La svolta green della BEI: «Abbandoniamo le fonti fossili»

La Banca europea degli Investimenti propone di azzerare i finanziamenti alle fossili, che negli ultimi 4 anni ammontavano a 7,9 miliardi. La decisione finale ai governi Ue

La Banca europea per gli investimenti ha chiesto di bloccare i finanziamenti al settore delle fonti fossili © CC0 Public Domain via Pxhere

Le pressioni esercitate dalle organizzazioni non governative, dalle associazioni ambientaliste e da numerosi cittadini europei hanno funzionato. La Banca europea per gli Investimenti (BEI) ha pubblicato un nuovo rapporto sulle proprie politiche energetiche. In esso annuncia di voler «accrescere il proprio sostegno alla transizione energetica nell’Unione europea».

La BEI: decisione conforme agli impegni climatici assunti dall’Europa

Ciò si dovrebbe tradurre in uno stop ai finanziamenti concessi alle energie fossili. La decisione è stata confermata in un video pubblicato su Twitter da uno degli otto vice-presidente della BEI, Andrew McDowell. Secondo l’esponente irlandese, tale cambiamento di strategia «è conforme agli impegni assunti in Europa con la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima».

Il progetto dell’istituto finanziario, che ha sede a Lussemburgo, dovrà essere in ogni caso approvato dai 28 Stati membri dell’Ue. Qualora ciò dovesse accadere, si tratterà di un cambiamento diametrale. Soltanto nel 2018, infatti, secondo quanto riferito dalla stampa internazionale la banca ha concesso 2,5 miliardi di euro a progetti nel settore delle fonti fossili. Fondi ottenuti in gran parte per la costruzione di nuovi gasdotti.

TAP gasdotto
Una porzione del mega-gasdotto TAP in costruzione in Albania © Albinfo/Wikimedia Commons

Alle fonti fossili 7,9 miliardi di euro in 4 anni

Nel febbraio dello scorso anno, ad esempio, la BEI ha finanziato con 1,5 miliardi di euro il mega-progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP). Esso farà parte del Southern Gaz Corridor (SGC). Un impianto lungo 3.500 chilometri che dovrà attraversare Grecia, Albania, mare Adriatico e raggiungere le coste italiane. Che sarebbero così collegate al giacimento offshore Shah Deniz Stage 2 in Azerbaijan. Un gasdotto in grado di trasportare 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso l’Europa, a partire dal 2020. Che si aggiungerebbero ai 6 miliardi esportati verso la Turchia.

Uno studio delle associazioni ODG e CEE BankWatch aveva rivelato che il SGC potrebbe comportare un impatto climatico devastante. Le emissioni legate alla sola prima fase di sfruttamento della pipeline sarebbe equivalenti a quelle di un Paese come la Bulgaria.

Più in generale, un rapporto pubblicato dalle associazioni francesi Les Amis de la Terre, Oxfam e Réseau Action Climat aveva precisato che, tra il 2015 e il 2018, la BEI ha accordato prestiti alle fonti fossili per 7,9 miliardi di euro. Il che equivale al 21% del totale dei fondi concessi dalla banca.

La nuova strategia della BEI dovrà essere approvata dai Paesi membri dell’Ue

«La decisione di voltare le spalle alle fonti fossili – ha commentato Clémence Dubois, portavoce dell’associazione 350.org– è il risultato della mobilitazione della società civile. Il che aumenta ulteriormente la nostra determinazione. Vogliamo far sì che anche i governi europei adottino politiche in linea con gli obiettivi climatici nazionali e internazionali».

Ora la parola passa agli Stati membri: la decisione della BEI sarà posta al loro vaglio a partire da settembre. Sarà principalmente il Consiglio Ecofin a doversi esprimere sulla “svolta verde”. La presidente della Commissione europea in pectore Ursula von der Leyen ha promesso di voler trasformare l’istituto in una «banca per il clima». Occasione migliore per cominciare difficilmente poteva arrivare.