Ipotesi, draft, sommario: se questo è il nuovo Pniec

Il ministro Gilberto Pichetto Fratin pensa di riformulare il Piano nazionale integrato Energia e Clima del 2020. Ma tra il dire e il fare...

Giovanni Cirone
Il Pniec rappresenta un documento fondamentale per indirizzare le politiche energetiche a favore della lotta ai cambiamenti climatici © Velishchuk/iStockPhoto
Giovanni Cirone
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«Meno bonus, meno sussidi e sconti temporanei, ma azioni con un disegno strutturale». E ancora: il gas come «cintura di sicurezza» delle fonti rinnovabili; il biometano come «l’oro verde del futuro»; fondamentale lo sviluppo dell’idrogeno.

Al cospetto del parterre Proxigas già nel gennaio scorso il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), Gilberto Pichetto Fratin, ipotizza la riformulazione del Pniec, ovvero del Piano nazionale integrato Energia e Clima. Il consesso non è roba da poco: trattasi dell’Associazione, partorita un anno fa, che ha aggregato Igas Imprese Gas e Anigas, realtà del settore e Confindustria doc. L’occasione serve per affermare la volontà del governo: «Uscire dai meccanismi di emergenza» e trasformare la Penisola italica in “hub” del Mediterraneo. Ovvero in una sorta di mega-distributore di gas. Il Pniec, dunque, è la chiave di questa visione. Si parte dall’ultima versione del Piano che risale a gennaio 2020. Bene: ma cos’è il Pniec?

l perché del Piano nazionale integrato Energia e Clima

Frutto del Regolamento europeo sulla governance dell’unione dell’energia e dell’azione per il clima, e in coerenza con le regole europee vigenti e con i provvedimenti attuativi del pacchetto europeo Energia e Clima 2030, il Pniec è lo strumento con cui ogni Stato stabilisce il proprio contributo agli obiettivi, da centrare entro sette anni, su efficienza energetica e fonti rinnovabili.

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Lo sviluppo delle rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi che si è posta l’Unione Europea © Evgeniy Alyoshin/Unsplash

Ogni Paese membro dell’Unione europea, in questo modo, deve indicare i propri target. Declinati in cinque “dimensioni dell’energia”: decarbonizzazione (incluse le fonti rinnovabili); efficienza energetica; sicurezza energetica; mercato interno dell’energia; ricerca, innovazione e competitività.

La promessa di cambiare il Pniec italiano

Da quei giorni di gennaio, la promessa di cambiamento – sì, ad oggi, non la si può intendere in altro modo – salta su nei primi giorni di questo mese di luglio. Dal ministero condotto da Pichetto Fratin sarebbe partita alla volta di Bruxelles una rinnovata edizione del Piano nostrano. I fatti, però, contraddicono sia l’oggetto che la spedizione.

Sull’oggetto è lo stesso ministro ad avallarne l’incertezza identitaria. Non è un nuovo Pniec, ma una «sintesi di presentazione del Pniec – afferma la guida del Dicastero, durante la prima giornata dell’Ecoforum – il documento è in una fase di drafting». E si è «in dirittura d’arrivo». Dunque, il documento definitivo non c’è. Per quanto concerne la spedizione, si può dire che stralci del “draft” circolano quasi di contrabbando. Il testo è assente dal sito del ministero competente, i suoi contenuti non sono stati inviati al Parlamento. Né, tanto meno, appaiono online sulle pagine della Commissione di Bruxelles.

Il racconto della promessa di cambiare il Pniec italiano

Per capire dunque l’odierno iter di aggiornamento del Pniec – la cui approvazione definitiva sarebbe prevista per giugno 2024 – per ora fa fede la sola narrazione del ministro. E una velina del ministero: quota del 40% di rinnovabili (circa 10 punti in più del precedente Piano, ndr) nei consumi finali lordi di energia che sale al 65% per i consumi solo elettrici; il 37% di energia da rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento; il 31% nei trasporti; il 42% di idrogeno da rinnovabili per gli usi dell’industria.

«Con questo testo – racconta Pichetto Fratin – vogliamo indicare una via alla transizione che sia realistica e non velleitaria, dunque sostenibile per il sistema economico italiano».

The Italian Way per un Pniec realistico e non velleitario

Se questa è la linea (a quanto pare ferreamente antitetica a quella prodotta dal precedente esecutivo), e in attesa del conforto di dati attinenti, si può intanto definire qualche certezza. Quando esisterà, la nuova proposta italiana andrà al vaglio dell’Europa e – particolare non irrisorio – sarà soggetta a Vas (Valutazione Ambientale Strategica). Delicata tempistica questa tra Ue e Vas; quest’ultima può tranquillamente cambiare quanto inviato a Bruxelles.

Oltre al Mase, inoltre, il nuovo Pniec sarà elaborato con il supporto operativo del Gse, di Rse per la parte energetica, dell’Ispra per la parte ambientale, di Enea, di PoliTo e PoliMi per la parte della ricerca e innovazione. Non è tutto, però: per raggiungere gli obiettivi, al processo governato dal Mase contribuiranno altri dicasteri, dal ministero dell’Economia a quello delle Infrastrutture e Trasporti, da quelle di Imprese e Made in Italy a quello dell’Università e della Ricerca. Sarà istruttivo conoscere il singolo apporto di tanti protagonisti su energia e clima: modellizzazioni ed elaborati, certo, non mancheranno.

Improbabile l’obiettivo di 6,5 milioni di auto elettriche nel 2030 e Pniec senza un euro

Per ora, accontentarsi della proposta quindi. Nell’attesa, comunque, c’è chi si è già espresso sull’odierna “fase di drafting”. Solo un paio di esempi. «L’obiettivo (raccontato dal ministro Pichetto Fratin, ndr) di 6,5 milioni di auto elettriche al 2030, contro le 300mila attuali, per noi è altamente improbabile»: e «noi» sta per Gianni Murano, neopresidente dell’Unem, Associazione dei petrolieri italiani.

«Un’ora fa – dice il 3 luglio il direttore scientifico Asvis, Enrico Giovannini – il governo ha trasmesso, all’ultimo momento possibile, il Pniec. Anche se fosse il piano migliore al mondo, non ha un euro di finanziamento, così rischia di restare un pezzo di carta. In questo momento in cui il governo dice di voler modificare il Pnrr, forse si potrebbe cogliere l’occasione per dare forza al Pniec che non ha fondi».

La non proposta antismog: smart working e short week

Fortunatamente, il “draft” raccontato dal ministro punta i riflettori anche sullo smog. Peccato però che non proponga. «Non è una proposta – precisa Pichetto Fratin – ma le ipotesi che prevede il Pniec». Ovvero? «Bisogna intervenire con meccanismi che facciano in modo di diminuire il traffico a motore che genera polveri sottili». Impeccabile. Nel merito, il ministro detta la sua formula: «Valutare, a parità di ore, organizzazioni di lavoro diverso; questo fa parte poi delle contrattazioni». Certo: anche solo nel campo delle ipotesi, esistono ancora i sindacati.