La Grande Scommessa: la prossima crisi finanziaria è in arrivo?
Nel film vincitore di premi Oscar La Grande Scommessa, Steve Carrell interpreta l’arrabbiato outsider di Wall Street che ha predetto (e abbondantemente tratto profitto ...
Nel film vincitore di premi Oscar La Grande Scommessa, Steve Carrell interpreta l’arrabbiato outsider di Wall Street che ha predetto (e abbondantemente tratto profitto da) il grande crollo finanziario del 2007-2008. Si è accorto dei mutui subprime valutati tripla A ma che, in realtà, erano spazzatura, e ha scommesso miliardi contro le banche che li detenevano. Nella realtà Steve Eisman lavora ancora a Wall Street e vende ancora azioni che pensa stiano per crollare. E mentre ha la bocca cucita su quali siano queste azioni (a meno che non abbiate un milione di dollari di risparmi da fargli gestire) è evidente che ha un obiettivo più grande in mente: le banche europee, dove quelle italiane sono probabilmente le peggiori.
Perché l’Italia? Perché, dice, le sue banche sono piene di crediti deteriorati (Non Performing Loans, NPL). Termine tecnico per i prestiti ad aziende e famiglie in cui i mutuatari sono indietro con i rimborsi, o non stanno rimborsando affatto. Ma le banche italiane non hanno cancellato questi prestiti, dice. Invece, miliardi su miliardi stanno ancora nei bilanci, calcolati come il 45-50% del loro valore originario.
Il problema, spiega Eisman, è che non valgono neanche lontanamente quella cifra. Ne La Grande Scommessa, lo staff di Eisman si reca in Florida per parlare con i proprietari di case di nuova costruzione impacchettate in “titoli garantiti da ipoteca” valutati tripla A dalle banche di investimento. Quello che trovano sono spogliarelliste con prestiti per più case e quasi nessun reddito, mutui combinati da eleganti broker che sanno che non saranno rimborsati, e se ne fregano. Visitando le case sui cui mutui a tripla A si basano le obbligazioni, trovano pignoramenti e abbandono.
In un mix tra indignazione morale contro le banche e perspicacia investigativa, Eisman e i suoi colleghi comprano quanti più swap possibili per trarre profitto dall’inevitabile collasso delle obbligazioni sostenute dai mutui, generando un profitto di 1 miliardo di dollari.
Questa volta Eisman non si aggira per la pianura lombarda perché dice che le prove sono alla luce del sole. Quando i finanzieri vogliono comprare NPL da banche italiane li valutano per quanto valgono davvero, in altre parole quanti mutuatari sono effettivamente in grado di rimborsare il prestito e quanti soldi saranno recuperati. Quello che scoprono è che i NPL dovrebbero essere valutati appena il 20% del loro prezzo originario. Il problema è che se le banche riconoscessero il vero valore dei loro prestiti, questo cancellerebbe il loro capitale e fallirebbero immediatamente.
«L’Europa è fottuta» dice Eisman «Nel sistema italiano, le banche dicono di valere 45-50 centesimi di dollaro. ma il prezzo di offerta è di 20 centesimi. Dovessero essere svalutate, sarebbero insolventi».
Eisman fa attenzione a non nominare nessuna banca specifica. Ma timori sull’insolvenza del sistema – appesantito da cattivi debiti stimati a 360 miliardi di euro – non sono nuovi. Negli stress test ufficiali di 51 tra le principali banche europee a luglio scorso, la terza più grande banca italiana , Monte dei Paschi di Siena, è emersa come la più debole. Ha dato avvio a un pacchetto di salvataggio – e alle parole di conforto del ministero delle finanze italiano, che ha detto che non c’è nessuna crisi generalizzata nel sistema bancario. Ma le azioni di MPS restano ad appena 25 centesimi, più del 90% in meno rispetto a due anni fa.
Quanto devono preoccuparsi i correntisti (e gli azionisti) delle banche britanniche? «Non sono molto preoccupato dalle banche inglesi» dice Eisman «sono in uno stato migliore di quelle della maggior parte d’Europa». E quando si parla di Stati Uniti la rabbia di Eisman, così importante nella trama de La Grande Scommessa, si scioglie del tutto (basta solo non provocarlo sulla Household Finance Corporation, il prestatore della HSBC al centro della crisi dei subprime). «Penso che i regolatori abbiano fatto un lavoro spaventoso, semplicemente spaventoso, prima della crisi. Ma sotto la Fed le banche hanno ridotto di molto le speculazioni con denaro preso a prestito. E non ci sono più mutui subprime… I regolatori europei sono stati molto più indulgenti di quelli statunitensi».
