Così la guerra in Ucraina minaccia la sicurezza alimentare. Il caso della Tunisia
La Tunisia dipende fortemente dalle importazioni di cereali da Russia e Ucraina. Ecco cosa potrebbe accadere se la guerra continuasse
«La situazione è stata difficile per anni. Ora dobbiamo salvare ogni chicco di grano o di orzo del raccolto di quest’anno, altrimenti non avremo alcuna protezione», ha dichiarato il governatore della Banca centrale della Tunisia, pochi giorni dopo l’inizio della guerra, a proposito delle ripercussioni economiche che la nazione africana potrebbe affrontare.
Oltre la metà delle importazioni di grano proviene da Ucraina e Russia
Infatti, più della metà delle importazioni di grano del Paese dipendono dall’Ucraina e dalla Russia. Di conseguenza, crescono i timori sui rischi posti dalla guerra per le forniture di grano e di orzo.
Su scala globale, d’altra parte, proprio Russia e Ucraina rappresentano più di due terzi delle esportazioni mondiali di cereali. Il bacino del mar Nero è dunque centrale nella produzione e nell’approvvigionamento alimentari mondiali. E in particolare la Russia si trova al primo posto nel mondo tra i Paesi esportatori di grano, mentre l’Ucraina figura al quinto posto.
L’impennata dei prezzi alimentari nel mondo
Ciò spiega le preoccupazioni che riguardano l’approvvigionamento di cereali manifestatesi all’annuncio dell’inizio delle operazioni militari in Ucraina, alla fine del mese di febbraio. I prezzi dei prodotti alimentari toccano livelli record, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Grano e orzo, per esempio, stanno registrando una crescita del 31% rispetto al 2021.
«La guerra ha importanti implicazioni per la sicurezza alimentare. Colpirà in particolare i Paesi che dipendono dalla Russia e dall’Ucraina per il 30% o più del loro approvvigionamento di grano. Molti di questi Paesi sono meno sviluppati, a basso reddito o in deficit alimentare, e sono sparsi tra Nord Africa, Asia e Vicino Oriente».
Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO)
È probabile, secondo la stessa organizzazione, che i Paesi che dipendono dalle importazioni di grano, come la Tunisia, aumentino fortemente le quantità richieste. Il che metterà ulteriore pressione sull’offerta mondiale. Il proseguimento della guerra avviata il 24 febbraio 2022 rischia perciò di rafforzare una crisi alimentare globale che può colpire più di 50 Paesi.
L’impatto della guerra sull’accesso al cibo
A causa del ruolo centrale dei due Paesi nella produzione e esportazione di cereali nel mondo, qualsiasi interruzione delle loro attività agricole e commerciali porta a un’alterazione dell’offerta mondiale di grano e dei suoi prezzi.
In Ucraina, le semine primaverili di grano sono di solito pronte per essere raccolte all’inizio dell’estate. Tuttavia, nel contesto attuale, la capacità degli agricoltori ucraini di raccoglierle e commercializzarle è incerta. Da un lato, l’esodo di massa della popolazione ha ridotto la forza lavoro. Dall’altro, l’accesso ai campi agricoli sta diventando difficile. Per questo motivo, il 3 marzo 2022, le autorità ucraine hanno annunciato un divieto di esportazione di grano per «prevenire una “crisi umanitaria in Ucraina”, “stabilizzare il mercato” e “soddisfare i bisogni della popolazione per i prodotti alimentari essenziali”».
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Le restrizioni alle esportazioni imposte da un gruppo di Stati
D’altra parte, i porti russi situati sul mar Nero sono ancora in attività e non ci si aspetta alcuna interruzione significativa della produzione agricola a breve termine. Tuttavia, data la posizione della Russia come primo produttore mondiale di grano, le sanzioni finanziarie imposte potrebbero portare a una penuria dell’offerta mondiale.
«La portata e la durata di questo conflitto sono ancora incerte. Possibili interruzioni delle attività agricole di questi due grandi esportatori di materie prime aggraverebbero seriamente l’insicurezza alimentare globale, dati gli alti e fluttuanti prezzi internazionali degli alimenti e dei fattori produttivi».
Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO)
Allo stesso tempo, con l’intensificarsi degli scontri militari aumenta il numero di Paesi che hanno vietato l’esportazione di un gruppo di prodotti alimentari per proteggere la loro sicurezza alimentare locale. Questo numero è salito a 13 Stati, guidati dalla stessa Russia. Oltre all’annuncio iniziale della sospensione temporanea delle esportazioni di fertilizzanti il 10 marzo, la Russia ha nuovamente dichiarato restrizioni alle esportazioni di grano verso quattro Paesi dell’ex Unione Sovietica per evitare carenze e aumento dei prezzi. La FAO ha avvertito che «la riduzione delle tariffe d’importazione o l’uso di restrizioni all’esportazione aiuterebbero a risolvere i problemi di sicurezza alimentare in alcuni Paesi nel breve termine. Ma porterebbero anche a prezzi più alti sui mercati mondiali».
