Un tool per smascherare il greenwashing della finanza

Una coalizione di 15 Ong ha sviluppato l'Oil and gas policy tracker, che permette di valutare i comportamenti di 150 colossi della finanza

La guerra in Ucraina pone il Pianeta, ancora di più, ad un bivio. Lo stesso al quale ci aveva già portati la crisi climatica in atto: governare la rivoluzione della transizione ecologica, oppure assistere a una catastrofe. Le fonti fossili rappresentano il principale motore del riscaldamento globale. E, in più, in molti casi sono importate da nazione dalle democrazie traballanti.

Eppure, i più grandi attori del mondo della finanza non hanno ancora adottato le misure necessarie per smettere di sostenere petrolio e gas. Gli annunci e le promesse si rivelano infatti, spesso, parziali. Se non autentico greenwashing.

Per cercare di distinguere tra gli impegni sinceri e le politiche “di facciata”, un gruppo di 15 associazioni ha lanciato un nuovo strumento di analisi: l’Oil and gas policy tracker. Si tratta di un tool che valuta le politiche di esclusione delle fonti fossili da parte di più di 150 grandi istituti finanziari: 60 banche, 30 compagnie d’assicurazione e 60 fondi d’investimento.

Oil and gas policy tracker analizza i comportamenti di 150 istituti finanziari

Per ottenere un giudizio positivo, occorre rispettare tre indicatori-chiave: non concedere danaro a nuovi progetti di sfruttamento di petrolio e gas; non sostenere in alcuni modo le imprese che sviluppano tali business; aver adottato un piano di uscita dalle due fonti fossili. Cosa, quest’ultima, che finora ha fatto meno della metà delle 150 aziende prese in considerazione. E spesso con programmi parziali o deboli.

L’Oil and gas policy tracker svela inoltre che soltanto 9 istituti escludono il sostegno a nuovi progetti. Altri si limitano infatti ad escludere soltanto alcune tipologie, come nel caso delle sabbie bituminose, delle trivellazioni nell’Artico o in acque profonde, o ancora il petrolio e gas da scisto. Un numero ancora inferiore, pari a sole 5 realtà, evita di sostenere i colossi che si lanciano nello sfruttamento di nuovi giacimenti o che costruisce altre infrastrutture rispetto a quelle già esistenti.

«Il nostro strumento – ha commentato Clément Faul, analista dell’associazione Reclaim Finance – rivela con chiarezza il mare che separa ancora queste realtà dagli obiettivi climatici internazionali. E spesso dalle loro stesse promesse avanzate in materia. Individuando le pratiche di greenwashing e premiando i ;comportamenti virtuosi, speriamo si possa spingere l’intero settore della finanza a fare meglio».


Questo articolo è stato pubblicato in 1o anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.