Joe Biden ci regala una nuova bomba climatica: il progetto Willow, in Alaska

Con il via libera al progetto Willow per trivellare l'Alaska, Joe Biden contraddice in modo clamoroso le proprie ambizioni climatiche

Un oleodotto in Alaska © kyletperry/iStockPhoto

«La crisi climatica riguarda la sicurezza umana, economica, ambientale, nazionale, e la stessa vita sul nostro Pianeta. Per questo, oggi voglio condividere con voi come gli Stati Uniti stanno affrontando la crisi climatica con urgenza e determinazione per garantire un pianeta più pulito, più sicuro e più sano per tutti noi». Quando ha pronunciato queste parole alla Cop27, la Conferenza sul clima che si è tenuta in Egitto a novembre 2022, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato interrotto più volte dagli applausi. Il pubblico del centro congressi di Sharm el-Sheikh, con ogni probabilità, non immaginava che appena quattro mesi dopo sarebbe stato proprio lui a dare il via libera al progetto Willow. Cioè a una gigantesca operazione di trivellazioni petrolifere in Alaska. Una bomba climatica in piena regola.

Joe Biden alla Cop27

Cos’è il progetto Willow per le trivellazioni in Alaska

Gestito dalla compagnia petrolifera ConocoPhillips, il progetto Willow prevede di estrarre petrolio da tre siti di perforazione. Per farlo bisognerà scavare fino a 250 pozzi, costruire circa 60 chilometri di strade e oltre 620 chilometri di oleodotti, oltre a un impianto di trattamento. Tutto questo nella National Petroleum Reserve in Alaska, più di 300 km a nord del Circolo Polare Artico. È di proprietà del governo federale e, fino a oggi, è stata la più vasta area statunitense non toccata dall’uomo.

La produzione petrolifera stimata è pari a 160mila barili al giorno per i prossimi trent’anni. Durante questo periodo, bruciare quel petrolio emetterà in atmosfera circa 260 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Per avere un termine di paragone, sono le stesse emissioni prodotte da 1,7 milioni di automobili nello stesso periodo. Oppure, quelle generate ogni anno da quasi un terzo delle centrali a carbone americane.

La gigantesca contraddizione in cui è incappato Joe Biden

L’approvazione del progetto non è stata rapida né immediata. Joe Biden si è trovato tra due fuochi, spiega il New York Times. Sul versante del sì le lobby petrolifere e i parlamentari dell’Alaska, supportati peraltro dai sindacati e anche da alcuni residenti dell’area. A ingolosirli, la promessa di creare 2.500 posti di lavoro e generare 17 miliardi di dollari di entrate per il governo federale. Sul fronte opposto, le organizzazioni ambientaliste e le comunità indigene che abitano nei pressi del sito estrattivo, spaventate dalle sue catastrofiche conseguenze sul Pianeta.

Per calmare le acque, domenica 12 marzo l’esecutivo statunitense ha annunciato il divieto a qualsiasi futura concessione petrolifera nella parte statunitense dell’Oceano Artico, e l’introduzione di nuove e più stringenti regole per la protezione dell’Alaska. Dopo poche ore, però, è arrivato il sì al progetto Willow. La segretaria all’Interno Deb Haaland l’ha descritto come un «tema difficile e complesso che è stato ereditato» dalle precedenti amministrazioni, tema sul quale il potere decisionale era «limitato».

Da solo, il progetto Willow vanifica i miliardi investiti per il clima

Joe Biden si era fatto eleggere con una promessa altisonante: azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra dell’economia a stelle e strisce entro il 2050. Un’analisi indipendente condotta dal Centre for American Progress (CAP) sostiene però che il progetto Willow, da solo, sia destinato a vanificare gran parte di questi sforzi. Nello specifico, l’amministrazione si è posta l’obiettivo di collocare sul suolo e sulle acque pubbliche impianti con una capacità complessiva pari 30 gigawatt di energia eolica offshore entro il 2030 e a 25 GW di energia solare, eolica e geotermica entro il 2025. Tutto ciò eviterebbe 129 milioni di tonnellate di CO2, sempre entro il 2030. La metà di quelle che, viceversa, verranno generate nei prossimi tre decenni dalle trivelle in Alaska.

La realtà è che trivellare terre e mari significa condannare il nostro Pianeta alla catastrofe climatica. Già nel 2022, cioè prima che venisse approvato questo ennesimo progetto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia aveva dato un messaggio ben chiaro. Per avere almeno la possibilità di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi, non c’è spazio per nuovi investimenti nei combustibili fossili.

La levata di scudi delle ong ambientaliste

Non stupisce, dunque, che Greenpeace parli esplicitamente di «tradimento» e di «fallimento» dell’amministrazione Biden.

«Non possiamo trivellare la nostra strada verso un futuro sostenibile. Dobbiamo conservare le terre pubbliche, non svenderle alle multinazionali che inquinano». Inizia così il durissimo commento di Ben Jealous, direttore esecutivo della ong ambientalista Sierra Club, che pure non può essere sospettato di antipatie politiche nei confronti di Biden, avendo sempre militato per il partito democratico ed essendo stato sostenitore di Bernie Sanders.

«Consentendo a ConocoPhillips di portare avanti questa operazione, lui [Joe Biden] e la sua amministrazione hanno reso quasi impossibile raggiungere gli obiettivi climatici che si erano prefissati per i terreni pubblici», dichiara. L’inquinamento generato da Willow, continua, «avrà effetti devastanti per le nostre comunità, la fauna selvatica e il clima. Ne subiremo le conseguenze per decenni». Ed è vero che, contestualmente, Joe Biden ha ampliato le tutele per il territorio e le acque dell’Alaska. Ma è altrettanto vero che il progetto Willow, da solo, «potrà spazzare via molti di questi benefici climatici e ambientali».