L'Italia in guerra
L’Italia ha intrapreso un “percorso di guerra durissimo”. Queste le parole del primo ministro Monti alcuni giorni fa, parlando di economia. Davvero dobbiamo pensare ...
L’Italia ha intrapreso un “percorso di guerra durissimo”. Queste le parole del primo ministro Monti alcuni giorni fa, parlando di economia.
Davvero dobbiamo pensare che il nostro Paese sia in guerra? Un’affermazione di questo tipo fa accaponare la pelle. La guerra significa avere un nemico, significa usare armi per combatterlo. La guerra significa sofferenza, stupidità, ottusità.
E se all’inizio appare per lo meno eccessivo parlare di guerra, più ci si pensa più viene in mente un parallelo con un’altra guerra, stupida, ottusa e che stiamo combattendo da un decennio. La guerra al terrorismo.
Una guerra nata come risposta agli attentati dell’11 settembre e al crollo delle torri gemelle, così come la guerra attuale nasce dal crollo dei mercati finanziari.
Entrambe sono estremamente costose. La guerra al terrorismo è costata almeno 4.400 miliardi di dollari, 4.700 miliardi sono stati spesi fino a oggi per i piani di salvataggio delle banche.
In entrambe le guerre non c’è un nemico, ma un’idea di nemico. I “terroristi” o la “speculazione”.
In entrambe le guerre le strategie messe in campo per combatterle sono sbagliate. Non solo non permettono di vincere la guerra, ma peggiorano la situazione. I bombardamenti e le invasioni rafforzano il terrorismo. I miliardi versati per salvare le banche rafforzano la speculazione.
In entrambi i casi devi camuffare la realtà per poterti presentare davanti all’opinione pubblica. La “guerra al terrorismo” diventa un alibi per giustificare guerre di invasione che a loro volta diventano “missioni umanitarie” o al limite “operazioni di polizia internazionale”. Analogamente la “guerra alla speculazione” diventa un alibi per imporre ulteriori liberalizzazioni e privatizzazioni che a loro volta vengono indicate con nomi rassicuranti, come “spending review” o “fiscal compact”.
In entrambe le guerre c’è chi guadagna. E moltissimo. In un caso l’industria degli armamenti, nell’altra quella finanziaria. In entrambi i casi a perdere sono civili e cittadini.
Entrambe le guerre minano le società fin nelle loro fondamenta. La restrizione delle libertà civili è un dato di fatto anche nella guerra alla speculazione finanziaria: c’è continuità tra il Patriot Act e lo spropositato numero di arresti che colpiscono gli attivisti di Occupy Wall Street?
In entrambi i casi un’alternativa sarebbe possibile. Non la guerra contro interi popoli condotta nel nome della lotta al terrorismo, ma prosciugare l’humus nel quale il terrorismo nasce e si sviluppa. Non la guerra condotta contro gli Stati e i sistemi di welfare condotta nel nome della lotta alla crisi, ma nuovi modelli economici che sottraggano spazio alla speculazione.
Dobbiamo rifiutare queste guerre, risvegliare una coscienza civile capace di agire per la giustizia sociale, economica, ambientale. Dobbiamo rifiutare queste guerre e l’immaginario che producono. Dobbiamo rifiutare l’idea stessa di essere in guerra. Perché la stiamo perdendo.