Eisman è dell’idea che le banche statunitensi siano abbastanza noiose come investimento – anche se la vittoria di Donald Trump ha modificato la situazione. «Penso che ci possa essere un allentamento nelle regole del Dipartimento del Lavoro (una misura restrittiva promossa da Obama su come le banche vendono prodotti finanziari) e l’ambiente regolatorio è cambiato in favore delle banche».
La vittoria di Trump ha gettato i mercati dei bond nello scompiglio, con il rendimento sui bond governativi in rapida salita. Se questo è positivo per i risparmiatori – i tassi di interesse possono salire – è una cattiva notizia per chi detiene bond, che perdono vaolre quando il rendimento sale. Secondo Eisman si tratta di un ulteriore guaio per le banche europee che detengono grandi quantità di titoli di stato.
«Quello che è davvero negativo è che in ogni paese in Europa il più grande detentore di titoli di stato sono le banche del paese» dice. Quando i titoli perdono valore, il capitale delle banche si deteriora.
Non condivide l’ottimismo su Deutsche Bank dopo la vittoria di Trump. L’agitata banca tedesca, che deve affrontare una multa da 14 miliardi di dollari per lo scandalo sui titoli tossici legati ai mutui, è stata a lungo uno dei più grandi prestatori dell’impero di Trump. Nei tre giorni successivi alla vittoria di Trump le azioni di Deutsche Bank, considerata la banca sistemicamente più importante in Europa, sono salite da 12,90 € a 15,30 €, con i trader che scommettevano sull’indulgenza di Trump a proposito della multa.
Ma Eisman non ci crede. Secondo i suoi conti Deutsche Bank era fondamentalmente meno vantaggiosa delle sue rivali, e si basava di più sulla leva per aumentare i guadagni. La sua analisi suggerisce che faticherà a tornare ai suoi vecchi livelli di redditività.
I critici potrebbero dire che vendere gli equivalenti di Banca Monte dei Paschi di Siena o Deutsche Bank suona bene – eccetto il fatto che il prezzo delle azioni di entrambe è crolalto così drasticamente che la cattiva notizia è già nel prezzo. Ma non sappiamo con certezza se sono gli obiettivi precisi di Eisman – perché non ha nessuna intenzione di dirlo, a meno che non gli diate da gestire almeno 1 milione di dollari in uno dei suoi “account personali”.
Eisman gestisce la sua propria “boutique” a Wall Street all’interno di un’azienda più grande, Neuberger Berman. La sua “Eisman Long/Short SMA” opera con ricchi investitori e da gennaio sbarcherà a Londra.
Ma non tutto quello che Eisman tocca diventa oro. Rifiuta di dire quanto ha guadagnato durante la crisi finanziaria, quando gestiva fondi alla FrontPoint Financial Services, anche se si dice che sia almeno 1 miliardo di dollari. Ma nel 2010 la FrontPoint Financial Services si è trovata nei guai, quando uno dei suoi manager ha patteggiato e avuto 5 anni di prigione per insider trading.
Eisman in seguito ha avviato un hedge fund, Emrys Partners, raccogliendo quasi 200 milioni di dollari da investitori, ma i suoi rendimenti erano relativamente insignificanti se paragonati al grande crollo, secondo il Wall Street Journal 3,6% nel 2012 e 10,8% nel 2013.
Pensa che il film abbia ritratto con precisione quello che è successo? Ha visitato il set e dato a Carrell e agli altri attori (nel cast figurano anche Brad Pitt e Christian Bale) consigli e appunti.
«Quando ho visto il film ho pensato fosse bello e che Steve Carrell fosse magnifico. Ma ho pensato, ehi, non ero così arrabbiato. Dopo il crollo sono stato interrogato dalla commissione d’inchiesta sulla crisi finanziaria e in seguito ho letto la trascrizione. Dopo averla letta ni sono reso conto che, sì, ero davvero così arrabbiato… ma da allora la Fed ha fatto un lavoro molto buono».
Fonte: The Guardian, tradotto da Claudia Vago