La Tunisia si affida ai cereali per garantire la sua sicurezza alimentare
La dieta tunisina, secondo l’indagine nazionale sull’alimentazione delle famiglie, è composta principalmente da cereali. Il consumo medio annuo di questo prodotto è di circa 174,3 chilogrammi per persona. Le modalità di consumo variano a seconda della regione di residenza.
Il consumo medio pro capite di cereali nelle zone rurali supera di oltre 30 chilogrammi quello delle zone urbane. Inoltre, la metà o più delle calorie, dell’albumina e del ferro è fornita proprio dai cereali.
Un consumo annuo di 3 milioni di tonnellate
Negli ultimi anni i tunisini hanno consumato più di 3 milioni di tonnellate di tali beni alimentari all’anno, divisi equamente tra grano duro, grano tenero e orzo.
Il concetto di sicurezza alimentare, così come viene definito oggi, differisce dalla definizione precedente e non va confuso con l’autosufficienza alimentare, che si basa sulla capacità di uno Stato di soddisfare tutti i bisogni alimentari di una popolazione attraverso la sola produzione interna. Secondo la definizione del World Food Summit del 1996, «la sicurezza alimentare esiste quando tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso economico, sociale e fisico a cibo sufficiente, sicuro e nutriente. Che soddisfi le loro necessità dietetiche e le loro preferenze alimentari per permettere loro una vita attiva e sana».
Questa definizione, secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, è la più in linea con le attuali trasformazioni. Poiché permette ai Paesi di gestire il costante aumento del consumo alimentare e di compensare le fluttuazioni della produzione e dei prezzi.
I mercati esteri garantiscono due terzi del fabbisogno di cereali della Tunisia
Per garantire la sua sicurezza alimentare, la Tunisia ricorre ai mercati esteri, che le forniscono circa due terzi del suo fabbisogno di cereali. Questa dipendenza è aumentata negli ultimi anni, in particolare per le ripercussioni della crisi del Covid sulle quantità e i prezzi della produzione mondiale di cereali. Così, la produzione locale di cereali copre solo una piccola parte del fabbisogno totale dei tunisini.
L’Ufficio Nazionale dei Cereali ha il monopolio delle importazioni per coprire i bisogni del Paese non garantiti in loco. Per farlo, le importazioni di cereali si realizzano attraverso gare d’appalto internazionali ristrette, lanciate quando la fattibilità dell’acquisto è convalidata. Secondo il direttore generale della produzione agricola, Abdelfattah Saïd, la commissione d’acquisto dell’Ufficio dei cereali determina le sue richieste in funzione del prezzo dei cereali sui mercati internazionali e lo stock. Che deve coprire quattro mesi di consumo. La commissione d’acquisto pubblica lancia mensilmente dei bandi per compensare ciò che è stato consumato. «Le gare d’appalto – spiega Saïd – sono assegnate ai fornitori che offrono il prezzo più basso, tenendo conto delle esigenze specifiche di qualità in Tunisia».
«Non abbiamo molta capacità di stoccaggio. A volte i prezzi di mercato scendono e non possiamo comprare il grano perché non riusciamo a trovare un posto per conservarlo. Ciò è dovuto al fatto che la capacità totale di stoccaggio tra l’Ufficio dei cereali e i privati non supera l’1,4 milioni di tonnellate».
Abdelfattah Saïd, direttore generale della produzione agricola al ministero dell’agricoltura tunisino
Come cambiano le importazioni con le stagioni
La Tunisia si rifornisce generalmente di cereali secondo il calendario mondiale della produzione cerealicola. Che corrisponde alle stagioni del raccolto di ogni regione del mondo, poiché i prezzi scendono nei periodi di abbondanza. In autunno, i raccolti di grano primaverile sono importati dall’Europa dell’Est e dai Paesi del bacino del mar Nero. Mentre in inverno sono importati dal Nord e Sud America.
La Tunisia ricorre alle importazioni dalle scorte strategiche dei grandi Paesi produttori dell’Europa occidentale, o dai Paesi del bacino del mar Nero per gli altri periodi dell’anno. In estate, l’offerta dipende principalmente dalla produzione locale.
Per quanto riguarda la produzione locale, l’Ufficio Cereali è responsabile della supervisione, della regolamentazione e del controllo della raccolta, del ricevimento, dell’immagazzinamento e della vendita di tutti i quantitativi di cereali raccolti. Tuttavia, la differenza tra la quantità di grano prodotta annualmente e quella raccolta dall’Ufficio è notevole. «Produciamo circa 1,6 milioni di tonnellate all’anno. Di cui solo circa la metà è immagazzinata all’Office des Céréales», spiega Saïd.
Le conseguenze della liberalizzazione del commercio di orzo
Il diregente collega l’incapacità dello Stato di raccogliere tutti i cereali alla liberalizzazione del commercio dell’orzo in Tunisia. Inizialmente, la produzione locale è divisa tra 450mila tonnellate di orzo, 950mila tonnellate di grano duro e il resto è diviso tra altri tipi di grano tenero “trittico”.
