I Gesuiti: migrazioni causate (anche) dall’evasione fiscale
Un rapporto dell'ordine religioso rivela: ingenti capitali occultati al fisco degli Stati africani finiscono nei Paesi europei. La sola Germania ne riciclerebbe tra 50 e 100 miliardi
Un rapporto inedito. Non solo per le istituzioni che l’hanno prodotto ma anche per la metodologia usata per raccogliere le informazioni. “Steuergerechtigkeit und Armut” (Giustizia fiscale e povertà) è il frutto del lavoro di tre missioni di padri gesuiti. Dal 2012 al 2017, hanno messo in correlazione evasione fiscale e disuguaglianze sociali in tre Paesi apparentemente molto diversi tra loro ma in realtà molto simili: Zambia, Kenya e Germania (in particolare la Baviera).
“La fiducia ci ha aperto molte porte”
Pubblicata a marzo scorso, la ricerca dei gesuiti si basa soprattutto su interviste anonime e confidenziali con esperti. Ed è proprio questo il suo valore aggiunto. «È molto raro che i consulenti fiscali si dichiarino disponibili a parlare del loro lavoro», si legge nel rapporto. «Come istituzioni religiose godiamo però di grande rispetto e fiducia e questo ci ha aperto molte porte. Non conosciamo analisi che siano basate su una simile varietà di fonti».
In fuga il 5% del Pil dello Zambia
Il rapporto non si concentra tanto sulle pratiche fiscali delle grandi imprese multinazionali. «Su di esse esiste già un’abbondante letteratura», sottolineano gli autori del rapporto. Ad essere indagati sono piuttosto i grandi capitali di privati cittadini e della criminalità organizzata. In fuga dai Paesi poveri per trovare un impiego sicuro e redditizio nei Paesi ricchi.
Gli analisti della Compagnia di Gesù, hanno stimato che dallo Zambia escano illegalmente, ogni anno, circa 2,9 miliardi di dollari, sottratti alla tassazione locale. In Kenya si parla di circa 83 milioni di dollari.
«In termini assoluti le cifre possono sembrare poco significative ma, in relazione al prodotto interno lordo, i danni creati dalla fuga di capitali sono molto rilevanti (circa il 5% del PIL in Zambia)».
E se i Paesi africani sono esportatori netti di ricchezza criminale o che comunque sfugge alla tassazione, i Paesi ricchi spalancano le porte a denaro di provenienza dubbia. La sola Germania ne riciclerebbe dai 50 ai 100 miliardi di euro all’anno all’interno della propria economia legale.
Quanta opacità attorno a Berlino
Non è un caso che la Germania sia considerato dall’ONG Tax Justice Network (TJN, Rete per la giustizia fiscale) uno dei dieci Paesi più opachi al mondo in termini finanziari: all’interno della classifica del Financial Secrecy Index (Indice di segretezza finanziaria) si trova al settimo posto, poco dopo il Lussemburgo, Singapore e le isole Cayman ma prima di Panama, delle Isole Vergini Britanniche e delle Bahamas.
«Nella legislazione fiscale tedesca si trovano enormi scappatoie e la stessa applicazione delle leggi anti-riciclaggio è molto superficiale», spiega impietosamente TJN. «In Germania manca un catasto centrale degli immobili e dei terreni ed è molto difficile risalire ai veri proprietari di partecipazioni in imprese o di titoli finanziari», si legge nella ricerca dei gesuiti. «Per questo sarebbe auspicabile un intervento dello Stato per migliorare la trasparenza dei flussi di contante e di capitali: le informazioni dovrebbero finalmente essere accessibili a tutti e Berlino dovrebbe smetterla di bloccare iniziative legislative europee per ridurre l’opacità delle transazioni finanziarie».
Senza evasione non servirebbero aiuti allo sviluppo
La conclusione del rapporto ha una logica cristallina: «l’Africa è, nei fatti, un continente ricco. Se i Paesi africani non possono offrire una vita migliore ai propri cittadini è anche colpa di Paesi come la Germania», ha dichiarato il sociologo gesuita Jörg Alt, che ha coordinato le ricerche.
«Se i Paesi africani potessero prevenire le fughe di capitali all’estero e riuscissero a tassare la creazione del relativo valore aggiunto in patria non ci sarebbe bisogno di aiuti allo sviluppo e si potrebbero, allo stesso tempo, ridurre i flussi migratori verso l’Europa».
Per ora, però, manca la volontà dei Paesi ricchi, che hanno tutto l’interesse ad attirare capitali di dittatori, criminali e signorotti locali africani. In Baviera servirebbero 1.844 funzionari in più nelle amministrazioni fiscali e doganali (il 12% del totale attuale) per riuscire a contrastare efficacemente il riciclaggio di denaro proveniente dall’estero. Costano caro, è vero, ma al momento il governo bavarese preferisce spendere i soldi nel controllo delle frontiere, con costi dai 400 ai 990 milioni di euro.