#LaGrandeRicchezza: basta una firma per chiedere un’imposta europea sui grandi patrimoni

Una piccola imposta sull’élite degli ultra-ricchi per costruire un’Europa più equa: la raccolta firme promossa da Oxfam

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Firmando per #LaGrandeRicchezza si può chiedere un'imposta europea sui grandi patrimoni © Plashing Vole/Flickr
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Come recuperare le risorse per l’inclusione sociale e una transizione ecologica giusta, per la finanza climatica e per le politiche di cooperazione allo sviluppo? Introducendo un’imposta unica europea sui grandi patrimoni. È questo il senso dell’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) Tax the rich, che punta al milione di firme. Per l’Italia, si può partecipare attraverso la raccolta firme #LaGrandeRicchezza, lanciata dall’organizzazione umanitaria Oxfam con la media partnership del Fatto Quotidiano.

Perché introdurre un’imposta europea sui grandi patrimoni

Per com’è stata immaginata dai promotori della campagna, l’imposta non toccherebbe la quasi totalità dei cittadini. Applicandola solo allo 0,1% più ricco della popolazione, infatti, riguarderebbe per l’Italia solo le persone con un patrimonio netto individuale superiore ai 5,4 milioni di euro. Stiamo parlando di poco meno di 50mila individui su quasi 59 milioni. Individui che, peraltro, negli ultimi decenni sono diventati sempre più facoltosi. Nel 1995 la loro quota di ricchezza nazionale aggregata era pari al 5,5% del totale; nel 2021 è salita al 9,2%. Oggi nelle mani di questo pugno di persone c’è il triplo delle risorse che, viceversa, si devono spartire i 25 milioni di italiani più poveri.

Quest’imposta, per giunta, sarebbe progressiva: sempre facendo l’esempio dell’Italia, si partirebbe con un’aliquota dell’1 o 1,7% (a seconda dello schema adottato) per i patrimoni tra i 5,4 e gli 8 milioni di euro, passando poi al 2-2,1% tra gli 8 e i 20,9 milioni di euro. Si supererebbe il 3% soltanto per quello 0,01% più ricco della popolazione che dispone di un patrimonio netto individuale più alto di 20,9 milioni. L’imposta, oltretutto, andrebbe a rimpiazzarne altre: per l’Italia, per esempio, sostituirebbe Imu, bollo auto e imposte sui conti correnti e i depositi titoli.

Insomma, questi individui rimarrebbero comunque enormemente ricchi. In compenso, lo Stato incasserebbe tra i 13,2 e i 15,7 miliardi di euro l’anno (sempre ipotizzando di tassare solo lo 0,1% della popolazione). Su scala europea, si parla di un gettito compreso tra i 150 e i 213 miliardi di euro l’anno.

Come funziona la raccolta firme #LaGrandeRicchezza

La raccolta firme #LaGrandeRicchezza va a sostenere l’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) “Tax the rich”. Si tratta di uno strumento di democrazia partecipativa introdotto dal Trattato di Lisbona del 2009. Una volta raggiunto il milione di firme dei cittadini di almeno sette Stati membri dell’Unione europea, l’Ice ha titolo per chiedere alla Commissione di presentare una proposta legislativa in un settore di sua competenza. C’è un anno di tempo a disposizione e sono previsti quorum su base nazionale; quello italiano è fissato in 53.580 firme. Per partecipare ci vogliono pochi secondi: basta inserire i propri dati o loggarsi attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (Spid).

«Un milione di firme sono una grande sfida, ma l’occasione è imperdibile – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia -. Noi tutti abbiamo l’opportunità di chiedere alla Commissione Ue di prendere in esame l’introduzione di un’imposta sulla grande ricchezza. Il gettito ricavato andrebbe in scuola, sanità, alloggi popolari, contrasto al lavoro povero, una transizione ecologica giusta. L’imposta permetterebbe inoltre di rallentare la crescita della concentrazione dei patrimoni e di aumentare il grado di equità dei sistemi impositivi. Contribuirebbe a ridurre, se non addirittura a superare, la paradossale situazione per cui i percettori di redditi più elevati versano in Italia imposte dirette, indirette e contributi inferiori, in proporzione al reddito, a quanto corrisposto da chi ha redditi più bassi. Una palese ingiustizia, direi, una stortura che possiamo e dobbiamo correggere».