Guerra alle guerre o vincerà la fame: ecco i dati 2020
Conflitti armati, clima e Covid-19 rappresentano i principali freni nella lotta alla fame, che torna a crescere, nell'Indice globale 2021
Salvo miracoli inattesi, l’azzeramento della fame nel 2030 non verrà raggiunto. Perché la battaglia contro la denutrizione e la scarsità di cibo che – lo ricordiamo – è il secondo tra gli obbiettivi di sostenibilità dell’Onu, vede un’allarmante battuta di arresto nel suo perseguimento. Questo ci dicono le rilevazioni emerse nell’edizione 2021 dell’Indice globale della fame (il Global Hunger Index o GHI). Ovvero uno dei principali rapporti internazionali per la misurazione della fame nel mondo.
Nel 2030 ci saranno ancora 675 milioni di persone denutrite
Curata da Cesvi per l’edizione italiana e realizzata da altre due organizzazioni umanitarie, Welthungerhife e Concern Wordlwide, l’analisi prende in considerazione 116 Paesi (più 19 con una stima provvisoria). Un campione significativo di nazioni dove la disponibilità dei dati ha consentito di calcolare il punteggio GHI sulla base dell’analisi di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni.
E i dati non sono buoni. A maggior ragione dopo un anno flagellato dall’impatto del coronavirus. Sebbene infatti non siano ancora apprezzabili appieno gli effetti della pandemia di Covid-19 sull’aumento del numero di affamati, ai ricercatori già oggi appare evidente come lo shock economico che ne è derivato abbia pregiudicato la sicurezza alimentare. Effetti concreti? Il numero di persone in situazione di insicurezza alimentare acuta sarebbe cresciuto di quasi 20 milioni nel 2020 rispetto all’anno precedente. E, guardando oltre, la FAO stima che, proprio come conseguenza della pandemia, nel 2030 le persone denutrite saranno (ancora) 657 milioni, circa 30 milioni in più. Altro che fame zero!
Le tre C che alimentano la fame: Covid, clima e conflitti
Ma quali sono le cause, i fattori propulsivi che aggravano lo scenario e frenano i progressi. Il GHI 2021 cerca di darne conto sulla base dei numeri. In primo luogo a sospingere la fame sono i 169 conflitti armati tuttora in corso sul Pianeta, a cui si associano gli effetti del cambiamento climatico, col suo carico di eventi estremi, temperature torride, innalzamento dei mari… Senza, ahinoi, poter dimenticare il Covid-19. Ciò che appare più preoccupante, tuttavia, è la regressione dei risultati nella lotta alla fame che si mostra ormai come una tendenza. Se tra il 2006 e il 2012 il punteggio mondiale del GHI è sceso di 4,7 punti, negli ultimi nove anni è diminuito di soli 2,5 punti.
Spirale di guerra e Africa, l’osservato speciale
«I conflitti – spiega Valeria Emmi, Advocacy Senior Specialist di Fondazione Cesvi – sono la causa principale della fame e sono in aumento, metà delle persone affamate sono in zone colpite da conflitti, violenza e fragilità. Nel 2020 le crisi alimentari sono state causate più dai conflitti che da qualsiasi altro fattore. Il circolo vizioso, la connessione bidirezionale tra fame e conflitti è evidente e si autoalimenta. I conflitti pregiudicano infatti tutti i passaggi dei sistemi alimentari, la produzione, la raccolta e il consumo. L’aumento dell’insicurezza alimentare è connessa ai conflitti e, a sua volta, l’insicurezza alimentare favorisce lo sviluppo di conflitti».
Più guerra = meno cibo
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La prevalenza globale della denutrizione sta perciò aumentando dopo decenni, e soprattutto nei Paesi dove le condizioni di partenza richiedono un maggiore intervento. Secondo il GHI 2021, in un Paese, la Somalia, la fame è ad un livello «estremamente allarmante». In cinque Paesi è «allarmante» – Ciad, Madagascar, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Yemen – e provvisoriamente classificata allarmante in altri quattro: Burundi, Comore, Sud Sudan e Siria. La fame è stata identificata come «grave» in 31 Paesi e provvisoriamente classificata come tale in altri sei. Rispetto al 2012, la fame è aumentata in dieci Paesi con punteggi moderati, gravi o allarmanti.
«L’Africa – prosegue Emmi – è l’unica regione del mondo nella quale si prevede un aumento delle persone denutrite da qui al 2030. Di 47 Paesi che non riusciranno ad avere un livello basso di fame nel 2030, 28 si trovano in Africa. La pandemia, poi, con le restrizioni di movimento, ha acuito le condizioni di fame per i più fragili. E secondo la FAO a livello globale, la percentuale di Paesi afflitti da prezzi alimentari alti o moderatamente alti è aumentata notevolmente nel 2020, dopo anni di tendenza al ribasso».