Il piano di Lula: una moneta unica per l’America Latina

L'ex presidente del Brasile Lula ha proposto una moneta digitale unica per tutto il Sud America. Progetti simili, però, erano falliti

Lula è stato presidente del Brasile dal 2003 al 2011 © Rovena Rosa/Agência Brasil/Wikimedia Commons

Tra le proposte dell’ex presidente del Brasile, Lula da Silva, in corsa per le elezioni presidenziali che si svolgeranno a ottobre, c’è quella di creare una moneta unica in tutta l’America Latina. Un progetto non nuovo nella storia del continente, che ha tentato più volte di smarcarsi dal predominio del dollaro e che in questo modo cerca di rilanciare il commercio tra gli Stati.

Si dovrebbe chiamare Sur (“Sud” in spagnolo) e si tratterebbe di una moneta digitale, quindi non stampata su carta e monete. Una valuta, insomma, che non andrà a sostituire quelle dei singoli Paesi dell’America Latina. Si tratta piuttosto di una moneta complementare per i flussi commerciali e finanziari del continente.

In passato non è andata bene

L’America Latina ha una popolazione di 650 milioni di abitanti, quasi il doppio della zona euro (345 milioni), e la maggior parte dei Paesi parla la stessa lingua. Secondo molti, il continente ha bisogno di un’identità comune non solo culturale ma anche economica.

Eppure, le precedenti iniziative sono state un fallimento. Alla fine del 2008, dopo l’inizio della grande crisi finanziaria globale, otto Paesi dell’America Latina (Honduras, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica, Belize, El Salvador, Repubblica Dominicana, Panama) avevano lavorato a un progetto di valuta unica ma senza successo. L’anno successivo, Hugo Chavez, il presidente venezuelano, ha avviato il lancio della valuta “Sucre”, in omaggio al leader dell’indipendenza del 19esimo secolo Antonio José de Sucre.

Adottata dai Paesi della “Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA)” (tra cui Venezuela, Cuba, Nicaragua, Uruguay, Bolivia ed Ecuador), questa moneta comune complementare alle valute nazionali doveva promuovere il commercio. Ma le transazioni sono rimaste modeste, raggiungendo il picco dell’equivalente di 1 miliardo di dollari nel 2012.

La morte di Hugo Chavez e l’indebolimento dell’ALBA hanno poi condannato il sogno di una moneta latina autogestita e anticapitalista. I critici, inoltre, sottolineano che “Sucre” è stato utilizzato anche per scopi di riciclaggio da parte dei narcotrafficanti sudamericani.

La difficile sfida all’egemonia globale del biglietto verde

Questa volta le cose potrebbero andare diversamente. Il movimento di “de-dollarizzazione” è più forte oggi che in passato. Non parliamo solo dell’euro, che esiste dal 2002, ma in Asia molti flussi commerciali avvengono già in yuan, la moneta cinese.

Con il Sur, invece di ricorrere al dollaro, i Paesi sudamericani userebbero la valuta digitale emessa dalla banca centrale di uno dei Paesi aderenti. Ciascuna nazione fornirebbe poi capitale per sostenere il progetto monetario, assegnandogli parte delle proprie riserve di valuta estera. I governi riceverebbero in cambio la loro quota di Sur. Mentre il tasso di cambio con le varie valute dell’America Latina sarebbe variabile.

«Il SUR può avere sicuramente dei vantaggi – spiega Andrea Cornia, ex-docente di economia dell’università di Firenze ed esperto di Sudamerica -. Esso renderebbe le economie sudamericane più indipendenti dal dollaro: oggigiorno tutti i prezzi delle materie prime, compreso il petrolio, sono valutati in dollari. Quindi uno Stato che voglia acquistare queste risorse deve pagare in dollari. Questo aspetto è sempre stato un notevole problema per le instabili economie del Sudamerica. Con il Sur, invece, gli scambi si liquiderebbero nella stessa moneta. Noi europei conosciamo bene i vantaggi della moneta unica”.

Riconoscere Lula come leader dell’economia continentale

Per esaudire questo desiderio, però, le economie dell’America meridionale devono stabilizzarsi, con parametri simili a quelli rappresentati da Maastricht per l’euro, «ma meno rigidi» puntualizza il professore. «Prima di tutto vanno ridotte le disuguaglianze: il Sud America ha sempre avuto performance molto basse in termini di coefficiente di Gini (che misura quanto omogenea o diseguale sia la distribuzione di reddito o ricchezza tra la popolazione di un Paese, ndr). Negli ultimi 20 anni sono stati fatti notevoli progressi in termini di welfare state, quindi il futuro è promettente».

Per Cornia, come avvenuto nell’Unione Europea, il gruppo iniziale potrebbe essere composto inizialmente dalle economie più forti, come ad esempio Brasile, Argentina, Cile, Messico, Uruguay. Lo scenario sarebbe pressapoco uguale a quello europeo: «Ci saranno Paesi che non ne vorranno sapere, come la Guyana o il Belize che continueranno a guardare alla Gran Bretagna».

«E poi c’è un ultimo, non per importanza, nodo da sciogliere», conclude il docente. «Bisogna riconoscere chi comanda. Per anni noi in Europa abbiamo concordato che a guidare l’economia del continente fosse la Germania di Angela Merkel. Qui è necessario che l’Argentina, per esempio, e con lei tutti gli altri, riconoscano nel Brasile di Lula il ruolo di leader». Se dovesse effettivamente diventare il nuovo presidente, questa potrebbe diventare per Lula la sfida più ardua.