Qual è l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale
L'intelligenza artificiale potrebbe essere un'alleata nella lotta alla crisi climatica, ma la sua diffusione rischia di nascondere un pesante costo ambientale
Di intelligenza artificiale si parla ormai ovunque. Sia per vantarne le funzioni, sia per mettere in guardia dai pericoli che possono derivarne. E da più parti ci si chiede quale sia il suo impatto ambientale.
AI: che cos’è
Le intelligenze artificiali (AI nel loro acronimo inglese) sono sistemi informatici progettati per simulare il pensiero umano o parte di esso. Si studiano dagli albori dell’informatica, ma è con l’avvento dell’ultima generazione di prodotti che il tema è arrivato al grande pubblico. È il caso di ChatGPT, intelligenza generativa testuale capace di simulare la conversazione scritta con un essere umano. È il caso di Midjourney, la più celebre tra le AI text-to-image, capace cioè di produrre un’immagine a partire da un testo scritto dall’utente. Entrambi i software attingono dall’enorme mole di contenuti presenti sul web per elaborare le loro risposte, e grazie a questi dati si addestrano – cioè imparano a rispondere in modo più efficace agli input degli utenti.
Le intelligenze artificiali funzionano tipicamente in cloud. Ovvero per funzionare passano, analogamente ad altri servizi informatici, da grandi server. Infrastrutture che richiedono energia e, spesso, acqua. E su questi consumi si concentra chi sta indagando sull’impatto ambientale dell’AI.
Quanto emette la tua ricerca su ChatGPT
In molti sperano che l’intelligenza artificiale si riveli un alleato nella lotta contro la crisi climatica. AI sofisticate potrebbero, nel vicino futuro, aiutarci a studiare più a fondo il funzionamento dell’atmosfera, aumentare l’efficienza di impianti industriali, gestire reti elettriche basate su fonti rinnovabili. Ma nel computo dell’analisi costi-benefici devono essere inserite anche le emissioni che l’intelligenza artificiale produce.
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«Se vuoi salvare il Pianeta con l’AI, devi anche considerarne l’impronta ambientale. Non ha senso bruciare foreste per alimentare l’intelligenza artificiale che traccia la deforestazione», è il commento di Sasha Luccioni, ricercatrice di Hugging Face, riportato dal Guardian.
Una nuova bomba climatica?
Capire quanto emetta il settore non è facile. Nel 2019 l’università del Massachussets ha provato a stimare il peso in termini di emissioni di CO2 della fase di addestramento di un’intelligenza artificiale generativa. Il risultato è di circa 280 tonnellate di anidride carbonica, grossomodo cinque volte le emissioni di un’automobile nel suo intero ciclo di vita, compresa la produzione. Nel mondo dell’AI, però, dal 2019 ad oggi moltissimo è cambiato. Se un software dell’epoca si basava su alcune centinaia di milioni di parametri, le moderne versioni contano su migliaia di miliardi di parametri. ChatGP3, ad esempio, ha prodotto 550 milioni di tonnellate di anidride carbonica in fase di addestramento – si stima. Su ChatGP4 non si hanno dati, ma è realistico aspettarsi una crescita importante.
Lo studio più inquietante è del danese Kasper Groes Albin Ludvigsen, fondatore della Danish Data Science Community. Secondo i suoi calcoli, se tre miliardi di persone utilizzassero ChatGPT4 ogni giorno, con una trentina di ricerche al giorno, in vent’anni avremo una nuova bomba climatica – termine con cui ci si riferisce a quei progetti capaci da soli di generare più di un miliardo di tonnellate di CO2. È uno scenario forse pessimista – Ludvigsen stesso lo definisce «estremo». Ma l’ipotesi va presa in seria considerazione.
Consumo idrico, i dati
C’è poi il capitolo dell’acqua. I server ne richiedono molta, in modi diversi. L’addestramento di ChatGP3 di cui già abbiamo parlato avrebbe richiesto qualcosa come 3,5 milioni di litri d’acqua. Una singola conversazione sullo stesso software, approssimata ad una ventina di scambi, ne richiede mezzo litro.
Per ora la scarsità idrica non ha l’AI tra le sue cause. Ma in un futuro in cui questi sistemi dovesero diventare esponenzialmente più diffusi, è lecito aspettarsi un boom del consumo d’acqua?
Il futuro dell’intelligenza artificiale, tra opacità e ricerca
Per ora i dati a disposizione sull’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale rimangono scarsi. È anche un problema di trasparenza: le aziende del settore non divulgano informazioni sul tema e non sembrano, per ora, preoccuparsene troppo. «Non sappiamo quanti utenti ci siano o quale sia il consumo energetico dei centri dati di ChatGPT», spiega Ludvigsen.
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Il futuro in ogni caso non è segnato. Un’enorme differenza la farà la penetrazione delle energie rinnovabili nel mix energetico che alimenta i server, e la crescita dell’efficienza. L’università di Bologna ha proposto in una recente ricerca il concetto di carburacy, ovvero l’accuratezza di una risposta fornita dall’AI parametrata alle emissioni prodotte.
Non è detto, però, che la tecnologia da sola risolva il problema. E che quindi prima o poi sul tavolo dei decisori politici non si affacci la questione del limite all’uso delle AI per ragioni ambientali.