«Negli ultimi anni con l’aumento della domanda di materie prime per mangimi, i cui prezzi sono aumentati sui mercati internazionali, i produttori hanno cominciato a preferire di vendere i loro raccolti di orzo sul mercato locale e lo Stato non ne immagazzina. Aggiungete a questo le sementi e il consumo personale, così come il contrabbando e i canali di raccolta inefficienti, e lo Stato raccoglie solo la metà del suo raccolto di cereali all’anno».
Abdelfattah Saïd, direttore generale della produzione agricola del ministero dell’agricoltura.
Una crisi accentuata dalla guerra, ma che viene da lontano
«Le navi stanno arrivando, in questo momento, con le nostre solite importazioni di grano. Abbiamo abbastanza scorte disponibili fino a maggio o giugno. Dopo faremo affidamento sul raccolto tunisino, che rafforzerà le nostre scorte. Non abbiamo un problema al momento». A dichiararlo è stato Mahmoud Elyes Hamza, ministro dell’Agricoltura, rispondendo alle preoccupazioni che gli acquisti a contratto non avrebbero raggiunto i porti tunisini.
Tuttavia, la minaccia alla sicurezza alimentare ha cominciato a farsi sentire verso la fine del 2021. Prima dello scoppio della guerra e ancor prima che si intensificassero i timori di uno scontro armato. Il 20 dicembre 2021, infatti, l’agenzia di stampa Tunis Afrique annunciò che quattro navi straniere cariche di grano, orzo e farina importati erano rimaste in mare senza poter accedere al porto commerciale di Sfax e scaricare il loro carico. Ciò a causa dell’incapacità dell’Office des Céréales di assicurare il pagamento delle merci importate. L’agenzia di stampa ufficiale attribuì il fatto al «declassamento del rating della Tunisia negli ultimi mesi». La nazione nordafricana era stata infatti classificata tra i Paesi incapaci di pagare. Il che ha portato i fornitori stranieri a chiedere il pagamento immediato delle merci.
Il deficit commerciale alimentare della Tunisia in forte aumento
Questo in un contesto in cui il deficit commerciale alimentare tunisino è cresciuto a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime causato dalla crisi del Covid. Il valore totale delle importazioni di cereali è aumentato da circa 513 milioni di dollari nel 2019 a circa 849 milioni di dollari nel 2021.
Il calo delle riserve in valuta estera in Tunisia – che si trovavano a 127 giorni al momento della pubblicazione di questo articolo – complica il processo di approvvigionamento di cereali importati. Di fronte a un aumento senza precedenti dei prezzi delle materie prime alimentari, che hanno raggiunto livelli record, la dipendenza alimentare pesa sulle finanze pubbliche. Che stanno ancora subendo le ripercussioni della crisi del Covid.
I prezzi sono aumentati alla fine di gennaio, in parte proprio a causa dei timori di un’invasione russa dell’Ucraina, secondo l’ultima pubblicazione dell’Osservatorio Tunisino dell’Agricoltura. D’altra parte, mentre i prezzi dei cereali continuano a salire dopo l’inizio della guerra, le azioni dello Stato tunisino si sono limitate a un comunicato del ministero dell’Agricoltura, secondo il quale «l’Ufficio dei Cereali ha potuto, nell’ultimo periodo, finalizzare il programma di approvvigionamento per garantire la copertura del fabbisogno del Paese in grano duro e orzo fino alla fine di maggio 2022. E in grano tenero fino alla fine di giugno 2022». Durante questo periodo, la Tunisia sarà risparmiata dalle turbolenze derivanti dai conflitti nella regione del bacino del Mar Nero, secondo la dichiarazione.
Il rischio di un’ulteriore pressione sui prezzi
Da parte sua, la Banca Centrale ha notato in un comunicato che «in assenza di decisioni appropriate urgenti, l’aumento dei prezzi globali delle materie prime e dell’energia e il declino dell’attività dei principali partner commerciali, oltre al clima di incertezza, peggioreranno il deficit delle partite correnti. E aumenteranno le pressioni inflazionistiche nel futuro».
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Nonostante numerosi tentativi, non è stato possibile ottenere informazioni precise sulle misure adottate dal governo o dall’Office des Céréales in questa difficile situazione. Da parte sua, Saïd conferma che il ministero è impegnato a migliorare la resa della produzione cerealicola locale. E ad espandere la capacità di raccolta e di stoccaggio del raccolto di quest’anno. «Sfrutteremo – ha spiegato – tutte le possibilità che esistono per immagazzinare un massimo di raccolti. Questo significa probabilmente utilizzare centri privati, così come le riserve dell’Office des Céréales ee delle Terres Domaniales».
Tuttavia, l’uso delle colture per assicurare la sicurezza alimentare nei prossimi mesi non sembra garantito, data la fluttuazione della produzione locale storicamente legata al cambiamento dei fattori climatici. «La situazione – ammette Saïd – finora è considerata soddisfacente, ma è probabile che peggiori, a seconda delle precipitazioni». Mentre le forniture per i mesi successivi rimangono legate alla fragile situazione in Ucraina e alla vulnerabilità dei mercati globali.
Questo articolo è stato pubblicato dal sito Inkyfada.com e tradotto dalla redazione di Valori.it.