque, il commerciante o l’operatore brasiliano interessato a esportare dovrà svolgere la cosiddetta due diligence, descrivendo i prodotti, l’elenco delle materie prime, la geolocalizzazione degli appezzamenti in cui esse sono prodotte ecc. (lo prevede l’articolo 9).

Le difficoltà nel raggiungere un accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur

L’accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur tarda da vent’anni ad arrivare. Sembra improbabile che sia l’Articolo 9 della EUDR il responsabile dell’ennesimo cortocircuito negoziale. Questa volta l’Unione, in particolare la Francia, va incontro all’accusa di protezionismo. Lula, presidente temporaneo del blocco commerciale latino, ha dichiarato durante un vertice del Mercosur a Rio de Janeiro: «Ho fatto appello a Macron affinché smettesse di essere così protezionista». In un’intervista diceva: «La Francia ha sempre ostacolato un accordo Ue-Mercosur perché è piena di piccoli produttori e vuole introdurre i suoi prodotti nei mercati. Quello che non sanno però è che anche noi abbiamo piccoli produttori e anche noi vogliamo vendere».

Paulo Nogueira Batista Jr, ex vice-presidente della Nuova Banca di Sviluppo dei Brics, scriveva per la testata Brasil de Fato un’ampia critica all’accordo commerciale. Secondo Batista Jr, «con l’accordo gli europei otterrebbero il libero accesso ai nostri mercati industriali, ma farebbero poche concessioni nei settori in cui i Paesi del Mercosur sono competitivi».

Nogueira osserva che l’accordo per il Brasile riduce a zero l’imposta sulle importazioni su oltre il 90% degli scambi di merci. «In altre parole, la riduzione a zero da parte nostra è un vantaggio importante per gli europei, ma da parte loro la riduzione è residuale, insufficiente perché il Brasile possa esportare beni industriali».

Cosa cambia con il meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere

Un ulteriore elemento critico dell’accordo è la presenza del Carbor Border Adjustment Mechanism (CBAM), ovvero il meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere (sempre all’interno del quadro del Green Deal). Si tratta di una sorta di dazio sulle importazioni che intende annullare gli eventuali vantaggi di costo di cui potrebbero godere le aziende che operano in Paesi senza un mercato della CO2 regolamentato, quando vendono i loro prodotti in Paesi in cui invece le regolamentazioni sono stringenti.

Su Folha de Sao Paulo, autorevole giornale brasiliano, emergono voci positive sul tema. Evidenziando come solo lo 0,5% delle esportazioni verso l’Unione europea sia soggetto al CBAM. Per quanto riguarda le esportazioni derivanti da deforestazione, scrive l’economista della Banca mondiale Shiren Mahdi su Folha, l’esposizione è sì relativamente maggiore, ma in percentuali sul totale che non superano il 5%. L’economista interpellata da Folha sostiene che questi accordi siano un’occasione per preparare le imprese brasiliane a un’integrazione globale sempre più verde.

Il dibattito tra Lula e Macron alla Cop28 di Dubai

Il dibattito sull’accordo commerciale si è riaperto in occasione della Cop28 di Dubai. Con i due grandi protagonisti, Lula ed Emmanuel Macron, che si sono presi il palco per spiegare le posizioni in gioco. Lula ha mantenuto i toni accusatori verso il protezionismo francese. Macron, in un inedito slancio ambientalista, ha commentato di non essere favorevole all’accordo Ue-Mercosur poiché «obsoleto» di venti anni e non aggiornato con le urgenze ambientali di oggi.

Dunque, mentre dal lato brasiliano c’è una discussione che parte anche dal regolamento sulle importazioni a zero deforestazione, dal lato francese le politiche commerciali europee sono antiche e non tengono conto delle urgenze ambientali. In questa fase negoziale tesa, Lula sembra godere di un buon supporto all’interno del Mercosur. Durante il vertice a Rio, ad esempio, il presidente dell’Uruguay Lacalle Pou ha definito quello di Lula come «un gran lavoro» criticando invece Macron, il quale «davanti alla stampa mette in discussione tutti i punti su cui i due blocchi (Ue e Mercosur) stanno lavorando».

In questo caos di protagonismo si è poi espressa la Commissione europea che ha confermato il continuo impegno per un accordo a stretto giro. Queste tensioni con l’Unione e le accuse di protezionismo consolidano sempre più il blocco dei Brics, capitanato dalla Cina, e di cui il Brasile fa parte. Nel corso di questo stallo, infatti, il gigante asiatico ha superato l’Unione europea come partner commerciale in America Latina. Che sia la Cop30 a Belem di Parà, in Brasile, il punto di svolta per un accordo decisivo?